mercoledì 15 giugno 2016

IL VINO IN CINA


Il vino in Cina

Economia, cultura, chimica e sensorialità del vino
in Cina affrontati da un’enologa cinese laureata in Italia.

Come affrontare questo nuovo mondo?
Cambiano i mercati, la Cina si impone nel mondo come potenza internazionale e si avvicina sempre più all’Occidente. I prodotti vengono importati ed esportati e con essi anche usi e costumi…e anche i gusti. Così
la Cina si avvicina al mondo enologico e inizia a produrre e consumare vino diventando un nuovo mercato per le cantine di tutto il mondo, anche quelle italiane.
La nuova frontiera dell’enologia è stata studiata da Shen XiuHui nel libro "Il vino in Cina: caratteristiche della
produzione interna e prospettive per gli importatori stranieri": la prima pubblicazione sui vini in Cina scritta
da una donna cinese laureata in Italia, all’Università di Udine, in Viticoltura ed Enologia.

L’opera affronta a trecentosessanta gradi la realtà del vino in Cina, analizzando con perizia il vino e la viticultura cinese, la situazione vitivinicola e il mercato attuale, le aziende cinesi leader del settore, il sistema di distribuzione e la normativa cinese. Un’opera questa che per prima mette sul banco di prova i vini di quella nazione attraverso l’analisi strumentale e sensoriale, delineandone i profili con precisione attraverso un panel di italiani. Shen XiuHui offre così una visione tridimensionale del fenomeno
considerando l’aspetto antropologico, tecnologico ed economico dalla doppia prospettiva, quella cinese e
quella italiana.
Abbiamo intervistato l’enologa cinese Shen Xiu Hui per scoprire presente e futuro del vino in Cina.
La Cina non è un paese tradizionalmente dedicato al vino. Come si è avvicinata a questo prodotto?
Il vino è un prodotto che tradizionalmente non viene consumato in Cina. Tutt’oggi i cinesi faticano a capirlo,
ma vi si stanno avvicinando sempre più perché è simbolo, insieme a molti prodotti occidentali, di una nuova
era e di uno status sociale a cui tutti ambiscono. Il vino è sempre stato infatti surclassato dalla produzione
di fermentati da cereale (molto più produttivi). Bisogna attendere la riforma economica degli anni 80 per
vedere incrementare i consumi, l’importazione e la produzione di vino in Cina.
Che vino piace ai cinesi?
La Cina è al quinto posto nel mondo per il consumo di vino. Prediletto è il vino rosso, più per motivi storici e
culturali, che per motivi sensoriali. Il vino si è diffuso nel paese soprattutto grazie all’opera dei francesi che,
forti di un’ importante operazione di marketing, sono da sempre i maggiori esportatori di vino in Cina. 

