Keybox e affitti brevi,
il Tar riapre al check-in da remoto: è di nuovo caos
La sentenza del Tar del Lazio annulla l'obbligo imposto dal Viminale di identificare di persona gli ospiti degli affitti brevi. Una decisione che rimette in discussione i divieti locali sulle keybox e accentua lo scontro tra Governo, sindaci e associazioni del turismo, lasciando il settore in un limbo normativo sempre più ingovernabile
Niente più obbligo di riconoscimento faccia a faccia, niente divieto di lasciare le chiavi in una cassetta a combinazione. Il Tar del Lazio ha annullato la circolare del Viminale che voleva mettere un freno ai check-in autonomi nelle case in affitto breve, sostenendo che l'identificazione fisica dell'ospite non sia affatto garanzia di sicurezza pubblica. Una sentenza che, nel merito, smonta pezzo per pezzo l'impianto normativo costruito lo scorso novembre dal ministero dell'Interno. E che nel metodo apre un fronte ben più ampio: quello di un conflitto politico e istituzionale sempre più scoperto tra il Governo, le amministrazioni locali e le rappresentanze degli hotel (con Confindustria Alberghi in prima linea).
Nel testo della sentenza si legge chiaramente: l'identificazione de visu «non risulta di per sé in grado di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica cui mira esplicitamente la circolare». E non basta, secondo i giudici, evocare in modo generico «l'intensificazione delle locazioni brevi su tutto il territorio nazionale, in ragione anche del Giubileo e per una difficile evoluzione della situazione internazionale», senza fornire un solo dato concreto. Un documento debole nelle fondamenta e sproporzionato nella misura, tanto da essere giudicato illegittimo.
Affitti brevi, l'Italia è spaccata in due sulla questione
Chi aveva già scelto di vietare le keybox, come la sindaca di Firenze Sara Funaro, oggi si trova a dover difendere la tenuta delle proprie ordinanze, nonostante la bocciatura del Tar alla linea del Viminale. La posizione del Comune resta ferma: «Per i nostri regolamenti non cambia niente, continuiamo ad andare avanti» ha detto ai cronisti a margine di un'iniziativa sulla strage di via dei Georgofili. Funaro ha poi ricordato come l'intervento fiorentino si basasse su una doppia motivazione, che va oltre il tema della sicurezza: «Noi sulle keybox avevamo tenuta aperta la doppia strada - ha spiegato -, da una parte per la sicurezza, e dall'altra parte, nell'area Unesco, per le questioni di decoro estetico all'interno della città, per cui di fatto il divieto rimane attivo».
Il quadro che emerge è quello di un'Italia divisa, tra città d'arte che cercano di regolare l'impatto dell'extralberghiero e realtà che, al contrario, lo cavalcano. Le prime - da Firenze a Bologna e Roma - spesso amministrate dal centrosinistra, spingono per norme più stringenti; le seconde, come Palermo, a guida centrodestra, sono più inclini a evitare vincoli, lasciando che le locazioni turistiche si espandano senza ostacoli. In mezzo, un Governo che oscilla tra la ricerca del consenso e la tutela della libertà d'impresa.
Un equilibrio che la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha scelto di inclinare apertamente. Durante un intervento al Festival dell'Economia di Trento, ha minimizzato le criticità legate all'overtourism, definendolo un problema gonfiato: «Lo sollevano solo 4 o 5 Comuni. Io penso al contrario ai piccoli borghi, in Italia ne abbiamo 5.600. È lì che dobbiamo portare i flussi turistici». Un'idea di turismo diffuso che, nei fatti, finisce per depotenziare la richiesta di regolamentazione nelle aree già sature. E che si inserisce in una narrazione in cui il patrimonio culturale diventa leva economica più che ambito da tutelare: «Il ticket al Pantheon ha portato 100 milioni, mentre in America si paga per accedere a vulcani finti, e noi saliamo gratis sul Vesuvio».
Caos affitti brevi, c'è tanta preoccupazione tra gli albergatori
È evidente però che non tutta la filiera la pensa allo stesso modo. Da mesi, i vertici di Federalberghi e Confindustria Alberghi segnalano distorsioni sempre più marcate nel mercato dell'ospitalità e denunciano come l'assenza di regole certe stia minando non solo la competitività delle strutture tradizionali, ma anche la vivibilità dei centri urbani. Una delusione crescente che nasce anche dalle promesse mancate: Santanchè, dal palco di Federalberghi a Bergamo nel maggio 2023, aveva parlato di «regole chiare per tutti». Ma quelle regole, due anni dopo, restano per lo più sulla carta.
Ecco perché la sentenza del Tar viene letta, da molti operatori, come un ulteriore segnale di abbandono: «Questa sentenza ci sorprende e desta preoccupazione - ha commentato Elisabetta Fabri, presidente di Confindustria Alberghi - perché rischia di incidere sulla sicurezza dei cittadini e del Paese. Il tema della sicurezza è tanto più centrale per quelle realtà prive di un presidio stabile. Vogliamo capire come si intenda raggiungere la sostenibilità e la sicurezza delle nostre città senza un quadro normativo chiaro, sia a livello nazionale che comunale, che regoli definitivamente il fenomeno, ormai dilagante, degli affitti brevi, come hanno già fatto molte città internazionali. La sostenibilità e la tutela dei nostri centri riguardano le attività turistiche, ma ancor di più le comunità dei residenti».
Nel mezzo, restano i territori, gli operatori, i turisti, e la confusione. Con le amministrazioni locali che procedono in ordine sparso, un governo che continua a tutelare la proprietà privata come principio assoluto e un comparto - quello dell'ospitalità, dal B&B alla camera d'albergo - che si muove tra regole disallineate e una concorrenza sempre più opaca. La sentenza del Tar non ha fatto altro che sollevare il velo. Ha reso evidente una frattura che non è solo giuridica, ma politica, amministrativa, culturale.
E ha rimesso in discussione le priorità: da una parte c'è chi rivendica il diritto a gestire un immobile in autonomia e con strumenti digitali; dall'altra chi chiede che accoglienza e sicurezza camminino insieme. Paradossalmente, oggi chi alloggia in una struttura alberghiera - regolata, presidiata, con personale formato - è tenuto a presentare un documento d'identità. Chi invece affitta un appartamento per pochi giorni, magari in un condominio residenziale, può ricevere le chiavi in una cassetta e passare inosservato. Ed è su questi paradossi, e sulle assenze normative che li permettono, che si gioca la prossima partita del turismo italiano.
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