La mixology di Silenzi,
Cristian Silenzi e Claudio Pitta |
la n°1 al mondo
da Londra
alle Officine
Riunite Milanesi
Le Officine Riunite Milanesi, locale giovane ma già in prima fila nel panorama della città, che apre le sue porte ai più grandi barman al mondo. Un'occasione per appassionati e non di viaggiare partendo da un bicchiere.
Officine Riunite Milanesi è giovane, nasce nel 2016, questa è la sua terza estate. Ma è già un must nel panorama della mixology del capoluogo lombardo.Una volta trovato - e dico così, perché così facile trovarlo non è, non essendo in rete -, dopo aver ammirato per un po' una veranda illuminata a tratti che tanto ricorda i piccoli locali caraibici nell'entroterra e le motociclette e le automobili in esposizione, ci si può immergere in un'atmosfera d'altri tempi e d'altri gusti.
Divani e posti a sedere enormemente spaziosi, perché qui l'obiettivo non è l'overbooking ma il divenire un punto di riferimento saldo e intoccabile dal tempo. L'illuminazione è fioca, appena accennata, per offrire all'ospite un mix tra relax e probizionismo, un silenzio di colori per vivere meglio l'esperienza sensoriale dei cocktail realizzati dalle abili mani del barman di casa Claudio Pitta.
La serata
Non un giorno come un altro alle Officine: l'occasione è la prima di una lunga serie, durante la quale si alterneranno dietro al bancone del locale quelli che secondo la 50 Best Bars, che di autorevolezza direi ne ha a sufficienza, sono i migliori barman del mondo. La 50 Best, esattamente come con i ristoranti, classifica i migliori locali al mondo. Raffaello Polchi, patron del locale, certamente convinto che niente possa far meglio apprendere se non l'esperienza sul campo, ha mandato i propri barman in giro per il mondo, alla scoperta di questi locali come di altri, alla scoperta di tradizioni per meglio dire, dalle quali prendere spunti utili a migliorare sia l'esperienza personale del mixologist che quella sensoriale dei clienti delle Officine. Vuoi i legami di amicizia, vuoi una rete ben salda costruita tra le punte massime della categoria bar sparpagliate nel mondo, è nata una collaborazione poi concretizzata in una serie di appuntamenti ed ospiti in quel di Milano.
Il primo è stato Cristian Silenzi: lui italiano, ma da anni a Londra, precisamente all'American Bar del The Savoy London, una vera e propria istituzione, nonché il primo nella classifica dei 50 Best.
I drink
Cristian, umile ma competente, spiritoso nel discorso ma serio sul lavoro, ha portato dal The Savoy una drink list composta da cinque proposte. E per non lasciare nulla al caso, le abbiamo degustate tutte.
Iniziamo con un White Nights: Tanqueray n°10, fig leaves infused bitter, vino di visciole, Belsazar Vermouth, Barolo chinato. Un vero gusto tutto all'italiana. «Il vino di visciole viene è tipico delle mie parti» e insieme al Barolo chinato dona al drink quel senso di casa, in perfetto equilibrio a quell'amaro del gin che nel complesso ricorda vagamente il più classico Negroni; le foglie di fico poi ritornano spesso nel discorso di Cristian, «è un incrediente che ho provato una sera da un collega, mi ha colpito, ho scelto a modo mio di riutilizzarlo». Poi il 7.000 Oaks: Johnnie Walker Blue Label, truffle honey, Underberg, Forrest foam. Un drink capace indubbiamente di destare curiosità in chi lo assaggia: incredibile come il tartufo, in tutta la sua intensità, non risulti stucchevole ad alcun sorso, ma anzi si completi confondendosi con i restanti ingredienti.
White Nights e 7.000 Oaks
È il turno dell'Only The Finest: Roe&Co, Sesame, Caramel peanuts, Pedro Ximenez, Bitter, Belsazar Vermouth. Quell'iniziale dolcezza, che più che gustare c'immaginiamo, si mixa subito con gli altri ingredienti regalando al palato un gusto generale tanto pieno ed intenso quanto leggero poi, una volta terminato l'assaggio; l'aromaticità è forte, il cocktail è perfettamente bilanciato. A seguire un più particolare Red Whisper: Casamigos Tequila, Tomato and celery water, Capers brine e Lime. Se l'acqua di pomodoro può spaventare all'inizio, ricordando ai meno temerari il temutissimo Bloody Mary, niente paura, perché Cristian l'ha combinata con la tequila, regalando infine un sapore meno invadente del pomodoro e senza un eccessiva presenza alcolica; solo freschezza in bocca, e genuinità, un cocktail da gustarsi lungo i litorali tardo-estivi del mar Mediterraneo.