Il vino pregiato per i cinesi è francese, quindi rosso. Rosso è anche il colore del matrimonio, per buon auspicio
in occasione di questa cerimonia viene così consumato vino rosso.
Chi sono i consumatori cinesi di vino?
Il vino viene consumato soprattutto durante gli incontri di lavoro, in cui l’ospite fa mostra della sua potenza offrendo ai commensali grandi quantità di cibi e bevande lussuose. I principali consumatori di vino sonoquindi gli uomini tra i 30 e i 40 anni. Non vi è abitudine al uso domestico e quotidiano, sono soprattutto leoccasioni speciali ad accogliere il vino sulle tavole, specialmente per nelle classi medio alte. È infattipossibile acquistare bottiglie da migliaia di euro, o da 3 euro (cifra comunque alta per la popolazione).
Sta crescendo la cultura del vino in Cina?
Sono sempre di più le persone che si appassionano di vino in Cina, soprattutto benestanti attenti allo stile di vita occidentale. E insieme ai consumi cresce oggi anche la formazione e si diffondono i corsi di degustazione e di sommelier. Questi appassionati vengono fino in Europa, nelle cantine e alle fiere, per conoscere e informarsi. Anche lo Stato si sta aprendo al mondo e le Province inviano i giovani a studiare il vino in Italia. Quando mi sono iscritta al corso di enologia nel 2009 ero l’unica cinese, oggi a Udine ci sono almeno una ventina di miei connazionali.
Come hai conosciuto il vino italiano?
Sono arrivata in Italia grazie a un progetto di scambio internazionale con la scuola di cucina in cui studiavo.
Qui ho conosciuto i sommelier e ho iniziato a visitare con loro cantine e a partecipare a eventi prestigiosi. In
tutta sincerità quello col vino non è stato un amore a prima vista: è un prodotto che porta aromi e sensazioni lontane dalle mie abitudini enogastronomiche. 
Assaggiando e visitando le maggiori regioni di
produzione vinicola in Italia e in Germania (con i suoi ice wine), ho però lentamente imparato a conoscere
questa affascinante bevanda, i suoi aromi, la sua storia e la sua ricchezza.
Come si esporta il vino dall’Europa alla Cina?
I volumi di importazione di vino in Cina continuano ad aumentare. I più grandi esportatori di vino in Cina
sono i francesi, con loro ci sono spagnoli, argentini, italiani, australiani e cileni. In particolare la Cina importa
vino rosso proveniente da vitigni internazionali come il Cabernet e il Merlot, anche se ultimamente si sta
affacciando il mondo delle bollicine, oltre al classico Champagne, il prosecco e la Franciacorta. Non è facile
importare in Cina: la fase burocratica è complicata e onerosa, molte sono le documentazioni da presentare
e anche l’etichettatura deve sottostare a norme specifiche. Anche le tasse di importazione sono elevate,
ma, se armati di pazienza, il commercio del vino è assolutamente realizzabile e auspicabile. La fase più
complessa è in realtà legata alla logistica perché il paese è molto grande e le cantine occidentali non sanno
come muoversi sul territorio e che contatti utilizzare. 
Per importare è necessario conoscere bene il distributore e capire come lavora.
Nel commercio a distanza questi sono dettagli determinanti poiché è più diffi cile eff ettuare i controlli. I mercati principali nel paese sono quindi le grandi città come Shangai e Pechino e non la zona rurale, anche perché proprio nei centri urbani risiedono i ceti sociali in grado di acquistare il vino.
Com’è il vino cinese da un punto di vista chimico e sensoriale?
La Cina è al quarto posto fra i produttori di uva al mondo, ma il settore vinicolo cinese è ancora al principio
del suo sviluppo e presenta ancora tanti problemi nelle fasi di pro-duzione e di commercializzazione. La
coltivazione della vite è dedicata particolarmente ai vitigni a bacca rossa di tipo internazionale, più facilmente adattabili ai diversi terreni e più conosciuti ai consumatori. Qualitativamente il vino cinese è ancora poco performante. Abbiamo svolto test chimici e sensoriali su dei prodotti cinesi, analizzando i vini e utilizzando il metodo Big Sensory Test Avanzato® – vini rossi messo a punto dal Centro Studi Assaggiatori.
Dai dati ricavati dalle due analisi è emerso che, se dal punto di vista della composizione chimica i vini cinesi risultano abbastanza vicini agli standard internazionali, la loro qualità sensoriale è ancora scarsa. Sono stati infatti rivelati sentori di segatura e di acetone in quasi tutti i campioni, che sono risultati ossidati e di colore arancione. Un campione in particolare inoltre è  risultato dolce, leggero, piatto e poco profumato.
Come si può trasmettere la qualità sensoriale del vino italiano ai cinesi?
Sicuramente il punto di forza dei prodotti stranieri è la qualità, ma i cinesi faticano a comprenderla. Per
prima cosa percepiscono il brand e il valore sociale del prodotto. Fan-no fatica a capire la territorialità dei
vini. Se in Italia si cerca di valorizzare il singolo terroir in Cina faticano a capire la differenza tra Piemonte e
Toscana, siamo troppo lontani fisicamente e culturalmente. Hanno bisogno di un mediatore culturale che sia in grado di esprimere perché un vino sia legato al suo territorio, la sua tipicità e peculiarità, non solo dal punto di vista storico, ma anche e soprattutto da quello sensoriale.
Qual è il futuro del vino italiano in Cina?
L’Italia sta investendo in questo paese perché la Cina è un mercato interessante: è un foglio bianco su cui scrivere, va coltivata e serve tanta pazienza. Oggi le persone iniziano a essere più attente a quello che consumano , tanto che anche il consumo di vino in bottiglia sta aumentando a discapito di quello sfuso.
Questo gioca a favore dei vini non prodotti in Cina. Gli italiani lungimiranti devono investire oggi in questo
paese, prendere la valigia e stare in loco: conoscere le persone, formarle, imparare la logistica e la lingua.
Bisogna conoscere la Cina per fare comprare il vino ai cinesi. II cliente va creato sul posto. Tutte operazioni
queste che difficilmente possono essere aff rontate da una singola cantina. Se si vuole affrontare il mercato cinese bisogna quindi riunire più cantine, le loro forze ed economie per creare un brand che abbia maggiori mezzi a disposizione e che abbia un’immagine appetibile e facilmente comprensibile ai cinesi. Per fare questo potranno essere riunite ampie zone geografiche di produzione, come hanno fatto i francesi, o, perché no, anche raccolte cantine mosse da mission comuni.
Claudia Ferretti

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