L'ABC DEL VINO
NEL PIU’ GRANDE
EATALY DEL MONDO
Oltre 50 edizioni dall’apertura del “negozio” di EatalyRoma (2013).
Posti esauriti fino al 16 giugno per il corso di degustazione “L'Abc del Vino” di primo livello.
“Un corso di sopravvivenza sul vino, per sapersi barcamenare tra bottiglie, etichette e calici”,
promettono gli ideatori dell’evento in uno dei settori più apprezzati della didattica di Eataly.
Lezioni di teoria e pratica per appassionati desiderosi di conoscere le principali regole da seguire nell’affascinante mondo dell’enogastronomia: dall’approccio all'analisi sensoriale, all’abbinamento del cibo al vino, al metodo di stappare e servire una bottiglia di vino; dalla scelta del bicchiere giusto, alla giusta temperatura di servizio, al saper leggere un'etichetta
italiana ed estera.
“L'Abc del Vino” era stato previsto con cadenza mensile ma, data l'alta richiesta dei clienti,
la programmazione gennaio-luglio è stata arricchita di nuovi appuntamenti che si sono
riempiti di presenze con velocità. Il primo nel 2016 è iniziato il 18 gennaio.
Qui, nella sede romana del grande “mercato” inventato da Oscar Farinetti nel 2004, “i corsi
di degustazione sul vino - raccontano i collaboratori dell’ufficio di staff - sono sempre tutti
al completo. Ogni edizione raggiunge il numero di 30-35 partecipanti. L'interesse è molto
alto, infatti la gran parte dei fruitori del corso “L'Abc del vino” si iscrive al livello successivo
“L'Abc del vino” secondo livello”
Il docente che abbiamo incontrato in uno di questi appuntamenti del mese di marzo è
Andrea Cormaci. Da qualche tempo collabora con la Fondazione Italiana Sommelier,
sodalizio che si è scisso dopo 30 anni dall’Associazione Italiana Sommelier, suddivisa un
tempo in varie delegazioni.
“Quella romana, in particolare - racconta Cormaci - era stata sempre molto attiva e
ampiamente diffusa nel territorio laziale, soprattutto per il grande lavoro fatto Roma,
dimostrato anche dal successo della rivista e guida Bibenda. Qualche anno fa
abbiamo deciso di dividerci, ma con l’Associazione Internazionale Sommelier
abbiamo fatto delle partnership importanti con docenti di un grande livello”
Comarci, com’ è programmato il corso “L'Abc del Vino” qui a Eatalyroma?
La durata è di tre giorni, durante i quali affrontiamo le tematiche “tecniche di
degustazione”, “abbinamento con i piatti” e “funzione del sommelier”, colui cioè
che è chiamato a fare il sommelier nel mondo del vino. Si parte dalla
comunicazione, alla gestione della cantina; dalla giusta temperatura di servizio, a
tutta una serie di argomenti da apprendere o approfondire non solo per gli
operatori del settore, che per necessità lavorativa hanno contatto con il cliente, ma
anche per gli appassionati, perché per poter degustare un vino bisogna
sicuramente conoscere le nozioni tecniche, ma soprattutto quelle pratiche.
Apprendere il gioco degli equilibri: come associare il vino ai cibi in maniera corretta
senza che nessuno dei due gusti prevalga sull’altro.
Si spieghi meglio?
Facciamo un esempio di cattivo abbinamento: se io utilizzo un bianco secco o
viceversa un bianco dolce con un certo tipo di dessert, il sapore potrebbe risultare
non gradevole al palato.
Questo perché bisogna sapere che l’abbinamento con il dolce si fa per
concordanza, mentre l’abbinamento con il cibo salato e il vino si fa per
contrapposizione. Quando cioè andiamo a contrapporre le componenti morbide del
vino alle componenti dure del piatto. Ad esempio ad un piatto dove c’è succulenza,
grassezza, untuosità deve necessariamente corrispondere un vino che vada a
contrapporsi con queste caratteristiche. Che cos’è che disidrata, che asciuga la
grassezza? Beh, sicuramente il tannino, l’alcool o l’effervescenza. Quindi è proprio
questo il gioco degli equilibri. Invece per l’abbinamento con il dolce si va, come
abbiamo detto, per concordanza: alla pietanza dolce necessariamente si abbina un
vino dolce. Solitamente un po’ per tradizione siamo abituati gustare il panettone
sorseggiando un prosecco o uno spumante brut, quindi un vino comunque non
dolce: è errato. Se andassimo a provare cibo dolce e spumante secco o, viceversa,
cibo dolce e spumante dolce, ci accorgeremmo della notevole differenza, perché è
proprio l’armonia che si crea nel palato a suggerire l’abbinamento corretto.
Ma c’è un metodo per affinare il palato? Saper riconoscere la qualità del vino non dipende
da una maggiore o minore sensibilità gustativa? E questa sensibilità è solo un fatto
naturale o si può acquisire con l’esperienza?
