lunedì 30 settembre 2024

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori

 

Clienti da incubo? 

Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Quali sono gli atteggiamenti e i comportamenti che gli operatori della ristorazione proprio non sopportano dei clienti? Quali le richieste più antipatiche rivolte al personale di sala o allo chef? L'abbiamo chiesto direttamente ad alcuni maître e referenti di sala: ecco cosa ne è emerso

Clienti da incubo? Come non comportarsi al ristorante secondo i maitre italiani

«Ma che impressione avrò dato di me a chi mi ha appena servito al ristorante?» Una domanda che probabilmente in pochi si saranno mai fatti al termine di un pranzo o una cena fuori, sostituita nella maggior parte dei casi dal pensiero su cosa ci è appena piaciuto o meno, con l'intenzione magari di lasciare noi, da lì a breve, una recensione del posto in cui siamo stati.

Eppure, così come i commensali si fanno un'idea più o meno positiva dell'esperienza vissuta, altrettanto chi è dall'altra parte "della barricata" si fa un'idea del cliente appena servito. Allo stesso modo, più o meno positiva, ma senza far trasparire (almeno, durante il servizio) eventuali incomprensioni o incompatibilità con l'ospite. Sempre col sorriso, nonostante tutto, sempre a buon viso pure quando il gioco si fa cattivo. 

Il lavoro di sala e l'importanza 

di farsi un'idea del proprio cliente 

Eppure, così come il cliente giudica il ristorante anche il personale di sala al termine di un servizio (o anche nel corso dello stesso) si ritrova a giudicare chi siede al tavolo, facendosene un’idea prima di tutto per capire che tipo di ospite si ritrova davanti, e decidere quale comportamento, stile, per certi versi anche confidenza adottare per farlo sentire a proprio agio e guidarlo al meglio nel corso del pranzo o della cena. 

E da qui allora andiamo a scoprire ciò che i maitre, o più in generale i camerieri, pensano dei propri ospiti, ma nei casi più negativi non possono proprio dirlo (perlomeno in loco) per ovvie ragioni. Perché se da un lato ormai sono diventate inflazionate le recensioni dei clienti verso i ristoranti, così come il settore è pieno di giudizi nei confronti degli chef, non sappiamo (perché, forse, non ce lo chiediamo nemmeno) in realtà cosa si nasconde dall’altra parte. Ciò che, in sostanza, chi lavora in un ristorante arriva a pensare di una clientela che, in certi casi (ma per fortuna limitati), si sente quasi intoccabile, ingiudicabile, in virtù del mero fatto che il pagare consenta di avanzare richieste poco consone o, nella peggiore delle ipotesi, scortesi o maleducate. 

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

I maitre spiegano i comportamenti più 'fastidiosi' dei clienti

Abbiamo quindi scelto di dar voce a chi, per chiari motivi, è costretto a fare buon viso a cattivo gioco, a dover talvolta ingoiare il rospo di fronte a un atteggiamento antipatico del cliente, una richiesta fuori luogo, un comportamento poco rispettoso e ancor meno educato. A domande che, anche se involontariamente, mettono a dura prova la pazienza di chi si occupa di far vivere un'esperienza gastronomica piacevole. Dalle nostre chiacchierate è emerso un quadro interessante, fatto di situazioni in cui, pur di mantenere la calma e il rispetto per il cliente, i ristoratori si trovano a dover reprimere il desiderio di rispondere in modo schietto, cercando un confronto che in alcuni casi il cliente non è disposto ad accettare. Eppure qualche tempo fa la provocazione era stata lanciata: e se venissero "recensiti" pure i clienti?

Nelle peggiori situazioni, infatti, il detto popolare “il cliente ha sempre ragione” viene rispettato solo per evitare ulteriori complicazioni, anche se questa per certi versi sembra una massima superata.

Rudy Travagli, Enoteca La Torre e presidente 

Noi di Sala: «Non arrivare a fine servizio»

«È evidente che per chi fa il nostro lavoro, esiste un cliente ideale. Così come esistono tipologie di avventori che, al contrario, rappresentano spesso un problema - ci spiega Rudy Travagli, responsabile di sala del ristorante due stelle Michelin Enoteca la Torre a Roma e presidente di Noi di Sala - Detto ciò, e in questo caso parlo anche in qualità di Presidente dell’Associazione Noi di Sala, devo dire che tra i compiti principali che caratterizzano l’attività di chi, appunto, opera in sala c’è proprio quello di cercare di creare sempre il miglior rapporto possibile con il cliente».

