Effetto Covid e real estate:
i private equity comprano
gli hotel 5 stelle
Una piccola rivoluzione nel mondo dell’hotellerie: se prima della bomba pandemica sul mondo molte delle acquisizioni facevano riferimento a compratori “core” e istituzionali,
vale a dire operatori che effettuavano transazioni di hotel a reddito e catene alberghiere, adesso si fanno strada private equity e investitori value-add, con operazioni che puntano a creare valore riqualificando gli immobili che ospitano grandi hotel 5 stelle.E’ quanto emerge da una ricerca di EY, secondo cui nel primo semestre 2021 sono state realizzate 23 operazioni di compravendita di alberghi per un valore di 530 milioni di euro, con un totale di 2.200 stanze e transazioni che in media hanno interessato strutture con 100 stanze. Ebbene, secondo lo studio, il 68% di tali transazioni hanno avuto per protagonisti private equity e investitori value-add, in linea con quello che avveniva nel 2017, mentre nel 2020 la quota degli investimenti a reddito da parte dei player core era molto più alta, arrivando al 42%.
“Gli investimenti a reddito si sono fermati nel primo semestre di quest’anno perché c’è una forte preoccupazione sulla tenuta del mercato e quindi sulla stabilizzazione dei canoni di locazione”, spiega Marco Zalamena, head of hospitality di EY. “Anche gli investitori istituzionali hanno ridotto la liquidità e quindi anche il numero di transazioni”.
La legge della domanda e dell’offerta
Sotto il profilo delle dimensioni delle compravendite, a detta di Zalamena i prezzi dei trophy asset, ad esempio i 5 stelle lusso, sono rimasti invariati rispetto alla fase pre-Covid: il segno che gli investitori hanno apprezzato il fatto che gli hotel fossero in vendita, considerando che l’anno successivo potrebbe non esserci la stessa offerta sul mercato. Più del 50% dei deal ha riguardato gli hotel 5 stelle, il che dimostra come nel mercato dei 4 stelle e dei 3 stelle la domanda e l’offerta si incontrino assai meno facilmente, con la prima a caccia di occasioni al ribasso e la seconda decisa a non svendere in attesa di tempi migliori. L’effetto di tale discrazia sul mercato è presto detto: poche le transazioni rispetto alla domanda per questa fascia, i cui prezzi sono scesi tra il 10% e il 25% rispetto al 2019.
Non è scemato ad ogni modo l’interesse dei compratori: “Non ho mai visto così tanto interesse e direi ancora più di quello che ha contraddistinto il 2019, che è stato un anno record per gli investimenti”, sottolinea Zalamena. Che poi aggiunge: “A differenza di allora, quest’anno molti deal non si sono concretizzati, per vari motivi legati alla pandemia e alla difficoltà di fare incontrare domanda e offerta. Non ultimo, ha pesato la mancanza di alberghi italiani di grandi dimensioni, non permettendo di creare margini interessanti per gli investitori”.
Venezia protagonista
Tornando agli affari conclusi, il 78% dei deal concernenti 5 stelle nel primo semestre hanno interessato le 4 top city italiane: Roma, Venezia, Milano e Firenze. La vera protagonista è ststa la Città serenissima, con 260 milioni di euro di transato, pari al 49% del volume delle acquisizioni nel periodo gennaio-giugno 2021. Tra le principali transazioni in Laguna, bastic citare la vendita con patto di locazione dell’iconico Baglioni Hotel Luna, acquisito dal private equity britannico Reuben Brothers, e il passaggio di Bonvecchiati al fondo lussemburghese Ece, European Lodging Recovery Fund. BARTU'
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