Fase 2, i ristoranti
vedono rosso
Per il 92%
bilanci negativi
Stando ad un sondaggio condotto da Swg con Confesercenti il 72% delle attività italiane ha rialzato le saracinesche, ma solo il 29% degli italiani è tornato ad acquistare. Difficoltà soprattutto per i ristoranti che definiscono "molto insoddisfacenti" i risultati della riapertura. Stesso sentimento anche tra i baristi.
Riaperti sì, ma gli affari stentano. Può essere riassunta così la Fase 2 del commercio fino a questo punto dal momento che molti negozi hanno scelto di aprire, ma i clienti mancano. Soprattutto nel mondo della ristorazione.
Secondo un sondaggio condotto da Swg con Confesercenti su consumatori ed imprese il 72% delle imprese è già ripartito, ma ad oggi solo il 29% degli italiani è tornato a servirsi delle attività che hanno riaperto per acquistare prodotti o servizi. Le abitudini degli italiani non sono cambiate poi tanto per certi versi e così il weekend potrebbe segnare un'accelerazione: il 26% dei consumatori progetta acquisti proprio per questo fine settimana, il primo del dopo-lockdown.
A soffrire di più sono stati ristoranti, trattorie e pizzerie: il 92% degli imprenditori della somministrazione ritiene insoddisfacenti o molto insoddisfacenti i risultati dei primi giorni d'apertura. Seguono i bar (83%). Come stiamo raccontando ormai da diversi giorni, i ristoratori di tutta Italia si dividono tra aperture immediate e attese per capire l'evolversi della situazione. Il fatto di rinunciare alla riapertura proprio per il timore di riaprire in perdita era già ventilato ampiamente alla vigilia del 18 maggio e il problema riguarda anche il turismo. Gli alberghi delle località turistiche si riservano di attendere anche qualche mese prima di riaprire complice anche, nel loro caso, la difficoltà negli spostamenti soprattutto da regione a regione
Va da sé che gli incassi stentano per ogni genere di impresa, incidendo pesantemente sulle casse. Complessivamente, il 68% di chi ha riaperto ammette di aver lavorato fino ad ora in perdita, di questi quasi la metà (37%) segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità.
Tra tutti gli aspetti, pesa l'aumento delle spese: in media, sanificazione e dispositivi di protezione sono costati 615 euro ad impresa. E gli aiuti faticano ad arrivare: secondo un approfondimento di Confesercenti sui propri associati, tra le imprese che hanno fatto richiesta per le forme di credito agevolato messe a disposizione dal Decreto Liquidità, il 51% riferisce di aver ricevuto risposta negativa. Nonostante le difficoltà, però, le imprese non abbandonano il campo: solo il 2% progetta di tornare a chiudere in tempi brevi, mentre l'81% continuerà a mantenere aperta l'attività come oggi.
Ma c'è un 17% che così non riesce a sostenere i costi, e ridurrà gli orari e/o i giorni di apertura. Anche se le imprese non si tirano indietro, c'è bisogno di considerare le difficoltà di questa fase e prevedere sostegni per chi riparte. L'aumento dei costi di gestione legato alle procedure di sicurezza è anticipato dalle imprese, che dopo quasi tre mesi di fermo hanno bisogno di liquidità. Purtroppo, come ha riconosciuto lo stesso governo, i finanziamenti continuano ad arrivare ad un ritmo troppo lento. è necessario dar loro un nuovo impulso: le attività non possono resistere a lungo in questa situazione. italiaatavola
Tanti riaprono, ma pochi vendono
Secondo un sondaggio condotto da Swg con Confesercenti su consumatori ed imprese il 72% delle imprese è già ripartito, ma ad oggi solo il 29% degli italiani è tornato a servirsi delle attività che hanno riaperto per acquistare prodotti o servizi. Le abitudini degli italiani non sono cambiate poi tanto per certi versi e così il weekend potrebbe segnare un'accelerazione: il 26% dei consumatori progetta acquisti proprio per questo fine settimana, il primo del dopo-lockdown.
A soffrire di più sono stati ristoranti, trattorie e pizzerie: il 92% degli imprenditori della somministrazione ritiene insoddisfacenti o molto insoddisfacenti i risultati dei primi giorni d'apertura. Seguono i bar (83%). Come stiamo raccontando ormai da diversi giorni, i ristoratori di tutta Italia si dividono tra aperture immediate e attese per capire l'evolversi della situazione. Il fatto di rinunciare alla riapertura proprio per il timore di riaprire in perdita era già ventilato ampiamente alla vigilia del 18 maggio e il problema riguarda anche il turismo. Gli alberghi delle località turistiche si riservano di attendere anche qualche mese prima di riaprire complice anche, nel loro caso, la difficoltà negli spostamenti soprattutto da regione a regione
Va da sé che gli incassi stentano per ogni genere di impresa, incidendo pesantemente sulle casse. Complessivamente, il 68% di chi ha riaperto ammette di aver lavorato fino ad ora in perdita, di questi quasi la metà (37%) segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità.
Tra tutti gli aspetti, pesa l'aumento delle spese: in media, sanificazione e dispositivi di protezione sono costati 615 euro ad impresa. E gli aiuti faticano ad arrivare: secondo un approfondimento di Confesercenti sui propri associati, tra le imprese che hanno fatto richiesta per le forme di credito agevolato messe a disposizione dal Decreto Liquidità, il 51% riferisce di aver ricevuto risposta negativa. Nonostante le difficoltà, però, le imprese non abbandonano il campo: solo il 2% progetta di tornare a chiudere in tempi brevi, mentre l'81% continuerà a mantenere aperta l'attività come oggi.
Ma c'è un 17% che così non riesce a sostenere i costi, e ridurrà gli orari e/o i giorni di apertura. Anche se le imprese non si tirano indietro, c'è bisogno di considerare le difficoltà di questa fase e prevedere sostegni per chi riparte. L'aumento dei costi di gestione legato alle procedure di sicurezza è anticipato dalle imprese, che dopo quasi tre mesi di fermo hanno bisogno di liquidità. Purtroppo, come ha riconosciuto lo stesso governo, i finanziamenti continuano ad arrivare ad un ritmo troppo lento. è necessario dar loro un nuovo impulso: le attività non possono resistere a lungo in questa situazione. italiaatavola
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