Only The Finest e Red Whisper
L'ultimo cocktail lo beviamo al bancone, con lui in prima persona a prepararcelo. Il The Composer (Ketel One, Italicus, Rhubarb cordial e Champagne) lascia indubbiamente il segno. Semplice e diretto, non stanca, non delude mai e ti fa venire voglia di ordinarne subito un altro: in realtà dietro c'è una combinazione di ingredienti ben ponderata e non facile, con un'altrettanto curiosa scelta degli ingredienti, partendo proprio dallo sciroppo di rabarbaro. L'abbiamo assaggiato in purezza, dolce ma non troppo, gusto pieno ed avvolgente, sapore delicato che inebria il palato quasi a ritmo di musica. Bravo Cristian.
«Lavoro al Savoy ormai da un anno e mezzo. Con l'American Bar quest'anno siamo riusciti a vincere il Best International Bar Team, secondo me il miglior award che si possa desiderare, oltre naturalmente ai riconoscimenti Best Bar in Europa e Best Bar in the World». Fiero del suo percorso, Cristian, ha per qualche sera condiviso i suoi successi con le Officine, con i suoi barmen e naturalmente con il patron che ha dato il via a tutto questo, Raffaello Polchi.
Le Officine Riunite Milanesi, due chiacchiere con Raffaello Polchi
Il locale l'ho costruito tutto io. Ebbene sì, dai tavoli ai quadri, è tutta opera di Raffaello: «Qui prima c'era un'officina, non avevo assolutamente intenzione di farci un bar, anche perché io faccio principalmente un altro lavoro». Raffaello è nelle telecomunicazioni, un imprenditore milanese con la testa sulle spalle e tanta voglia di fare. Ma un po' per caso, un po' per passione, le Officine hanno preso vita egualmente. «I quadri che vedete appesi alle pareti non sono quadri storici come potrebbero sembrare. Raffigurati, nelle vesti di condottieri del passato o personaggi esotici, ci sono tutti coloro che hanno contribuito alla nascita e al successo di questa location».
Noi non siamo in rete. Facendo un altro lavoro e non avendo necessità di "fare cassa", Polchi può permettersi di realizzare qualche sfizio a cui altri locali invece devono rinunciare: «Ho deciso di stare fuori dalla rete, non voglio che le Officine siano il classico locale che per un certo periodo va di moda per poi essere dimenticato. Voglio diventare un punto fermo nella vita dei milanesi, voglio che i clienti ci scoprano e restino sorpresi da qualcosa che non credevano esistesse, proprio come un bambino di fronte ad un regalo di Natale... che se gli dici prima di cosa si tratta, poi che sorpresa è?».
Il trend è tornare al passato per riscoprirlo. Ma Polchi non parla di qualche anno fa, si riferisce ai secoli trascorsi. Così un po' si spiega l'arredo, un po' anche la mixology: «Giriamo per il mondo, riprendiamo tradizioni anche dimenticate e le mettiamo nel bicchiere. Vogliamo che il cliente da noi viaggi nel tempo e nello spazio». E ancora, «siamo stati in Oriente, a breve gireremo il nuovo continente, dagli Stati Uniti all'America Latina».
I cocktail con i fiori di curaro
A questo proposito, ci fa assaggiare un cocktail leggermente alcolico a base di pompelmo, ma accompagnato a parte da un fiore di curaro: «Veniva utilizzato, come tutti possono ricordare, come anestetico naturale». Questo assaggio esemplifica l'esperienza che Polchi vuole i suoi clienti vivano: prima assaggi il cocktail, ne percepisci l'aromaticità e naturalmente la gradazione alcolica, poi assaggi il fiore, aspetti un attimo, il tempo che la tua bocca si anestetizzi e cominci a "frizzare", dopodiché riprovi il cocktail e ti accorgi di non essere più in grado di percepire l'alcol presente in esso.
Non c'è che dire, le Officine, tra ospiti speciali ed esperienze nel bicchiere, sono ormai un must immancabile nel panorama della mixology milanese.
di Marco Di Giovanni
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