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Rudy Travagli, responsabile di sala Enoteca La Torre, Roma

«Cosa che avviene nella stragrande maggioranza dei casi. Certo, nell’ambiente scherziamo spesso sul fatto che tutti noi vorremmo avere clienti americani. Perché di base l’americano, così come il turista straniero che arriva dal nord Europa, sono clienti che vengono a godersi un'esperienza, entrano sorridenti, felici, spesso dandoci carta bianca, sia per quanto riguarda il menu che per l’abbinamento. Questo è il sogno di tutti no ma spesso la realtà è un’altra e possono capitare clienti che possiamo definire difficili. Io credo che il primo in classifica, quello che ti mette a dura prova, sia il maleducato. Perché contro la maleducazione si può poco, partendo dal presupposto che il ruolo ci impone di non metterci allo stesso livello. Non c’è nulla di peggio di un ospite che magari si presenta con una battuta cattiva o con un’osservazione espressa in malo modo, direzionando la serata sui binari di una negatività che non sempre è semplice gestire. Un altro cliente che uno preferirebbe evitare è sicuramente quello che ci “pratica” il no show, vale a dire chi prenota e poi no solo non si presenta ma non risponde nemmeno alle chiamate. Fortunatamente ormai quasi tutti i ristoranti hanno una policy che in qualche modo ci protegge da questa antipatica situazione.  Poi ci sono i tavoli difficili, quelli magari occupati da persone cupe, dove magari avverti anche la tensione tra i commensali. Alla base del nostro lavoro c’è l’empatia, se ti accorgi di non riuscire a interagire con degli ospiti allora diventa tutto più faticoso. Così come con quei clienti che rendono difficile il servizio per svariati motivi. Come le persone che fai fatica a servire, per non parlare di spiegare loro un piatto o un abbinamento, perché sempre impegnati con il cellulare. Senza dimenticare l’impossibilità di garantire un servizio fluido con chi si alza in continuazione per andare a fumare. Chiaramente io parlo sempre di quella che è la nostra esperienza, quella di un ristorante di alto livello, dove ci sono anche menu da 8/9 portate che andrebbero apprezzati senza continue interruzioni. Non dimenticherei nemmeno il capitolo intolleranze. È un fatto giustamente ormai accettato ma proprio per questo facciamo di tutto per anticipare i problemi, chiedendo informazioni già in fase di prenotazioni. Ritrovarsi un tavolo magari di sei persone di cui quattro denunciano intolleranze last minute, può mandare in tilt una cucina. Stesso discorso per chi richiede modifiche ai piatti in menu, soprattutto se radicali. Chiudiamo, per una sorta di contrappasso, proprio con quelli che arrivano quasi in orario di chiusura. Per noi l’ospitalità è essenziale ma arrivare praticamente a fine servizio e magari ordinare un menu degustazione che prevede 8 portate, significa costringere brigata di cucina e di sala a posticipare la chiusura al termine di una lunga giornata di lavoro. Detto ciò, per fortuna la maggior parte dei clienti del nostro locale sono persone meravigliose. Forse anche per questo tendo a notare un po’ di più alcuni comportamenti non proprio splendidi».

Piero Pompili, Al Cambio (Bologna): 

«Irrispettoso chi arriva in ritardo»

«Noi possiamo ritenerci un ristorante piuttosto fortunato, nel senso che abbiamo una clientela estremamente disponibile e gentile e quindi anche per noi è facile accontentare eventuali richieste, c’è un però che mi infastidisce parecchio, ed è quando il cliente decide di uscire dalla tipologia di organizzazione aziendale, provo a spiegarmi meglio... », ammette invece Piero Pompili, storico responsabile di sala di un altrettanto storico locale di Bologna, Al Cambio.

