Appunti di storia
della cucina
Cuochi,
oggi come
nell'antica Roma
Gastronomia, la civiltà della tavola, in tutte le sue componenti, dalla cucina alla cantina, dall'apparecchiatura al comportamento. Tutte insieme richiederebbero un'enciclopedia. Mi limiterò quindi a raccontare, con qualche "tuffo nella storia", come la cucina si sia evoluta, fino alle esigenze di oggi.
Mi limiterò quindi a raccontare, con qualche "tuffo nella storia", come la cucina si sia evoluta, fino alle esigenze di oggi. Esigenze legate alla vita convulsa di ogni giorno, quando però, contrariamente a quanto verrebbe di pensare, lo stare a tavola, specie per noi italiani, rappresenta un momento irrinunciabile della giornata.
Andando a ritroso, nella storia alimentare, si può constatare con sorpresa che i nostri antichi predecessori, in mancanza di un sostegno medico qualificato come quello attuale, già praticassero una sorta di terapia alimentare che consisteva nell'alternare a cibi particolarmente pesanti, come usava in passato, ortaggi e frutta in gran quantità, con lo scopo di favorire la digestione.
Un esempio pratico ci viene dato da un riferimento storico del periodo rinascimentale. In un pranzo celeberrimo, avvenuto a Tortona, in occasione delle nozze di Gian Galeazzo Sforza II con Isabella D'Aragona, uno dei piatti, che oggi potrebbe essere comunemente definito "antipasto", era la "torta buona alla lombarda" (una torta salata a base di formaggio fresco di capra ed erbette) ad aprire la sequenza delle portate. Veniva accompagnata da diverse qualità di frutta fresca, da gustare prima del piatto vero e proprio per favorire la buona digestione degli innumerevoli piatti che ad essa avrebbero fatto seguito. Nel cerimoniale del pranzo poi veniva prescritto di servire, a intervalli diversi, tisane tonificanti per il benessere dei commensali. Come si vede, uno stretto legame tiene unite le abitudini alimentari di allora con quello che si tenta di insegnare oggi, per un miglior utilizzo delle risorse della natura ad esclusivo beneficio della nostra salute.
Facendo un grosso salto, molto più indietro nel tempo, nel periodo ellenistico, esistevano particolari regole contenute nella "Batracomiomachia", attribuita ad Omero, ma probabilmente di epoca successiva. Qui si accenna a piatti molto elaborati per quel tempo, ad esempio schiacciate condite con formaggio e sesamo, fegatelli avvolti nella rete (presenti anche nella cucina rinascimentale mantovana e, ancora oggi, specialità della cucina toscana), dolci preparati con il miele ecc. In note del V e VI secolo a.C. si legge che l'arte culinaria ha raggiunto la perfezione e che probabilmente il merito di tale progresso va attribuito ai cuochi siciliani dell'epoca piuttosto che ai greci. D'altronde, anche in epoca romana i pranzi siculi erano rinomati fra i migliori.
A quel tempo il cuoco era considerato personaggio di grande importanza, tant'è vero che, mentre per tutte le altre mansioni si ricorreva agli schiavi, la cucina veniva affidata di norma a uomini liberi regolarmente retribuiti e trattati con grande rispetto. Una prova di queste affermazioni trova riscontro nella commedia dell'era attica: il cuoco era rappresentato come un libero professionista che prestava la sua opera in case diverse, dove si recava con tutta l'attrezzatura necessaria; la sua retribuzione variava secondo la sua fama, esattamente come nell'era attuale.
Tuttavia, la cucina antica trova il suo massimo splendore durante il periodo imperiale di Roma. Allora la cucina era organizzata come una vera e propria azienda, con numerosi preposti ad incarichi specializzati: al forno i "fornacarii", per le spese gli "opsonatores" (così chiamati anche locali per pasti veloci come gli attuali fast food), alle cucine i "coqui", alla pasticceria i "dulciarii" o "crustularii" e, sopra tutti, il capo cuoco, il vero "chef", "archimagirus".
