EXPORT E SENTIMENT
DEI BUYER INTERNAZIONALI
NELL’“ATLANTE” DEL
MONDO
DEL VINO DI VINITALY
Vinitaly ha chiesto
ad alcuni buyer dei più importanti e interessanti mercati le prospettive
dell’export
enologico. Buone per tutti, nonostante i cambiamenti di scenario di
alcuni Paesi e la necessità di trovare il giusto approccio alle varie
situazioni. Opportunità anche in Francia grazie all’ottimo rapporto
qualità/prezzo dei vini italiani. A Verona operatori commerciali da 120 Paesi.
Verona, 11 marzo
2015 – A due
settimane dalla sua apertura, Vinitaly ha raccolto il sentiment dei buyer di
Cina, Vietnam, Corea del Sud, Brasile, Messico, Australia, Stati Uniti, Canada,
Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia. Si tratta di
un “assaggio” dei focus sui Paesi target in programma durante la Fiera di
riferimento del vino a livello internazionale, in calendario dal 22 al 25 marzo
prossimi a Veronafiere (www.vinitaly.com). Grandi le aspettative degli
espositori, grazie al potenziamento dell’incoming realizzato da Veronafiere, che
garantirà la presenza di delegazioni commerciali da 50 Paesi per incontri b2b
programmati con le aziende, e all’arrivo di professionisti del wine&food da
120 Paesi.
«Il
contatto con i mercati –
spiega Giovanni Mantovani,
direttore generale di Veronafiere – è fondamentale per capire le
tendenze e dare alle aziende le informazioni e i servizi di cui hanno veramente
bisogno e per scegliere con cognizione di causa dove potenziare di anno in
anno il nostro incoming di buyer, che per il 2015 ha visto un incremento degli
investimenti del 34%. Per questo Vinitaly, con Vinitaly International, è una
fiera ‘aperta’ tutto l’anno, che da Verona si sposta in Cina, Usa, Canada e in
altri Paesi, per poi riportare il suo bagaglio di contatti e know-how.
Un’attività inimmaginabile per le aziende, che fa di Vinitaly il momento
commerciale più atteso dalle cantine».
Dall’indagine i
feedback migliori arrivano dai nostri partner storici, come la Germania, gli
Stati Uniti e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra a dir poco ostica e
la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, si trova in mezzo alla peggior
svalutazione del rublo degli ultimi anni, mentre il Brasile paga dazi
altissimi.
Un mondo a due
velocità, quindi, ma in continua evoluzione.
Sentiment
positivo. In questo viaggio
virtuale nell’“atlante” del commercio enoico, il sentiment raccolto
è decisamente positivo, ma per continuare a crescere bisogna imparare ad
approcciare Paesi ed aree geografiche differenti.
In
Cina, ad esempio, è importante sfruttare la debolezza manifestata
nel 2014 dalla Francia, «lavorando sulla costruzione di brand forti», come
racconta David Chow, di Altavis Fine Wines, perché questa, per i vini del
Belpaese «è una nuova era di sviluppo, a patto che si parli di prezzi
ragionevoli». Largo, quindi, ai vini «di qualità, come Barolo, Barbaresco,
Brunello di Montalcino e Amarone della Valpolicella, sempre più popolari in
Cina», come dice l’importatore Hideyuky Tsuji, di Enoteca Shanghai Co.
Ma l’Asia non è
solo Cina, ed anche i piccoli scalpitano, a partire dal Vietnam,
dove, come dice Nguyen Dui Tuan, di Top Wine Director, «il mercato del
vino è cresciuto molto velocemente ed i protagonisti sono stati la Francia e
l’Italia, ma c’è da fare i conti con una polarizzazione dei consumi, tra
bottiglie sotto i due euro e vini sopra i venti». Anche in Corea del
Sud «si sta sgonfiando la bolla dei vini francesi, e la gente guarda
agli italiani, più accessibili», spiega Mang Shang Woon della World Liquor
Co.