Beh è chiaro che bisogna avere una certa predisposizione, però è naturale che si
può acquisire con l’esperienza. Infatti la serie di lezioni che stiamo somministrando
serve a porre le basi per dare quelle che sono le giuste armi per poter distinguere
questi sapori e imparare a scindere il vino e anche il cibo una volta che viene
degustato. E’ chiaro che se uno non conosce la tecnica non può saperlo. E’ proprio
una questione di tecnica, allenandosi, facendo “palestra”. Teniamo presente
comunque che il corso di primo livello è composto da tre lezioni ed è un corso di
avvicinamento, non un corso da sommelier che dura anni.
Visto il successo di questo tipo di didattica, con il tutto esaurito ad ogni appuntamento e
per un costo tutto sommato non proprio economico (100 euro per circa 8 ore di lezione),
molta gente ogni anno ora viene acculturata sul mondo del vino. Secondo lei saper
riconoscere un buon vino aiuta a mantenere alta la qualità di questo prodotto, eccellenza
del Mady in Italy e con valori record sempre in crescita nell’export? Oppure, la ricerca e
l’acquisto di un buon vino rimane un fenomeno elitario, considerati i prezzi non proprio alla
portata di tutti i portafogli?
Posso dirle che personalmente ho sposato questa concezione, che è quella della
divulgazione delle cultura del vino e che ogni volta che mi trovo a casa con parenti
e amici parlo solo io e parlo solo di vino perché l’interesse è sempre altissimo in
Italia, e questo aiuta a scegliere un buon vino. E’ parte della tradizione culturale del
nostro Paese: chi di noi non ha avuto mai un parente, un nonno, uno zio, che faceva
il vino. Quante volte ci siamo ritrovati a tavola con il vino casareccio, ad assaporare
un po’ quello spunto acetico. Visto il livello di conoscenza che abbiamo in generale,
viste le informazione e la facilità di reperirle grazie anche alla tecnologia, a Internet,
è giusto che un popolo come il nostro inizi a vedere perfettamente cosa succede nel
vino e a scegliere il vino anche in base alle proprie esigenze o al proprio stato
d’animo, oltre che all’abbinamento col cibo.
Non sapere vuol dire anche rischiare di incorrere in vini che possono essere dannosi per
la salute.
E’ anche questo compito di voi docenti, immagino: insegnare a definire con il gusto la
qualità del vino.
Noi con la nostra tecnica di valutazione del vino andiamo proprio a far questo: a
giudicare un vino e dargli un punteggio sulla base di ciò che perfettamente vale.
Non perché la cantina è blasonata diamo per forza un punteggio alto. No, noi siamo
critici sulla qualità del vino e riusciamo ad essere obbiettivi, a scomporlo sulla base
di ciò che c’è all’interno della bottiglia.
Ci sono vini che fanno venire da subito il mal di testa. Come mai?
Quello è un problema relativo ai solfiti, soprattutto nei vini bianchi. Secondo me in
Italia dovremmo iniziare a sottolineare la loro presenza e inserire forse sull’etichetta
la quantità dei solfiti presenti nella bottiglia, che oggi ci dice solo che il vino
contiene solfiti. Ma non ci dice la percentuale dei solfiti contenuti in quella bevanda,
così come invece ad esempio è obbligatorio per le creme di bellezza. Questo è
assurdo. Perciò, ad oggi, per conoscere la quantità di solfiti utilizzati in una bottiglia
di vino occorrerebbe far analizzare il suo contenuto chimicamente.
Io posso solo cercare di trasmettere e far capire al pubblico quali sono i vini che
contengono solfiti e perché si utilizzano i solfiti, che in realtà sono degli antibatterici
e servono a stabilizzare il vino. Tutto però dipende dalla quantità di solfiti da
impiegare: i rossi generalmente hanno meno solfiti perché contengono delle
sostanze che comunque stabilizzano il vino e lo aiutano a mantenersi nel tempo.
Per quanto riguarda i vini bianchi, se ci sono ancora tracce di lieviti all’interno, se ci
sono zuccheri, quelli continuerebbero il processo di fermentazione, per questo i
solfiti fanno da antibatterico e stabilizzano il vino.
EATALY è anche questo: accrescere la cultura e la consapevolezza dei consumatori, a
partire, in materia di vini, dalla loro denominazione, che, come ci ha spiegato Andrea
Cormaci, dovrebbe corrispondere sempre a quella del luogo di coltivazione di una precisa
tipologia d’uva. Ma anche dal fatto di sapere che, ad esempio, l’uva del prosecco si
chiama uva glera e che in Italia ci sono ben 450 uve differenti. Così pure necessaria è la
conoscenza pratica, che parte, per esempio, dall’imparare a mescere un vino altamente
alcolico in un bicchiere molto ampio al fine di disperderne meglio l’alcol, piuttosto che
dall’importanza della successione giusta dei vini a tavola. Perché, regola prima, è sempre
il cibo che va abbinato al vino e non il contrario!
Durante le lezioni sono stati degustati i seguenti vini: Tufo Cutizzi Feudi di San Gregorio,
Pelaverga di Verduno del Castello di Verduno, Aglianico La Rivolta, Moscato d'Asti La
Selvatica,Verdicchio Bucci, Montefalco Rosso Caprai, Lambrusco Fondatore Chiarli,
Moscato di Noto Modica, Bianco Margherita Cantine Viola, Cacc' e mitte di Lucera Alberto
Longo, Chianti Classico Castellina di Castellare, Rosado Brut Segura Viuda,
Paola Navetta
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