giovedì 6 novembre 2025

La Michelin rimescola le carte

 


Tra il verde che svanisce e le stelle che tremano: la Michelin rimescola le carte

La Guida Michelin 2026 abbandona la stella verde e riporta tutto al giudizio gastronomico puro. La sostenibilità esce dai premi e rientra nei comportamenti, mentre sale l’attesa per le nuove assegnazioni: dal Duomo di Sultano agli Amici di Godia, il gioco si riapre

I19 novembre, al Teatro Regio di Parma, si alzerà il sipario sulla nuova edizione della Guida Michelin Italia. Una cerimonia che da anni si apre con lo stesso ritmo, tra riflettori accesi, ospiti illustri e i volti tesi degli chef che attendono la chiamata. Quest’anno, però, potrebbe durare qualche minuto in meno.

Il sipario di Parma e l’assenza che farà rumore

mancare dovrebbe essere la categoria dei premiati con la stella verde. Nessuno salirà sul palco per scoprire di avere ottenuto la menzione per la sostenibilità, tra l’attesa della rossa e la sorpresa nel ricevere un riconoscimento parallelo. La scena in cui un cuoco realizzava di avere conquistato “solo” la verde con tutta probabilità resterà un ricordo delle ultime stagioni.

Addio alla stella verde: una scelta strategica

La Michelin ha cancellato la stella verde dai propri canali digitali e ha, di fatto, decretato la fine di un esperimento breve e controverso. Il simbolo che per cinque anni aveva accompagnato le pratiche di sostenibilità è scomparso dai filtri, dai profili dei ristoranti e dai comunicati ufficiali. Un’assenza che pesa più di qualsiasi spiegazione, perché indica un cambio di strategia. La sostenibilità resta un valore, certo, ma la guida decide di trattarla come parte integrante del giudizio, non come marchio accessorio.

Tra il verde che svanisce e le stelle che tremano: la Michelin rimescola le carte

Grande attesa per il 19 novembre, quando verranno svelate le stelle Michelin 2026

La stella verde era nata per differenziare in maniera evidente chi si impegnava in progetti ambientali o sociali, ma i criteri non sono mai stati resi espliciti. Si badi, una guida privata ha il pieno diritto di decidere come valutare il valore di un ristorante o il talento di uno chef, ma quando si entra nel campo della sostenibilità la questione assume un carattere diverso. Le pratiche ecologiche, agricole ed energetiche esistono entro una dimensione scientifica, quindi misurabile.

La credibilità prima di tutto

Se il premio pretende di riconoscere un impegno reale, deve poggiare su parametri trasparenti e verificabili. La stella verde, invece, ha oscillato tra dichiarazioni d’intenti e valutazioni sommarie, finendo spesso per premiare chi comunicava meglio la propria virtù più che chi la esercitava con continuità.

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Nella prossima edizione non si vedrà più l'assegnazione delle stelle verdi

Evidentemente la guida ha compreso che un riconoscimento ambiguo rischiava di intaccare l’autorevolezza costruita in oltre un secolo. Meglio restituire alla stella rossa il ruolo di misura assoluta e lasciare che la sostenibilità resti nel merito dei comportamenti, non dei manifesti. L’ecologia diventa parte integrante del mestiere, come la cura della materia o l’attenzione al servizio. In questo senso, la rimozione appare come la presa d’atto che la cucina responsabile ha solo bisogno di credibilità.

Nord e Sud: equilibri che non cambiano

La decisione arriva in un contesto di immobilità solo apparente per l’Italia. Le tre stelle restano quattordici, quasi tutte collocate nel Nord, dove la densità economica e la visibilità internazionale garantiscono una continuità inimmaginabile per il Mezzogiorno.

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Ciccio Sultano, chef del Duomo di Ragusa, sarà lui il prossimo tristellato italiano?

Il Sud, con poche eccezioni, rimane in attesa di Godot. L’ipotesi più solida di promozione nel massimo campionato dei tristellati resta il Duomo di Ciccio Sultano, indirizzo tra i più noti in Italia che negli ultimi anni ha sviluppato un discorso di assoluta maturità gastronomica e imprenditoriale.

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Chef Emanuele Scarello

Un eventuale terzo macaron avrebbe anche valore geopolitico e riconoscerebbe al Sud, e in particolar modo ad un’isola, un ruolo centrale nel panorama gastronomico contemporaneo. A Nord si guarda con la stessa attenzione Agli Amici di Godia, dove la famiglia Scarello ha costruito un’identità nitida e assolutamente coerente. Il Friuli non ama le luci della ribalta, ma ha consolidato un modello di ospitalità solido, a prova dell’ispettore più esigente, foss’anche francese. Il salto al vertice sarebbe un premio alla costanza di una bellissima storia familiare.

