domenica 20 marzo 2016

L'ABC DEL VINO NEL PIU’ GRANDE EATALY DEL MONDO

L'ABC DEL VINO 
NEL PIU’ GRANDE 
EATALY DEL MONDO

Oltre 50 edizioni dall’apertura del “negozio” di EatalyRoma (2013).

Posti esauriti fino al 16 giugno per il corso di degustazione “L'Abc del Vino” di primo livello.
 “Un corso di sopravvivenza sul vino, per sapersi barcamenare tra bottiglie, etichette e calici”,

promettono gli ideatori dell’evento in uno dei settori più apprezzati della didattica di Eataly. 

Lezioni di teoria e pratica per appassionati desiderosi di conoscere le principali regole da seguire nell’affascinante mondo dell’enogastronomia: dall’approccio all'analisi sensoriale, all’abbinamento del cibo al vino, al metodo di stappare e servire una bottiglia di vino; dalla scelta del bicchiere giusto, alla giusta temperatura di servizio, al saper leggere un'etichetta
italiana ed estera.

“L'Abc del Vino” era stato previsto con cadenza mensile ma, data l'alta richiesta dei clienti,
la programmazione gennaio-luglio è stata arricchita di nuovi appuntamenti che si sono

riempiti di presenze con velocità. Il primo nel 2016 è iniziato il 18 gennaio.
Qui, nella sede romana del grande “mercato” inventato da Oscar Farinetti nel 2004, “i corsi

di degustazione sul vino - raccontano i collaboratori dell’ufficio di staff - sono sempre tutti

al completo. Ogni edizione raggiunge il numero di 30-35 partecipanti. L'interesse è molto

alto, infatti la gran parte dei fruitori del corso “L'Abc del vino” si iscrive al livello successivo

“L'Abc del vino” secondo livello” 
Il docente che abbiamo incontrato in uno di questi appuntamenti del mese di marzo è

Andrea Cormaci. Da qualche tempo collabora con la Fondazione Italiana Sommelier,

sodalizio che si è scisso dopo 30 anni dall’Associazione Italiana Sommelier, suddivisa un

tempo in varie delegazioni.

“Quella romana, in particolare - racconta Cormaci - era stata sempre molto attiva e

ampiamente diffusa nel territorio laziale, soprattutto per il grande lavoro fatto Roma,

dimostrato anche dal successo della rivista e guida Bibenda. Qualche anno fa

abbiamo deciso di dividerci, ma con l’Associazione Internazionale Sommelier

abbiamo fatto delle partnership importanti con docenti di un grande livello”

Comarci, com’ è programmato il corso “L'Abc del Vino” qui a Eatalyroma?

La durata è di tre giorni, durante i quali affrontiamo le tematiche “tecniche di

degustazione”, “abbinamento con i piatti” e “funzione del sommelier”, colui cioè

che è chiamato a fare il sommelier nel mondo del vino. Si parte dalla

comunicazione, alla gestione della cantina; dalla giusta temperatura di servizio, a

tutta una serie di argomenti da apprendere o approfondire  non solo per gli

operatori del settore, che per necessità lavorativa hanno contatto con il cliente, ma

anche per gli appassionati, perché per poter degustare un vino bisogna

sicuramente conoscere le nozioni tecniche, ma soprattutto quelle pratiche.

Apprendere il gioco degli equilibri: come associare il vino ai cibi in maniera corretta

senza che nessuno dei due gusti prevalga sull’altro.

Si spieghi meglio?

Facciamo un esempio di cattivo abbinamento: se io utilizzo un bianco secco o

viceversa un bianco dolce con un certo tipo di dessert, il sapore potrebbe risultare

non gradevole al palato.

Questo perché bisogna sapere che l’abbinamento con il dolce si fa per

concordanza, mentre l’abbinamento con il cibo salato e il vino si fa per

contrapposizione. Quando cioè andiamo a contrapporre le componenti morbide del

vino alle componenti dure del piatto. Ad esempio ad un piatto dove c’è succulenza,

grassezza, untuosità deve necessariamente corrispondere un vino che vada a

contrapporsi con queste caratteristiche. Che cos’è che disidrata, che asciuga la

grassezza? Beh, sicuramente il tannino, l’alcool o l’effervescenza. Quindi è proprio

questo il gioco degli equilibri. Invece per l’abbinamento con il dolce si va, come

abbiamo detto, per concordanza: alla pietanza dolce necessariamente si abbina un

vino dolce. Solitamente un po’ per tradizione siamo abituati gustare il panettone

sorseggiando un prosecco o uno spumante brut, quindi un vino comunque non

dolce: è errato. Se andassimo a provare cibo dolce e spumante secco o, viceversa,

cibo dolce e spumante dolce, ci accorgeremmo della notevole differenza, perché è

proprio l’armonia che si crea nel palato a suggerire l’abbinamento corretto.

Ma c’è un metodo per affinare il palato? Saper riconoscere la qualità del vino non dipende

da una maggiore o minore sensibilità gustativa? E questa sensibilità è solo un fatto

naturale o si può acquisire con l’esperienza?


