Tra sfruttamento
e poca formazione
alla ristorazione di oggi
serve una svolta
In un'estate di turismo, il settore della ristorazione e dei servizi in Italia deve pensare a una svolta, per garantire ai clienti servizi qualificati e per assicurarsi che ci sia formazione e tutela dei lavoratori
Qualche giorno fa ho pubblicato una riflessione su “Troppi turisti e troppi menu turistici”, ma da più parti, sia pure in ordine sparso, si parla e si riflette anche su un'altra questione: il personale del mondo del turismo è sfruttato? Apparentemente la riflessione tra i troppi turisti ed i menu turistici potrebbe non essere correlata con i problemi sindacali dei dipendenti, ma in realtà esiste una correlazione, non solo ma la questione è anche argomentata da Rocco Pozzulo, presidente della Fic - Federazione italiana cuochi, che scende in campo dicendo che «per fare il Cuoco servirebbe un patente di guida che ne riconosca le competenze certificate dallo Stato», a cui in ordine di tempo, cioè qualche giorno fa, si aggiunge la domanda che ci ha posto Andrea Terraneo presidente di Vinarius, il quale ci ha chiesto se c’è la reale necessità di discutere di un riconoscimento professionale della figura del Cuoco. In realtà il problema è ampiamente dibattuto all’interno della categoria, anche da formazioni nuove, come la milanese Unione cuochi italiani.
In sintesi, si può dire che salute e benessere, promozione di prodotti e territori, accoglienza e turismo, sono tutti aspetti centrali legati ad un lavoro che non può più essere lasciato a percorsi formativi a volte vecchi o carenti di risorse e strutture. O, peggio, lasciati all’improvvisazione e al “fai da te”. Un Paese che come il nostro dichiara ogni tre per due che vuole puntare sull’enogastronomia come nuovo fattore di uno sviluppo virtuoso, non può non mettere mano con decisione ad una riforma del settore per garantire i cittadini rispetto a ciò che mangiano nel fuori casa.
Insomma, in piena stagione turistica, tante domande e tante riflessioni proprio su pezzi importanti del nostro settore, a cui aggiungo una mia domanda, che ho in qualche maniera sbirciata su qualche quotidiano: quanto influisce il settore del Turismo sul Pil del nostro Paese? Le assunzioni stagionali sono in qualche maniera segnali di un mercato del lavoro in crescita? Oppure, dato il livello spesso basso delle retribuzioni del nostro settore, tutto questo è ininfluente sul sistema Paese con variazioni del Pil di 0,qualcosa?
A tutto questo si aggiunge una intervista del nostro amico, Aldo Cursano, rilasciata al quotidiano Il Tirreno, in cui il vicepresidente Fipe nazionale e presidente Toscana punta il dito sullo sfruttamento del lavoro nei pubblici esercizi nelle zone più turistiche della sua regione, frutto di una indagine sul territorio, sottolineando che tutto questo è anche il risultato di una liberalizzazione selvaggia delle licenze che ha permesso, e permette, a tanti soggetti senza preparazione di aprire o avviare attività di pubblico esercizio.
Ho intervistato telefonicamente Aldo Cursano, chiedendogli come mai, a suo tempo, Fipe/Confcommercio non si oppose politicamente a questa deriva commerciale del settore, che ad essere onesti fu innescata in Lombardia, e che sicuramente ha portato ad una deregolamentazione pericolosa di tutto il comparto.
«Con onestà non si può non sottolineare - spiega Cursano - come tutta una serie di interventi della politica nazionale siano stati direttamente motivati da normative europee sulle liberalizzazioni, una su tutte la legge Bolkestein, e fra quelle di cui il mondo del turismo ha pagato in termini di concorrenza: pensiamo agli ambulanti, alle concessioni dei litorali, alla legge Bersani che di fatto ha “lenzuolato” il settore dei pubblici esercizi».
Aldo Cursano, pur riconoscendo le difficoltà passate, oggi, nel 2017, guarda con preoccupazione ad una concorrenza sleale, propria di un accesso senza più regole ad un comparto importante come la ristorazione, ma purtroppo afferma che ormai non si può più tornare indietro, la concorrenza è vissuta da buona parte della popolazione come un fatto acquisito e qualsiasi passo indietro non verrebbe gestito da nessuna componente politica.
Allora cosa si puo fare? Come permettere l’emergere di professionalità e di sicurezza del lavoro, da intendersi anche come rispetto delle norme contrattuali? Come mettere in difficoltà chi svolge questa attività con poca serietà e forse anche in maniera deliquenziale? E i casi sono tanti.
Cursano evidenzia alcune riflessioni che noi di Italia a Tavola da tempo abbiamo ripreso con diversi servizi. Aumentare il livello di professionalità di tutto il comparto, cominciando dalla maggiore formazione e dalle competenze superiori dei cuochi: non si può infatti essere professionisti di questo settore se non si conoscono gli eventuali danni che il cibo può provocare alla salute, a partire dalla conservazione di un prodotto. Può sembrare banale ma in questo passaggio c’è molto di quello che c’è da fare, il Cuoco non è soltanto uno che cucina, deve dare garanzie di uno standard di qualità, deve essere costantemente aggiornato. Forse è realmente arrivato il momento di riconoscere i livelli professionali del Cuoco.
Al di là del tipo di cucina che si vuole fare, un cuoco deve dare garanzie in uno standard di qualità. Per questo serve una certificazione da rinnovare. Ci sono sempre nuove tecniche da apprendere, e un cuoco deve quindi essere costantemente aggiornato. E questo dovrebbe riguardare tutti i 330mila locali dove si somministra cibo (a volte senza i requisiti minimi di sicurezza igienica) e tutte le aziende alimentari.
Sottolineo che in Italia ci sono 330mila pubblici esercizi, e questo dovrebbe riguardare tutti. Siamo convinti che Aldo Cursano e tutta la Fipe abbiano a cuore lo sviluppo e la tenuta del comparto che rappresentano, ed è per questo che chiediamo una maggiore coerenza in una battaglia politica che realmente affronti le problematiche del settore, senza dimenticarsi di riconoscere che spesso alcune battaglie vengono affrontate con qualche risultato positivo, per esempio sul fronte delle Sagre.
Sì, anche noi di Italia a Tavola riconosciamo che nel comparto del Turismo ci sono sacche di sfruttamento, di una dequalificazione delle competenze, di un uso distorto degli stagisti, ma non possiamo non far notare che il settore paga anche un costo del lavoro tra i più alti in Europa, di un costo energetico doppio per esempio dei nostri cugini francesi, e di un accesso al settore praticamente senza più paletti.Tutti, in qualche maniera debbono impegnarsi su questi fronti.
di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico italiaatavola
Responsabile scientifico italiaatavola
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