Aube,
l'ultima frontiera
della Champagne
Qui si produce soprattutto Pinot Noir e piccole quantità di Chardonnay e Meunier
È davvero riduttivo pensare che la Champagne finisca poco oltre la Côte de Blancs.
Ultimo avamposto, attraversata dalle acque di Aube e Senna, disegnata da colline ripide, La Côte des Bar raggiunge quasi ottomila ettari di vigne coltivate. È una terra dal carattere unico e ben delineato, ricca di sensazioni intense. I suoli di marne e calcare, molto simili a quelli Kimmeridgiani di Chablis, insieme al clima mite, contribuiscono a creare vini decisi e definiti. Qui si produce soprattutto Pinot Noir (circa 85%) e piccole quantità di Chardonnay (9%) e Meunier.
La visito oggi per la prima volta anche se il mio è un viaggio partito da Reims ed Epernay, areali di cui si sente spessissimo parlare quando ci si trova davanti a un calice di Champagne. Questo è il motivo per cui li tralascio. Perché sono incuriosita da questa terra che mentre sembra voler tendere la mano alla Borgogna, rivendica il suo pieno diritto di essere parte della Champagne.
L'Aube scorre silenzioso in una giornata fresca, dal cielo limpido, in un luogo i cui paesaggi sembrano vere e proprie cartoline. Mi concentro avida su quanto più possibile posso cogliere da una nuova esperienza, alla continua ricerca di una mia dimensione interiore, mentre penso che sono trascorsi circa novant’anni da quando questo lembo di terra è rientrato nel territorio vinicolo champenois. La storia dei vigneron che lo popolano è alquanto affascinante, quella di uomini determinati e caparbi proprio come il Pinot Noir che producono. Esclusi nel 1908 dai limiti geografici che definivano la denominazione Champagne, combatterono una battaglia lunga ed aspra per la riammissione, organizzando una protesta in forma di marcia da Bar sur Aube verso nord in direzione di Troyes il 9 aprile del 1911. Nel 1927, dopo anni di duri confronti, arriva finalmente la definitiva inclusione nell'AOC, ottenuta anche nella certezza di rappresentare una realtà vitivinicola fondamentale in termini economici per le grandi maison del Nord. Queste ultime tuttora ne acquistano infatti la produzione per percentuali che arrivano fino al 60%. E sono uve nobili, capaci di regalare maturità alle cuvée, ma allo stesso tempo pagate molto meno rispetto agli areali di Reims ed Epernay (fino al 50% rispetto ai Grand Cru).
La tradizione vinicola di questi rilievi è molto antica: si torna indietro di duemila anni, al tempo in cui i romani piantarono vigne nella cittadina di Urville. Nell’anno mille l’arrivo di San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine Cistercense, con l’Abbazia di Citeaux in Borgogna, diedero nuovi impulsi alla viticoltura. L’Abbazia di Clairvaux, legata all’ordine cistercense e sita nell’Aube, sarà funzionale alla produzione di vino, che sarà curiosamente nominato “Vin de Bar“.
Negli anni le produzioni sono sempre state modeste anche in virtù del fatto che entrambi i fiumi erano poco navigabili: poco spirito imprenditoriale e scarse capacità finanziarie hanno fatto il resto.
Soltanto oggi, dopo un oblio durato molti anni, rinasce per merito di alcuni produttori come Drappier, Collin Fontette, Didier Goussard, Gremmille, tutti nomi di una realtà autenticamente contadina che vendemmiano, vinificano e producono direttamente i loro Champagne. Il mondo del lusso e quello della mondanità, da sempre accostati a questo vino, qui si dissolvono come in quadro a tempera in cui i colori si confondono tra loro, per dare vita a Cuvée generose, fedeli al territorio.
Tra le due valli dei fiumi Aube e Senna si snoda un comodo itinerario, la Route de Champagne, che permette facilmente di raggiungere i comuni più rilevanti e di poter così incontrare i produttori direttamente nelle loro cantine.
Merita una prima sosta Urville, cittadina nota come sede dei uno dei produttori più famosi.
Michel Drappier, attuale titolare della Maison Drappier, rappresenta la settima generazione di questa famiglia di vigneron che ha alle spalle duecento anni di storia. Cantine meravigliose sorgono là dove secoli fa vissero i monaci dell’Abbazia di Clairvaux. Gli champagne sono espressione precisa del vitigno Pinot Noir: tesi, poco arricchiti, sia in termini di zuccheri sia di solforosa, invecchiati in botti di rovere di Limousin, si presentano con grazia, finezza, eleganza e pienezza gustativa. Celebre l’etichetta Charles de Gaulle, Pinot Noir 80% e Chardonnay 20%, dedicata al famoso statista, il quale amava farla servire e degustare nelle sue occasioni private.
Il tempo in Côte de Bar sembra essersi fermato. Poco popolata, ma allo stesso tempo ravvivata da un brulichio di persone che ne animano i mercati, è un susseguirsi di girarrosti carichi di polletti, stinchi, andouillette. Va goduta, Bar sur Aube: un caffè in piazza, una passeggiata lungo il fiume, uno sguardo agli splendidi paesaggi dei vigneti di Montier en l’Isle e poi via verso Baroville per il mio appuntamento con Champagne de Barfontarc.
Non incontro un singolo vigneron, riesco a trovarne insieme cinquanta, provenienti dai villaggi di BARoville, FONTaine and ARConville. Nel 1962 essi diedero vita a una cooperativa che oggi si estende su sette villaggi e possiede 112 ettari. Agli inizi semplice luogo di pressatura, successivamente diventerà una moderna cantina di produzione di champagne con una proposta variegata ed interessante, insignita di premi e riconoscimenti.
Straordinariamente evocativo di questi areali il loro 100% Noir, dosaggio Brut, cento per cento Pinot Noir, le cui sfumature ramate fanno presagire un sorso di carattere, profondo, ammaliante con il suo frutto rosso e i profumi della caramella al rabarbaro, le note di pasticceria, la cremosità del perlage. Un calice che non lascia dubbi né incertezze
Bellissimo anche il villaggio di Les Riceys. Questa area vinicola è particolarmente interessante perché non solo ospita la produzione di Champagne di significative realtà come quella di Didier Goussard, la celebreMaison Alexandre Bonnet o Champagne Joffrey, ma è l’unico villaggio che vanta la produzione sia di Coteaux Champenoise (vino rosso) sia del Rosé de Ricey.
Se quel che anima il vostro viaggio è la ricerca di Champagne collocati sotto l’ala protettiva di definizioni come Grand Cru e Premier Cru, sappiate che in Aube non ve ne sono. La ruralità, la genuinità, unite a molte motivazioni di natura storica e politica hanno lasciato questo ultimo lembo di terra privo di appellativi forti.
Schiva e poco incline all’obbligo di collocare il vino in categorie troppo definite, mi lascio guidare da variabili che non sono i prezzi né tantomeno le etichette di prestigio. Se infatti lo champagne non lo si degusta soltanto, ma come direbbero i Francesi si tratta di un vino fatto per la sete, qui la mia sete l’ho soddisfatta. Bevendo Champagne.
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