Ferragosto 2025, l'Italia divisa: tra chi può permettersi la vacanza e chi resta a casa
Il Ferragosto 2025 fotografa un Paese spaccato: turismo in crescita, ma milioni di italiani affrontano rincari record e rinunciano alle ferie. Ristorazione e convivialità restano l'unico “lusso” accessibile per molti. Urgono politiche per un turismo più equo e inclusivo
Ferragosto 2025 arriva come “Capodanno” dell’estate, ma anche come lente d’ingrandimento sulle fratture sociali. C’è chi parte per mete esclusive e chi resta a casa, chi vive l’estate come vacanza e chi come stagione di sacrifici e lavoro. È il termometro di un Paese in cerca di equilibrio tra voglia di normalità e difficoltà economiche crescenti.
Sei italiani su dieci in movimento, ma non tutti in vacanza
Secondo un’indagine condotta da Coldiretti/Ixè, quasi sei italiani su dieci trascorreranno Ferragosto fuori casa. Non tutti, però, saranno in villeggiatura. Molti si limiteranno a una gita in giornata, magari al mare, in montagna o in campagna, o semplicemente faranno visita ad amici o parenti.
La voglia di stare insieme, di condividere un pranzo o una grigliata, resta un tratto distintivo del modo italiano di vivere l’estate. La convivialità, in questo senso, è molto più che un’abitudine: è un bisogno profondo, un modo per affermare la propria appartenenza a una comunità, anche quando le ferie vere e proprie non sono possibili.
Il cibo come evasione: 9,3 miliardi di euro a tavola in agosto
E non è un caso che proprio il cibo, e in particolare il “mangiare fuori casa”, emerga come uno degli elementi centrali di questa stagione. Secondo il Centro Studi di Fipe-Confcommercio, solo nel mese di agosto, gli italiani spenderanno 9,3 miliardi di euro per pranzi, cene, aperitivi, colazioni e street food.
La cena si conferma il momento clou, con una spesa di quasi 5 miliardi, seguita dal pranzo, che incide per altri 2,4 miliardi. I bar, come sempre, restano una costante dell’estate italiana, con colazioni e aperitivi che totalizzano ciascuno circa 600 milioni di euro. Anche il take away e lo street food registrano numeri importanti, con 900 milioni di spesa, mentre sagre e fiere popolari - elemento folklorico ma anche economico di peso - arrivano a mezzo miliardo.
Bar e ristoranti, ultimo lusso accessibile
All’interno di questa frattura si inserisce il ruolo fondamentale della ristorazione, che non solo regge l’impatto economico della stagione estiva ma, in un certo senso, diventa un collante sociale. Come sottolinea Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, bar e ristoranti non sono solo esercizi commerciali, ma luoghi identitari, in cui si costruisce e si alimenta il senso di comunità.
Sono spazi di relazione, luoghi in cui si vive il tempo libero, anche in assenza di ferie vere e proprie. In molti casi, rappresentano l’unico lusso accessibile, l’unico momento di evasione concesso da un’estate che, per tanti, è stata "salata" non solo in senso climatico, ma soprattutto economico.
Prezzi record e territori virtuosi: l’Italia a due velocità
La fotografia che emerge, tuttavia, è quella di un’Italia profondamente divisa. Le ragioni economiche pesano come non mai. Sempre secondo Codacons, l’estate 2025 è stata segnata da rincari che hanno colpito tutte le voci legate al turismo: dai voli nazionali, aumentati del 35,9%, ai traghetti (+10,9%), passando per le case vacanza (+6%), i campeggi e i villaggi turistici, che in soli trenta giorni hanno registrato un’impennata del 15,7%. Per una famiglia con due figli, la spesa media annua è aumentata di 761 euro, e una settimana al mare può costare oltre 6.500 euro. Cifre che, per molte famiglie italiane, risultano semplicemente insostenibili.
Politiche per un’estate più giusta e accessibile
Eppure, i numeri del turismo nazionale sembrano raccontare un’altra storia. I dati del Viminale, elaborati attraverso il sistema “Alloggiati Web”, parlano di un aumento degli arrivi del 10,2% a giugno rispetto allo stesso mese del 2024, del 4,5% a luglio e di oltre il 13% nei primi undici giorni di agosto. Il Ministero del Turismo evidenzia anche una crescita nella diversificazione delle destinazioni: non solo mare, ma anche montagne, città d’arte e aree interne. Le prenotazioni estive non si concentrano più solo ad agosto, ma si estendono fino a settembre e addirittura a ottobre. E l’Italia, per competitività dei prezzi e tasso di saturazione delle OTA, supera persino mete consolidate come Grecia e Spagna.
Tuttavia, questa apparente contraddizione tra il successo del turismo italiano e le difficoltà di milioni di cittadini si spiega facilmente: l’Italia è piena, sì, ma non necessariamente degli italiani meno abbienti. Una parte consistente del flusso turistico è infatti sostenuta da visitatori stranieri e da italiani con maggiore capacità di spesa. E questo non può non far riflettere sul fatto che la ripresa del turismo non coincide necessariamente con l’inclusione sociale, anzi: rischia di diventare un fattore di ulteriore diseguaglianza.
