Non nominare
la carne invano:
se l'Ue tace
serve una legge
italiana
Il parlamento europeo non blocca l'uso delle denominazioni di alimenti a base di carne per i prodotti vegetali: via libera alle mortadelle, salsicce o bistecche di ceci, lenticchie, piselli ed edulcoranti vari. La Coldiretti e le associazioni di categoria chiedono una norma nazionale, come ha fatto la Francia.
COLDIRETTI: «DANNO AL 93% DEI CONSUMATORI ITALIANI»
Secondo il presidente della Coldiretti Ettore Prandini non resta che «una norma nazionale per fare definitivamente chiarezza e per evitare l’inganno ai danni del 93% dei consumatori che in Italia non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano».
NON BASTA SPECIFICARE LA VERITÀ SULL'ETICHETTA
La fumata grigia europa ha lasciato di fatto il carrello della spesa “aperto” a finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che - piccolo particolare - questi prodotti non contengono carne.
COMUNICAZIONE SUBDOLA CHE FAVORISCE LE LOBBY
Per la Coldiretti «il perdurare di una situazione di incertezza rappresenta purtroppo un favore alle lobby delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio puntando su una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano per attrarre l’attenzione dei consumatori e indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne».
PROCEDIMENTI SPINTI E MATERIE PRIME DI DUBBIA PROVENIENZA
Insomma, permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significherebbe favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo.
L'UNICA ECCEZIONE? IL LATTE DI MANDORLA ITALIANO
Cosa resta da fare adesso? Una legge nazionale in materia, sull’esempio francese, anche perché la Corte di giustizia europea si è già pronunciata in passato sul fatto che «i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come "latte", "crema di latte" o "panna", "burro", "formaggio" e "yogurt", che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale», anche nel caso in cui queste denominazioni siano completate da «indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione». Con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano.
CHIESTO RISPETTO PER IL LAVORO DI AGRICOLTORI E ALLEVATORI
Anche l'Associazione industriali delle carni e dei salumi (Assica) e l'Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova (UnaItalia) non hanno preso bene quello che (non) ha deciso Strasburgo: «Per l’industria italiana delle carne e dei salumi non si trattava di una lotta, ma di un appello al giusto riconoscimento e al rispetto del lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore zootecnico. Questi mantengono vivi i nostri Comuni e i nostri territori e forniscono ai cittadini prodotti di qualità, consumati in tutto il mondo come parte del patrimonio culinario italiano e di un’alimentazione equilibrata», hanno detto i rispettivi presidenti, Nicola Levoni e Antonio Forlini.
SI SFRUTTA FURBESCAMENTE NOTORIETÀ E SUCCESSO DI ALTRI
Il punto è che «la commercializzazione di questi finti prodotti a base di carne può chiaramente indurre i consumatori europei a pensare erroneamente che queste imitazioni siano sostituti “uguali” agli originali. In effetti, la questione non è il consumo o il non consumo di carne, ma semplicemente l’importanza di dire le cose come stanno e di non sfruttare furbamente la notorietà e il successo di altri. Va da sé che prodotti completamente diversi debbano avere nomi completamente diversi».
QUALCUNO HA SCOPERTO CHE C'È UN MERCATO REDDITIZIO...
Infine, secondo i presidenti, «il fatto ancor più grave è che il voto non fa altro che avvantaggiare le grandi multinazionali del food e della chimica, estranee alla tradizione e cultura alimentare italiana, le quali hanno scoperto che il mercato dei prodotti alternativi alla carne è molto redditizio e ora hanno ottenuto dei vantaggi competitivi impropri per immettere sul mercato. Il parlamento europeo ha inflitto un duro colpo alle nostre denominazioni tradizionali che nel tempo sono state plasmate dal duro lavoro di allevatori, macellatori e trasformatori, con grandi differenze tra le regioni, rendendole così uniche». Per ora i prodotti vegetali "suonano" ancora come fossero carne, e la cosa non suona affatto bene all'Italia.
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