Èstato Mattia Vezzola, protagonista della storia dell’enologia italiana moderna degli ultimi decenni, insieme al master of wine Gabriele Gorelli, a presentare a Roma, all’Urban Hotel Six Senses, il suo MarrubiuM Riserva Del Bono 2022, un Primitivo di Manduria Doc della Masseria Le Fabriche. Per il "signore degli spumanti" bresciano è stata un’esperienza nuova dar vita a un rosso pugliese che esprimesse tutta la sua intensità e potenzialità espressiva, ma con una freschezza ed eleganza.

A convincerlo, dopo un’iniziale perplessità, è stata la bellezza dell’area affacciata sul mar Ionio, tra Taranto e Gallipoli, così come aveva affascinato cinque anni fa l’amico industriale Rinaldo Del Bono, che volle fortemente acquistare quella che già dagli anni ’80 era azienda vinicola con il nome Le Fabriche. Comprende oltre 100 ettari: 25 a vigneti, 80 a uliveti secolari e 15 a bosco mediterraneo, ed ha al centro una grande masseria seicentesca.
MarrubiuM: l’anima del territorio tra potenza ed eleganza
MarrubiuM, Primitivo con 15% di Aglianico, racchiude l’essenza di quel territorio e l’unicità del lavoro di chi ha saputo interpretarlo, sfumandone potenza e concentrazione. Rosso rubino intenso, 14,5 gradi, è elegante e fresco con sentori floreali, mentre ciliegia e ribes nero anticipano note speziate. Anche nel nome è legato al luogo dove nasce, Maruggio, che deriva dal latino Marrubium, erba medicamentosa molto diffusa nel territorio.
Questa prima e unica etichetta della cantina, sul mercato da pochi mesi, è volutamente limitata a 12.500 bottiglie e 200 magnum, tutte numerate. È il frutto di un nuovo corso enologico, non solo progetto produttivo ma culturale, condotto con impegno rispettoso e a basso impatto. Per Vezzola è l’unico possibile per preservare l’identità genetica e naturale del luogo, che diventa il vero valore competitivo di un vino, irripetibile altrove. «Con MarrubiuM - dice - volevamo un vino che interpretasse il luogo dove nasce e la sua biodiversità, non rincorrere modelli o logiche di mercato».
Un progetto condiviso con la natura
Il percorso, fondato sul dialogo con la natura e condiviso da Del Bono, si è arricchito di idee ed esperienze e, con ricerca e innovazione, è stato portato avanti in collaborazione con l’agronomo Pierluigi Donna e il vivaista Pierre-Marie Guillaume, pioniere nella ricerca genetica. La selezione massale attinge al patrimonio di vigne centenarie ad alberello e a spalliera, piante madri che danno le gemme per i nuovi innesti. La vicinanza del mare, con una brezza costante, completa l’equilibrio tra il terreno calcareo-argilloso, il vento, la luce e la vitalità della pianta, sopra e sotto il suolo. «La vite deve vivere a lungo - dice Vezzola - perché continui a dare uve di qualità. Non bisogna sfruttarla, ma lasciarle la libertà di produrre e crescere, senza limitarne il fogliame. È prezioso per la protezione del grappolo da situazioni estreme, come picchi di calore o eccesso di umidità, prevenendo la perdita delle componenti aromatiche».
Vinificazione e filosofia produttiva
L’allevamento è a cordone speronato e, dopo la vendemmia della prima settimana di settembre e una selezione ad acino delle uve, la vinificazione è tradizionale e a temperatura controllata. Il successivo affinamento è affidato per il primo anno a barrique di rovere bianco, poi va per lo stesso periodo in bottiglia, con grande potenziale di invecchiamento. Per l’enologo il valore reale del vino non è nella sua immediatezza, ma nella sua evoluzione, che può far esaltare la vocazionalità del luogo dove nasce, se è in grado di esprimerla, e questa nuova etichetta reinterpreta, valorizzandola, la vocazione millenaria dell’Alto Salento.

«La qualità è il punto di partenza, l’obiettivo è l’unicità - ha detto al tasting romano - ma oggi produrlo rappresenta un impegno gravoso e un lavoro responsabile, con un monitoraggio continuo per mantenere l’equilibrio armonico dell’ecosistema. All’inizio ho tentato di dissuadere Del Bono dall’impresa, ma poi la sua idea, fondata sul rispetto e sulla voglia di fare qualcosa ai massimi livelli, mi ha convinto. E poi lui è un velista e - così come i marinai si orientavano seguendo le stelle - Le Fabriche guarda avanti combinando antichi saperi e tecniche moderne per un futuro che rispetta e valorizza il suo passato. Oggi, dopo 40 anni in Bellavista, considero questa avventura una delle più interessanti, anche perché il Primitivo ha delle analogie con il Groppello, che conosco bene. Gli anni ’70 hanno segnato una svolta nell’enologia del vino, grazie al lavoro di quelli della mia generazione, e ora dobbiamo essere orgogliosi dei nostri vini, un’eredità da lasciare ai giovani».
Tel +39 334 2884251




Nessun commento:
Posta un commento