Ho accennato a questa esaltazione dell'opera svolta in una grande cucina romana per evidenziare una singolare analogia con il tempo attuale. I grandi, rinomatissimi ristoranti di ogni parte del mondo suddividono oggi i compiti nelle loro cucine in modo pressoché identico a quello della Roma imperiale. Il seguito nella prossima puntata.
Passano i secoli, ma del lavoro in cucina permangono molte somiglianze
Andando a ritroso, nella storia alimentare, si può constatare con sorpresa che i nostri antichi predecessori, in mancanza di un sostegno medico qualificato come quello attuale, già praticassero una sorta di terapia alimentare che consisteva nell'alternare a cibi particolarmente pesanti, come usava in passato, ortaggi e frutta in gran quantità, con lo scopo di favorire la digestione.
Un esempio pratico ci viene dato da un riferimento storico del periodo rinascimentale. In un pranzo celeberrimo, avvenuto a Tortona, in occasione delle nozze di Gian Galeazzo Sforza II con Isabella D'Aragona, uno dei piatti, che oggi potrebbe essere comunemente definito "antipasto", era la "torta buona alla lombarda" (una torta salata a base di formaggio fresco di capra ed erbette) ad aprire la sequenza delle portate. Veniva accompagnata da diverse qualità di frutta fresca, da gustare prima del piatto vero e proprio per favorire la buona digestione degli innumerevoli piatti che ad essa avrebbero fatto seguito. Nel cerimoniale del pranzo poi veniva prescritto di servire, a intervalli diversi, tisane tonificanti per il benessere dei commensali. Come si vede, uno stretto legame tiene unite le abitudini alimentari di allora con quello che si tenta di insegnare oggi, per un miglior utilizzo delle risorse della natura ad esclusivo beneficio della nostra salute.
Facendo un grosso salto, molto più indietro nel tempo, nel periodo ellenistico, esistevano particolari regole contenute nella "Batracomiomachia", attribuita ad Omero, ma probabilmente di epoca successiva. Qui si accenna a piatti molto elaborati per quel tempo, ad esempio schiacciate condite con formaggio e sesamo, fegatelli avvolti nella rete (presenti anche nella cucina rinascimentale mantovana e, ancora oggi, specialità della cucina toscana), dolci preparati con il miele ecc. In note del V e VI secolo a.C. si legge che l'arte culinaria ha raggiunto la perfezione e che probabilmente il merito di tale progresso va attribuito ai cuochi siciliani dell'epoca piuttosto che ai greci. D'altronde, anche in epoca romana i pranzi siculi erano rinomati fra i migliori.
A quel tempo il cuoco era considerato personaggio di grande importanza, tant'è vero che, mentre per tutte le altre mansioni si ricorreva agli schiavi, la cucina veniva affidata di norma a uomini liberi regolarmente retribuiti e trattati con grande rispetto. Una prova di queste affermazioni trova riscontro nella commedia dell'era attica: il cuoco era rappresentato come un libero professionista che prestava la sua opera in case diverse, dove si recava con tutta l'attrezzatura necessaria; la sua retribuzione variava secondo la sua fama, esattamente come nell'era attuale.
Tuttavia, la cucina antica trova il suo massimo splendore durante il periodo imperiale di Roma. Allora la cucina era organizzata come una vera e propria azienda, con numerosi preposti ad incarichi specializzati: al forno i "fornacarii", per le spese gli "opsonatores" (così chiamati anche locali per pasti veloci come gli attuali fast food), alle cucine i "coqui", alla pasticceria i "dulciarii" o "crustularii" e, sopra tutti, il capo cuoco, il vero "chef", "archimagirus".
Ho accennato a questa esaltazione dell'opera svolta in una grande cucina romana per evidenziare una singolare analogia con il tempo attuale. I grandi, rinomatissimi ristoranti di ogni parte del mondo suddividono oggi i compiti nelle loro cucine in modo pressoché identico a quello della Roma imperiale. Il seguito nella prossima puntata.
di Toni Sàrcina
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
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