Ora vediamo i prezzi: quanto costa davvero andare in vacanza?
Se i numeri raccontano una voglia diffusa di evasione, è inevitabile chiedersi quanto costa davvero questa voglia di estate nel 2025. A lanciare l’allarme è ancora una volta il Codacons, che sottolinea come il caro vacanze abbia raggiunto livelli mai visti prima. I “casi limite” parlano chiaro: una settimana in un rooftop a Verona è arrivata a sfiorare i 300mila euro - cifra poi smentita dall’host, che ha parlato di un errore di piattaforma - ma esempi simili si trovano in tutta Italia, dalle ville con piscina in Sardegna (fino a 125.870 euro) alle suite in hotel a Porto Cervo (oltre 43.500 euro), passando per Positano, Sanremo, Cortina e persino la Val Gardena.
Tariffe che, seppur estreme, segnalano un problema ben più esteso: il rischio che le vacanze diventino un lusso per pochi. A confermarlo sono anche i numeri di Codacons: una settimana al mare per una famiglia può superare i 6.500 euro, con un aumento medio annuo delle spese familiari pari a 761 euro.
Tuttavia, non tutto il Paese segue questa tendenza. Federalberghi Puglia evidenzia come, nella regione, i prezzi siano rimasti moderati, con una media di 134,25 euro a notte, sotto la media nazionale. Merito, secondo l’associazione, di una gestione attenta, che ha evitato derive come friselle da 17 euro e servizi accessori esagerati. Anche in Abruzzo si registra una certa tenuta: gli abbonamenti stagionali sono rimasti invariati, anche se l'affluenza è calata. A pesare, più del caro ombrelloni, è il caro vita, denuncia il sindacato balneari.
E se Liguria e Sardegna sembrano reggere bene la stagione estiva, grazie a un'offerta più variegata e prezzi anche accessibili (come i 20/25 euro al giorno per due lettini e un ombrellone in alcune spiagge sarde), resta il fatto che il turismo italiano del 2025 è segnato da forti disuguaglianze. Secondo Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sib, puntare il dito contro i prezzi dei lidi è fuorviante: il vero nodo è l’impoverimento strutturale delle famiglie italiane, con salari reali inferiori a quelli del 1990 e una pressione fiscale al 42,6%. In questo contesto, il turismo diventa una variabile dipendente dell’economia, e non la causa delle sue storture.
L’allarme degli stabilimenti balneari contro la rabbia di chi paga
A lanciare un campanello d’allarme sulla stagione estiva sono stati anche balneari, categoria che in teoria avrebbe interesse a difendere il settore. Antonio Capacchione, presidente del Sib-Confcommercio, ha dichiarato che il vero problema non è il “caro ombrellone”, ma la crescente difficoltà delle famiglie italiane a far quadrare i conti: «Le famiglie non arrivano a fine mese - ha detto - e la settimana in riva al mare è ormai un privilegio per pochi». Parole che, però, non hanno incontrato la comprensione dell’opinione pubblica.
Sui social si è scatenata una valanga di reazioni: consumatori esasperati hanno parlato di prezzi “folli” per lettini, ombrelloni e servizi di ristorazione giudicati spesso mediocri. «Per un ombrellone e due lettini chiedete 100 euro, per mangiare un piatto di pasta 30, un panino 12, un caffè 2,50. Abbassate i prezzi e vedrete che la gente torna», ha scritto il giornalista Salvo Sottile in un post diventato virale. A infiammare ulteriormente la polemica è l’annosa questione dei canoni irrisori pagati da molti concessionari per l’uso delle spiagge, considerati sproporzionati rispetto agli incassi.
Il rischio di una vacanza “per pochi”
L’estate 2025, insomma, ci racconta di un’Italia piena di contraddizioni. Da una parte c’è un turismo in salute, capace di generare numeri e fatturati importanti. Dall’altra parte c’è una crescente porzione della popolazione che si sente esclusa, che non riesce a partecipare pienamente a quel modello di benessere che l’estate dovrebbe rappresentare. Se non si interviene per riequilibrare questa disparità, si rischia di trasformare la vacanza - e con essa, il tempo libero - da diritto collettivo a privilegio di pochi.
Politiche per un’estate più giusta e accessibile
In questo contesto, diventa urgente una riflessione politica. Non bastano incentivi generici o campagne promozionali. Servono politiche pubbliche orientate all’equità, al sostegno del turismo accessibile, alla valorizzazione delle aree interne e delle esperienze autentiche. Servono misure concrete che consentano anche a chi ha meno risorse di accedere a forme di svago e benessere. Non si tratta solo di rilanciare l’economia, ma di difendere un modello culturale, quello del tempo condiviso, della pausa, della convivialità. Un modello che è parte integrante dell’identità italiana.
Ferragosto come termometro delle disuguaglianze
Ferragosto, oggi, è il termometro della disuguaglianza italiana e ci dice, in fondo, che il bisogno di normalità, di bellezza e di relazioni è più forte che mai. Ma ci dice anche che questo bisogno non è distribuito in modo uniforme. Chi saprà ascoltare questa complessità - politica, imprese, istituzioni - potrà costruire un’estate futura più giusta, più sostenibile, più davvero italiana.
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