Una rondine
non fa primavera
e una sentenza
non ripulisce
il Gufo
TripAdvisor ha cercato di pulirsi la coscienza seguendo a ruota la denuncia di un ristoratore di Firenze per la vendita di recensioni false. Non basta, ora il Gufo dia battaglia ai truffatori nelle sedi opportune
Che TripAdvisor sia ambiguo, per usare un eufemismo, è ormai acclarato e noto ai più. Che arrivasse a cercare di rifarsi una verginità dopo una sentenza che smentisce tutto quello che ha sostenuto in questi anni è però un nuovo salto di qualità che ha del paradossale. Eppure, dopo la decisione del Tribunale di Lecce che identifica come reato il postare recensioni false da un account falso su TripAdvisor (condannando il titolare della società a 9 mesi di reclusione), il Gufo ha suonato la gran cassa, quasi che questa storica decisione della giustizia italiana fosse merito suo.
Per anni TripAdvisor ci ha detto che effettuava controlli rigorosi, che i mercanti di fake news erano banditi dal portale e che solo pochissimi commenti potevano essere falsi. È invece bastato che, finalmente, un giudice condannasse una delle innumerevoli agenzie italiane che vendono recensioni positive (o negative) per scalare le classifiche del Gufo (o per fare calare i concorrenti), e subito il primo portale per commenti tarocchi ha cercato di rifarsi una verginità. Già il fatto che a dare l’annuncio sia stato TripAdvisor, che ha commentato la sentenza con una nota del vicepresidente Brad Young, la dice lunga.
Già, perché la causa era stata avviata in realtà da un ristoratore a cui inizialmente il Gufo aveva opposto come sempre il muro di gomma. Ora TripAdivsor dice di essersi costituito parte civile in quel procedimento, ma non sappiamo quando lo abbia fatto, né con che modalità. Magari il tutto è avvenuto in prossimità della sentenza che non poteva che essere favorevole a chi aveva avviato la causa...
Ma senza mettere in dubbio la buona fede del Gufo in questo procedimento penale, ci soffermiamo sulle parole del vicepresidente di TripAdvisor secondo cui le loro «analisi tecniche (…) hanno portato ad identificare prima e poi a rimuovere o bloccare oltre mille tentativi di invio di recensioni su TripAdvisor ad opera di PromoSalento relative a centinaia di strutture». Il che spalanca un portone rispetto al verminaio creato in questi anni. Come l’agenzia condannata, ce ne sono infatti centinaia in Italia che operano con i medesimi meccanismi. Sarebbero quindi centinaia di migliaia i commenti fasulli che hanno generato assurde graduatorie e spinto troppi locali ad investire per non esserne troppo danneggiati. Una sorta di ciclo perpetuo che si è alimentato sull’imbroglio. E non può essere certo ora una sentenza che può cambiare un’immagine compromessa.
Negli ultimi tempi abbiamo cercato di seguire con meno pregiudizi e sincera attenzione gli annunci di collaborazioni e nuovi strumenti capaci di dare più garanzie al portale. In questa logica vogliamo considerare l’intervento di Brad Young solo come una scivolata a cui seguiranno fatti concreti. Se davvero TripAdvisor concorda sulla necessità di ripulire dal fango il portale, non ha che da avviare una serie di cause verso le agenzie che comprometterebbero la sua credibilità. Come Italia a Tavola saremmo pronti a dare la più ampia notorietà alle varie azioni legali e a trovare testimonianze. Come una rondine non fa primavera, così una sola sentenza non ripulisce il Gufo. E se poi avesse bisogno di indirizzi delle varie agenzie da citare in giudizio, siamo certi che i nostri lettori inonderebbero il Gufo. Ora che TripAdvisor non è più un soggetto così distante dalla giustizia italiana è tempo che si dia una mossa e si cambi un po’ le penne. Noi siamo pronti a sostenere un’operazione trasparenza vera.
di Alberto Lupini
direttore iTALIAATAVOLA
direttore iTALIAATAVOLA
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