Due stelle in movimento

Nell’area intermedia, quella delle due stelle, il panorama si muove con più fermento. Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano potrebbe ritrovare un riconoscimento maggiore, inspiegabilmente perso qualche anno fa, anche come segno di continuità dopo la recente scomparsa di Aimo MoroniAntonia Klugmann prosegue con una ricerca che affina stagione dopo stagione il suo lessico originalissimo.

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Alessandro Negrini e Fabio Pisani, gli chef de Il Luogo di Aimo e Nadia

Carlo Cracco, anche grazie al suo bravissimo “secondo” Luca Sacchi, ha ormai da tempo stabilito un equilibrio tra l’immagine e il mestiere, liberando la sua cucina dal peso della televisione. Tra le nuove voci, Davide Di Fabio a Gabicce Monte appartiene alla generazione più consapevole. Cresciuto nella scuderia Bottura, ha costruito a Dalla Gioconda un progetto universalmente apprezzato, che potrebbe valergli la seconda già da quest’anno.

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Chef Davide Di Fabio

Le prime stelle e i nuovi talenti

Nel mare magnum delle prime stelle, solo tre osservazioni ci paiono rilevanti. La tanto agognata consacrazione sulla Rossa di Alberto Gipponi con il suo Dina, l’ingresso di Jacopo Ticchi del Ristorante Da Lucio a Rimini, il ritorno della stella in Albereta, dove ora c’è Alberto Quadrio, e, congiunzione astrale, il riconoscimento a Fabio Abbattista, che fino a pochi mesi fa era proprio nel ristorante di Erbusco, che ora guida il suo Abba a Milano.

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Jacopo Ticchi

Il primo è già da anni al massimo livello espressivo e l’impuntarsi della Michelin nel non riconoscere questo talento sembra il gesto infantile di un ragazzino che ricorre al dispetto per far capire a qualcuno il suo amore.

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Chef Alberto Quadrio

Il secondo, lanciatissimo sulle sempre più rilevanti tecniche di frollatura ittica, ha attirato tantissime attenzioni nell’ultimo anno e meriterebbe senza dubbio il grande salto. Sul terzo, poco da dire, cucina ed eredità difficilissima (non è da tutti muoversi con quel garbo negli spazi che per anni occupò il Mastro Gualtiero Marchesi) ma una proposta di grandissima intelligenza e tra le più cosmopolite e al contempo identitarie del nord Italia, per restare modesti; insomma, qui la pratica dovrebbe essere agevole.

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Lo chef Fabio Abbattista

Per Fabio Abbattista, romantico gentiluomo della cucina, pugliese entusiasta dalla mano delicata ma potente, sarebbe il premio al coraggio di proporre una cucina bella e ordinata in una parte di Milano ancora in divenire.

La Michelin torna a essere la Michelin e niente pizza….

Fuori (ma non troppo) dai pronostici e dagli auspici “di rito”, la vera sorpresa sarebbe quella di assistere alla ribalta di una pizzeria. Di una tra le tante pizzerie che da anni non si sentono più, a ragione, subalterne ai ristoranti, anche di livello alto. Che a pensar male si fa peccato, non lo si dice neanche più, ma i malevoli continuano a pensare che creare un precedente in questo campo significherebbe, di default, aumentare vertiginosamente il numero dei ristoranti stellati in Italia, tanto da fare concorrenza alla vicina Francia che, più che cugina, in questi anni (limitatamente alla guida, si intende) è stata matrigna cattiva per il Belpaese.

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Franco Pepe e Francesco Martucci, due dei pizzaioli più celebrati d'Italia

Ma se invece la guida volesse smentirci, i nomi sarebbero davvero tanti: Franco PepeFrancesco MartucciSimone PadoanFrancesco Capece; solo per citarne qualcuno tra i tanti, tantissimi che in maniera davvero inspiegabile sono ancora le cenerentole della Michelin. La questione più ampia, comunque, riguarda la credibilità del giudizio. La Michelin, più di ogni altra guida, vive sulla fiducia. La sua forza dipende dalla coerenza interna e dalla chiarezza dei criteri.

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Simone Padoan e la sua pizza d'autore ai Tigli, a San Bonifacio (Vr)

La stella verde, in questo senso, aveva rotto l’armonia del sistema. Premiare un piatto è un atto di gusto; premiare una pratica richiede strumenti diversi, dati, misure e verifiche. La decisione di cancellare il simbolo ristabilisce finalmente una gerarchia. Il valore gastronomico resta insindacabile, il resto appartiene all’etica individuale. La sostenibilità continuerà a essere un parametro implicito, come la pulizia della cucina o la qualità del servizio, ma non avrà più un distintivo. Chi cercava un premio per la virtù ambientale dovrà rivolgersi altrove. Chi invece lavora ogni giorno con coscienza non perde nulla. La stella rossa basta a contenere tutto, anche ciò che il verde aveva tentato di rappresentare.

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