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Piero Pompili, maitre Al Cambio, Bologna

«... Noi abbiamo deciso ormai da anni, di non prendere più prenotazioni oltre un certo orario perché non facendo il doppio turno ci siamo accorti che non aveva più senso tenere tavoli fermi (e con loro fermi anche il personale) per quei clienti che desideravano cenare tardi. Quindi a cena abbiamo optato per prendere prenotazioni dalle 19.30 fino a un massimo delle 20.15, rinunciando a qualsiasi altra prenotazione che non rispettasse la nostra policy aziendale, un orario che mi rendo conto che possa sembrare blindato (e magari lo è) ma che se puoi permetterti di averlo per la tanta richiesta infondo perché non adottarlo? Ecco mi infastidisce la clientela che pur sapendolo, decidono di occupare un tavolo alle 20 con il primo che arriva per poi aspettare che alle 21 arrivino tutti, ecco quello è un comportamento che proprio non tollero e mi da i nervi, perché lo trovo una presa in giro e profondamente irrispettoso per la politica aziendale che abbiamo adottato».

Daniele Mari, Pizzeria Clementina (Fiumicino, RM): 

«Il peggiore? Chi mette il ghiaccio nel vino»

«Ce ne sono migliaia di richieste che infastidiscono, mi viene in mente sicuramente e mi desta incredulità è la richiesta di fare una pizza metà in un modo e metà in un altro, clienti che entrano da noi non sapendo minimamente in che tipo di locale si trovino, e ci chiedono magari di fare la pizza un po’ più alta. Queste sono le due più gettonate» Dice invece Daniele Mari, responsabile di sala di Pizzeria Clementina a Fiumicino, Roma.

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Daniele Mari, responsable di sala di pizzeria Clementina, Fiumicino (Roma)

«Capita chi chiede ingredienti particolari sulla pizza ma non propri della nostra identità, come il salmone affumicato, che ormai è diventato quasi un must nel mondo delle pizzerie convenzionali. Riguardo invece chi domanda variazioni sulle nostre pizze signature cerco di spiegare che modificare o sostituire gli ingredienti sarebbe sconveniente, perché i topping sono appositamente pensati e realizzati in un certo modo. Per quanto riguarda il pairing se ne sentono di ogni, perfino la richiesta di un limoncello assieme alla margherita, ma il “migliore” è stato un cliente che ha ordinato un importante rosso francese ma con il ghiaccio. Io mi sono rifiutato: il signore si è alzato, è andato al bar, ha preso un bicchiere di ghiaccio e ci ha versato il vino. A fini prettamente organizzativi per noi di sala, per quanto riguarda l’evasione di un ordine poi, ci rimane fastidiosa la richiesta di portare la bevanda assieme alla pizza, ci scombussola un po’ la comanda ma questa è una “particolarità” tutta nostra che crea difficoltà da un punto di vista comunicativo interno e di timing».

Francesco Perali, Coro (Orvieto, TR): 

«Ok alle richieste, purché con educazione»

«Una voce che si sposta un po’ fuori dal coro (il gioco di parole, dato il nome del ristorante in cui lavora, è immediato) è quella di Francesco Perali, responsabile di sala del ristorante Coro a Orvieto (Terni): «In modo sincero credo che, fermo restando come l’educazione sia alla base di tutto e quando questa manca è la cosa peggiore di tutte, e in tal caso il discorso del cliente che ha sempre ragione viene meno, a mio avviso le richieste anche le più strane muovono quasi sempre da un senso, da una ragione. Purché ovviamente siano educate».

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Francesco Perali, maitre ristorante Coro, Orvieto

«Noi operatori facciamo un lavoro di accoglienza, la nostra missione è quella di accogliere e soddisfare le richieste degli ospiti. Vedo di cattivo occhio quando si etichettino i clienti come fastidiosi perché fanno richieste particolari. Per me gli operatori si infastidiscono troppo facilmente. Il cliente che arriva a ridosso della chiusura, per esempio, a me personalmente non dà fastidio, perché se comunque è entro l’orario indicato noi abbiamo il dovere di accoglierlo e servirlo, è nel suo diritto essere trattato a modo. Sempre tenendo come presupposto l’educazione, non è il cliente tenuto a far star bene l’operatore, ma il contrario. Il rapporto tra le due figure non è paritario. Al netto di ciò trovo spiacevole per noi, ma più per il cliente, quando questo non si lascia “predisporre” a un’esperienza come quella che si offre al ristorante. Quando l’ospite alza il muro e non si lascia in qualche modo guidare dal personale di sala, che è lì appositamente per farlo stare bene. Il cliente che si chiude in sé stesso, insomma, è quello un po’ di difficile gestione, perché l’ospite non è aperto o ricettiva». 