In
Brasile «i vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le
bollicine di Lambrusco e Franciacorta - racconta Almir Luppi Dos Anjos, di
Epicerie De Bebidas Ltda - ma l’aspetto più problematico è quello che
riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo
medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro».
Risalendo il Sud
America, tra i Paesi più in salute c’è il Messico, dove «la
cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano,
in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come
l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud», spiega Victor
Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V, che sottolinea anche
come «il prezzo medio si attesti sui 12-22 dollari, mentre nella fascia più
bassa non c’è competizione con i vini cileni ed argentini».
Tornando
nell’emisfero Sud, c’è un Paese capace di essere, allo stesso tempo, competitor
e partner: l’Australia, dove la passione per il vino italiano
nasce, innanzitutto, dalla passione degli australiani per il Belpaese, scelto
sempre più spesso come meta per le proprie vacanze, «e quando tornano in
Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti
durante il proprio viaggio», spiega Robert Damato, di Casa Italia
Gourmet. «Ci vuole apertura mentale per apprezzare appieno il vino italiano,
e voglia di scoprire, dai vini biologici al Chianti, passando per il Nero
d’Avola, ben sapendo che il primo competitor siamo noi stessi».
Restando fuori
dal Vecchio Continente, il nostro partner commerciale più solido sono senza
dubbio gli Stati Uniti, dove «la grande presenza della
ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino - come spiega
Ramin Dabiri, di Vitis Imports - e poi ci sono consapevolezza e
dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle
etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e
Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo
la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari
va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica».
Nord America non
vuol dire solo Usa, anzi, e in Canada, ormai, «il vino italiano è
diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini
piemontesi, toscani e veneti - racconta Jean Louis Fortier, di Defori
Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in
Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari».
Chiudono questo
viaggio i mercati del Vecchio Continente, dove il vino italiano è conosciuto da
secoli. Come nel Regno Unito, dove, comunque, «c’è ancora tanto da
far conoscere, adesso vanno forte alcune regioni emergenti della Toscana,
Montecucco, Maremma e Morellino, ma - racconta Peter Ingram, di Vagabond
Wines - il mercato si sta muovendo anche su vini bianchi di carattere, come
il Timorasso”. E se il Prosecco “continuerà ad andare bene, vedo grosse
difficoltà per i metodo classico, che non riusciranno a scalzare lo Champagne
dalla sua posizione di leader».
Non sorprende più
la Germania, dove «i vini italiani costituiscono una fetta
importante del mercato - dice Nikola Birker, di Vino Donino - con
un’offerta che arriva da ogni regione e praticamente su ogni fascia di prezzo
sensibile».
Buono anche il
feedback della Svezia, dove, secondo Giovanni Brandimarti,
della Ward Wines Sweden, «non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla
crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono».
La chiave di volta per la conquista della Danimarca, invece, sta
nel food pairing: «il vino italiano va bene, il prezzo medio si aggira sui 5-8
euro, e i consumatori lo apprezzano molto perché si sposa benissimo con i nostri
cibi», spiega Erik Sekkelund Andersen di Cavalcade Wines.
Rimonta sulla
Francia anche in Olanda, dove «il prezzo è sì una variabile
importante - dice Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij -,
meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore
aggiunto è la ricchezza varietale». Più dura in Belgio, dove la
concorrenza con la Francia è ancora impari, «ma il consumatore - spiega Karel
Wilmots di Kwart Cgv - è molto preparato, e sa riconoscere e premiare il
giusto rapporto qualità/prezzo, su tutte le fasce di prezzo, e non importa da
che regione arrivi un vino».
La
Francia, insomma, è l’eterna rivale, certo non l’unica da cui
guardarsi, eppure, anche qui, c’è una nicchia di consumatori che hanno imparato
ad apprezzare l’Italia del vino, «salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di
Bordeaux: il consumatore francese - rivela Olivia Baldy di Millesima - ha
trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto
prezzo».
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