Beh è chiaro che bisogna avere una certa predisposizione, però è naturale che si

può acquisire con l’esperienza. Infatti la serie di lezioni che stiamo somministrando

serve a porre le basi per dare quelle che sono le giuste armi per poter distinguere

questi sapori e imparare a scindere il vino e anche il cibo una volta che viene

degustato. E’ chiaro che se uno non conosce la tecnica non può saperlo. E’ proprio

una questione di tecnica, allenandosi, facendo “palestra”. Teniamo presente

comunque che il corso di primo livello è composto da tre lezioni ed è un corso di

avvicinamento, non un corso da sommelier che dura anni.

Visto il successo di questo tipo di didattica, con il tutto esaurito ad ogni appuntamento e

per un costo tutto sommato non proprio economico (100 euro per circa 8 ore di lezione),

molta gente ogni anno ora viene acculturata sul mondo del vino. Secondo lei saper

riconoscere un buon vino aiuta a mantenere alta la qualità di questo prodotto, eccellenza

del Mady in Italy e con valori record sempre in crescita nell’export? Oppure, la ricerca e

l’acquisto di un buon vino rimane un fenomeno elitario, considerati i prezzi non proprio alla

portata di tutti i portafogli?

Posso dirle che personalmente ho sposato questa concezione, che è quella della

divulgazione delle cultura del vino e che ogni volta che mi trovo a casa con parenti

e amici parlo solo io e parlo solo di vino perché l’interesse è sempre altissimo in

Italia, e questo aiuta a scegliere un buon vino. E’ parte della tradizione culturale del

nostro Paese: chi di noi non ha avuto mai un parente, un nonno, uno zio, che faceva

il vino. Quante volte ci siamo ritrovati a tavola con il vino casareccio, ad assaporare

un po’ quello spunto acetico. Visto il livello di conoscenza che abbiamo in generale,

viste le informazione e la facilità di reperirle grazie anche alla tecnologia, a Internet,

è giusto che un popolo come il nostro inizi a vedere perfettamente cosa succede nel

vino e a scegliere il vino anche in base alle proprie esigenze o al proprio stato

d’animo, oltre che all’abbinamento col cibo.

Non sapere vuol dire anche rischiare di incorrere in vini che possono essere dannosi per

la salute.

E’ anche questo compito di voi docenti, immagino: insegnare a definire con il gusto la

qualità del vino.

Noi con la nostra tecnica di valutazione del vino andiamo proprio a far questo: a

giudicare un vino e dargli un punteggio sulla base di ciò che perfettamente vale.

Non perché la cantina è blasonata diamo per forza un punteggio alto. No, noi siamo

critici sulla qualità del vino e riusciamo ad essere obbiettivi, a scomporlo sulla base

di ciò che c’è all’interno della bottiglia.

Ci sono vini che fanno venire da subito il mal di testa. Come mai?

Quello è un problema relativo ai solfiti, soprattutto nei vini bianchi. Secondo me in

Italia dovremmo iniziare a sottolineare la loro presenza e inserire forse sull’etichetta

la quantità dei solfiti presenti nella bottiglia, che oggi ci dice solo che il vino

contiene solfiti. Ma non ci dice la percentuale dei solfiti contenuti in quella bevanda,

così come invece ad esempio è obbligatorio per le creme di bellezza. Questo è

assurdo. Perciò, ad oggi, per conoscere la quantità di solfiti utilizzati in una bottiglia

di vino occorrerebbe far analizzare il suo contenuto chimicamente.
Io posso solo cercare di trasmettere e far capire al pubblico quali sono i vini che

contengono solfiti e perché si utilizzano i solfiti, che in realtà sono degli antibatterici

e servono a stabilizzare il vino. Tutto però dipende dalla quantità di solfiti da

impiegare: i rossi generalmente hanno meno solfiti perché contengono delle

sostanze che comunque stabilizzano il vino e lo aiutano a mantenersi nel tempo.

Per quanto riguarda i vini bianchi, se ci sono ancora tracce di lieviti all’interno, se ci

sono zuccheri, quelli continuerebbero il processo di fermentazione, per questo i

solfiti fanno da antibatterico e stabilizzano il vino.

EATALY è anche questo: accrescere la cultura e la consapevolezza dei consumatori, a

partire, in materia di vini, dalla loro denominazione, che, come ci ha spiegato Andrea

Cormaci, dovrebbe corrispondere sempre a quella del luogo di coltivazione di una precisa

tipologia d’uva. Ma anche dal fatto di sapere che, ad esempio, l’uva del prosecco si

chiama uva glera e che in Italia ci sono ben 450 uve differenti. Così pure necessaria è la

conoscenza pratica, che parte, per esempio, dall’imparare a mescere un vino altamente

alcolico in un bicchiere molto ampio al fine di disperderne meglio l’alcol, piuttosto che

dall’importanza della successione giusta dei vini a tavola. Perché, regola prima, è sempre

il cibo che va abbinato al vino e non il contrario!

Durante le lezioni sono stati degustati i seguenti vini: Tufo Cutizzi Feudi di San Gregorio,

Pelaverga di Verduno del Castello di Verduno, Aglianico La Rivolta, Moscato d'Asti La

Selvatica,Verdicchio Bucci, Montefalco Rosso Caprai, Lambrusco Fondatore Chiarli,

Moscato di Noto Modica, Bianco Margherita Cantine Viola, Cacc' e mitte di Lucera Alberto

Longo, Chianti Classico Castellina di Castellare, Rosado Brut Segura Viuda,

Paola Navetta



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