Pascal Tinari, maitre Villa Maiella (Guardiagrele, CH): 

«Antipatico chi finge intolleranze»

«Devo dire che siamo fortunati perché abbiamo una bella clientela, ovviamente capitano situazioni in cui siamo un po' al limite. Succede di interfacciarsi con clienti che magari dichiarano di essere celiaci o intolleranti, portandoti a pensare e realizzare preparazioni apposite, ma poi se ne escono con un "ma io un po' di glutine lo mangio, è che a volte mi dà un po' fastidio...", quindi non riusciamo a capire se effettivamente abbiano bisogno di qualcosa di gluten free o meno, e alla fine magari chiedono solamente la pasta senza glutine», dice Pascal Tinari di Villa Maiella a Guardiagrele (Chieti).

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Pascal Tinari, maitre Villa Maiella a Guardiagrele (CH)

«Mi snerva a volte il vegano il quale però si mangia un dolce realizzato con latte o uova. Allora mi chiedo, ma che vegano sei? Queste cose sono un po' all'ordine del giorno, e devo dire ci troviamo in un contesto in cui le persone fingono o si improvvisano allergici o intolleranti solo perché non gradiscono alcuni piatti, o non gradiscono l'utilizzo di ingredienti che non sono propriamente allergeni. E questi sono episodi non rari. Può capitare poi di interfacciarsi con clienti sgarbati e maleducati, che in maniera poco ortodossa più che fare richieste pretendono, e questa è una situazione antipatica da vivere e da gestire. C'è stato anche, per esempio, chi si è lamentato in modo sgarbato di non poter scegliere cosa mangiare, in quanto noi abbiamo tre menu degustazione e non la carta. Ma sarebbe bene che chi viene a mangiare da noi, come in qualsiasi altro ristorante, si informasse su che tipo di locale sta andando. Ci sono poi quelli analitici, che osservano, studiano e analizzano ogni mossa che fa un cameriere per cercare di trovare un errore e fartelo notare, anche quello è un atteggiamento antipatico. Ma anche la supponenza del cliente cerchiamo di gestirla con la nostra professionalità e nel modo più tranquillo possibile. La prima regola è non fare mai un muro con l'ospite». 

Simone Marconi, maitre Attico sul Mare (Grottammare, 

AP):«C'è chi si è definito allergico ai bambini»

«Ne capitano veramente di ogni - sostiene Simone Marconi di Attico sul Mare, ristorante marchigiano affacciato sull'Adriatico -  Ci sono stati ospiti che, nonostante nel menu ci sia la specifica di minimo due piatti a testa, ne ordinino solamente uno, spiegando di essere al ristorante soltanto per la vista che offriamo».

Clienti da incubo? Le esperienze peggiori svelate dai maître italiani

Simone Marconi di Attico sul Mare

«È capitato pure che alcuni clienti si definissero "allergici ai bambini", chiedendo esplicitamente un tavolo lontano da famiglie con bimbi al seguito. Tra le richieste più assurde quella di una coppia che ha ordinato tre piatti identici, spiegando come il terzo fosse destinato al cane. C'è anche chi ignora tranquillamente il divieto di fumo in terrazza, e nel momento in cui facciamo notare la cosa ci rispondono che ad averlo saputo non sarebbero nemmeno venuti. Abbiamo anche avuto clienti che, dopo aver prenotato un tavolo sul terrazzo, nonostante diluviasse hanno preteso comunque di cenare fuori. Purtroppo abbiamo avuto anche ospiti che non si sono informati sul locale, arrivando senza sapere che tipo di cucina offriamo, e una volta qua si sono lamentati dei piatti ammettendo come non piacesse loro nulla di ciò che abbiamo».

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