Col bonus alimentare
ai ristoranti
una spinta vera
al made in Italy
Finalmente un progetto concreto per valorizzare il ruolo della ristorazione e promuovere i prodotti agricoli italiani. Altro che gli aiuti della Castelli per cambiare business e mestiere. I 5mila euro proposti dalla Bellanova non sono la panacea, ma un segnale concreto di attenzione a un comparto in difficoltà.
Per ora siamo solo ad un annuncio, ma la proposta del ministro Teresa Bellanova è un primo segnale che il Governo sembra voler dedicare attenzione al mondo della ristorazione, riconoscendone formalmente il ruolo essenziale per la promozione della filiera agroalimentare. Il bonus di 5mila euro una tantum a fondo perduto per acquistare prodotti nazionali non sposta certo gli equilibri gestionali di ristoranti che, quando va bene, lavorano al 50% del periodo pre covid-19. Ma dopo tante chiacchere inutili pone la ristorazione e l’accoglienza fra le priorità del sistema Paese. E già questo non è poco se si pensa al clima di paura e di incertezza creato attorno a questo comparto. Non siamo certo al piano di rilancio varato in Francia, dove i cuochi sono uno dei simboli della grandeur, ma certo l’intervento del ministro delle Politiche agricole mette sul tavolo una risposta concreta e del tutto opposta all'uscita infelice del viceministro dell’Economia, Laura Castelli, che parla di velleitari nuovi business a cui indirizzare i ristoratori senza clienti, dimostrando di non avere alcuna idea del ruolo che un ristorante può svolgere per la nostra economia.
La Bellanova, in maniera magari un po’ approssimativa, ha fra l’altro fatto una scelta di campo che può sorprendere. Pur essendoci in Italia oltre 300mila locali che somministrano cibo, ha fatto una precisa selezione dicendo che il suo bonus sarebbe destinato “solo” a 180 mila fra ristoranti e pizzerie. Il che potrebbe significare che finalmente qualcuno vuole mettere un po’ di ordine e valorizzare solo le attività di ristorazione che hanno almeno un cuoco (o un pizzaiolo) e non locali dove si improvvisa un po’ di cucina senza competenze. Se così fosse confermato, non potremmo che plaudire a questo progetto che, ci permettiamo di aggiungere, andrebbe allargato anche al mondo della pasticceria, dove pure si utilizzano prodotti agricoli italiani.
Questa una tantum (che potrebbe anche essere rapportata in base ai fatturati dichiarati nel 2019, così da non sembrare assistenzialismo generico) garantirebbe un’immediata liquidità che farebbe bene ai ristoranti, ma anche al mondo dei produttori agricoli, comprese le cantine che forse più di altri fornitori soffrono per questo calo di consumi nel fuori casa.
Invece di spingere i ristoratori (oggi in difficoltà per ragioni per lo più estranee alle loro capacità) ad abbandonare il mercato come pensa da Castelli (aprendo di fatto la strada a catene di fast food o alla criminalità), la ricetta della Bellanova dà valore al mondo dell’Horeca riconoscendone il ruolo di promozione dell’agroalimentare nazionale di qualità. I ristoranti soffrono per molte ragioni, ma la chiusura obbligata prima e le limitazioni poi imposti dalle istituzioni sono la causa dell’attuale crisi. Parliamo di aziende che non sono state adeguatamente sostenute nemmeno sul piano sociale viste le difficoltà che hanno avuto nell’avere le coperture della casa integrazione per i dipendenti o i finanziamenti bancari. E che dire poi del fatto che scontano anche gli effetti dello smart working degli statali o dell’assenza dei turisti. Fenomeni temporanei che col ritorno alla normalità dovrebbero portare i ristoranti ad attività più o meno normali. Con questo intervento il Governo, anche se un po’ troppo timidamente, sembra volere riconoscere nei fatti il senso di abnegazione e di servizio pubblico di queste aziende e tentare di non ammainare una delle bandiere simbolo del made in Italy e del nostro stile di vita. Non possiamo che sostenerlo e invitare Conte e la Bellanova a dare attuazione al più presto a questo progetto, integrandolo ed irrobustendolo.
La Bellanova, in maniera magari un po’ approssimativa, ha fra l’altro fatto una scelta di campo che può sorprendere. Pur essendoci in Italia oltre 300mila locali che somministrano cibo, ha fatto una precisa selezione dicendo che il suo bonus sarebbe destinato “solo” a 180 mila fra ristoranti e pizzerie. Il che potrebbe significare che finalmente qualcuno vuole mettere un po’ di ordine e valorizzare solo le attività di ristorazione che hanno almeno un cuoco (o un pizzaiolo) e non locali dove si improvvisa un po’ di cucina senza competenze. Se così fosse confermato, non potremmo che plaudire a questo progetto che, ci permettiamo di aggiungere, andrebbe allargato anche al mondo della pasticceria, dove pure si utilizzano prodotti agricoli italiani.
Questa una tantum (che potrebbe anche essere rapportata in base ai fatturati dichiarati nel 2019, così da non sembrare assistenzialismo generico) garantirebbe un’immediata liquidità che farebbe bene ai ristoranti, ma anche al mondo dei produttori agricoli, comprese le cantine che forse più di altri fornitori soffrono per questo calo di consumi nel fuori casa.
Possibile sospiro di sollievo per i ristoratori
Invece di spingere i ristoratori (oggi in difficoltà per ragioni per lo più estranee alle loro capacità) ad abbandonare il mercato come pensa da Castelli (aprendo di fatto la strada a catene di fast food o alla criminalità), la ricetta della Bellanova dà valore al mondo dell’Horeca riconoscendone il ruolo di promozione dell’agroalimentare nazionale di qualità. I ristoranti soffrono per molte ragioni, ma la chiusura obbligata prima e le limitazioni poi imposti dalle istituzioni sono la causa dell’attuale crisi. Parliamo di aziende che non sono state adeguatamente sostenute nemmeno sul piano sociale viste le difficoltà che hanno avuto nell’avere le coperture della casa integrazione per i dipendenti o i finanziamenti bancari. E che dire poi del fatto che scontano anche gli effetti dello smart working degli statali o dell’assenza dei turisti. Fenomeni temporanei che col ritorno alla normalità dovrebbero portare i ristoranti ad attività più o meno normali. Con questo intervento il Governo, anche se un po’ troppo timidamente, sembra volere riconoscere nei fatti il senso di abnegazione e di servizio pubblico di queste aziende e tentare di non ammainare una delle bandiere simbolo del made in Italy e del nostro stile di vita. Non possiamo che sostenerlo e invitare Conte e la Bellanova a dare attuazione al più presto a questo progetto, integrandolo ed irrobustendolo.
© Riproduzione riservatadi Alberto Lupini
direttore
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