LA
VENDEMMIA:
DOVE LA MANO
DOVE LA MANO
DELL’UOMO INCONTRA
IL PROFILO DEL VINO
IL PROFILO DEL VINO
Per
dare vita al vino è necessario raccogliere l’uva. Un’operazione
che può apparire semplice, ma che è affatto importante nella delineazione del
profilo sensoriale di ogni vino
Raccogliere l’uva e vendemmiare indicano in pratica la
stessa operazione, ma hanno significati molto diversi. Con il primo termine si
identifica semplicemente il distacco dei grappoli dalla vite per avviarli alla
vinificazione, mentre il secondo ha un’accezione molto più ampia sia in termine
tecnico, sia emotivo. In molte regioni l’uva chiude la serie annuale dei
raccolti e, quando non rappresenta il più importante, ne è comunque il più
festante. Tra tutti è tra quelli che un tempo necessitava della maggiore
manodopera e quindi si proponeva come l’incontro annuale di una comunità, molte
volte del parentado in parte inurbato. Di giorno si raccoglievano le uve, di
sera si pigiavano alla luce flebile delle cantine. Con l’avvento della
specializzazione produttiva, della produzione su larga scala o comunque
aggregata (come succede nelle cantine cooperative) e della meccanizzazione la
vendemmia ha perso un po’ l’aria della festa e con i cambiamenti climatici in
atto che l’anticipano anche a fine luglio (stiamo ovviamente parlando del
nostro emisfero) ha perso anche quel senso del preludio alla stagione fredda
che distingue il riposo agricolo. Sotto il profilo tecnico rimane comunque un’operazione
fondamentale per la buona riuscita del vino. In molte vigne si esegue con più
passate per raccogliere solo i grappoli ben maturi e non mancano i casi in cui,
quando si esegue a mano, si proceda a una divisione del raccolto per separare i
grappoli migliori destinandoli a un certo tipo di vino.
La vendemmia e il profilo
sensoriale del vino
La natura la vuole matura, intendendo con questo termine che sia giunto a maturazione anche il seme, con le conseguenti capacità di germinare originando una nuova pianta. In tale momento l’uva presenta la massima concentrazione di aromi, un equilibrio tra zuccheri e acidi conformi all’andamento climatico e a come è stata condotta la vite, e ha abbassato le difese nei confronti dei predatori esterni polimerizzando adeguatamente i polifenoli (tra i quali i tannini) e facendo sparire del tutto o quasi le pirazine, classiche molecole dal sentore vegetale.
sensoriale del vino
La natura la vuole matura, intendendo con questo termine che sia giunto a maturazione anche il seme, con le conseguenti capacità di germinare originando una nuova pianta. In tale momento l’uva presenta la massima concentrazione di aromi, un equilibrio tra zuccheri e acidi conformi all’andamento climatico e a come è stata condotta la vite, e ha abbassato le difese nei confronti dei predatori esterni polimerizzando adeguatamente i polifenoli (tra i quali i tannini) e facendo sparire del tutto o quasi le pirazine, classiche molecole dal sentore vegetale.
Raccogliere l’uva
Vendemmiare Uva matura
Uva non del tutto matura
Raccolta “tardiva”
Uva integra e uniforme
Giusta temperatura
Il profilo sensoriale
Se l’uva è raccolta prima della maturazione fisiologica il
vino che ne deriverà presenterà: • una minore gradazione alcolica in quanto il frutto è meno
ricco di zuccheri; • un’acidità
più elevata, non solo per il maggior patrimonio acidico dell’uva, ma anche per
la difficoltà di innesco della fermentazione malolattica con la conseguente
trasformazione di composti a maggiore forza acida (acido malico) in altri che
ne hanno meno (acido lattico). La maggiore forza acida e la minore ricchezza
alcolica contrasteranno inoltre i fenomeni di salificazione e anche questo
contribuirà a fare percepire nel vino una maggiore acidità; • un minore patrimonio aromatico
soprattutto nella frazione di cui sono portatrici quelle molecole che vengono sintetizzate
direttamente dalla vite (per esempio i terpeni che distinguono uve aromatiche
come Moscato, Mueller Thurgau, Traminer ecc.);
• un quadro aromatico comunque differente rispetto a quello ottenuto con uva matura in quanto i microrganismi che sono intervenuti nella elaborazione del vino hanno lavorato in un ambiente diverso; • una maggiore presenza del vegetale, più evidente quando il vino deriva da certi vitigni (per esempio Merlot e Cabernet) che contengono molecole particolari come le pirazine e altre;
• una maggiore astringenza nei vini rossi, sia per la più elevata quantità di polifenoli non polimerizzati, sia per la maggiore acidità che accentua, sotto il profilo sinestesico e fisiologico, tale percezione;
• una minore intensità e concentrazione di colore nei vini rossi per la carenza di antociani. Tuttavia, ci sono casi in cui si preferisce avere uve non ancora giunte a completa maturazione, e sono proprio quelli (come nel caso di elaborazione di certi spumanti) in cui si preferisce preservare un certo patrimonio acidico e/o non avere gradazioni troppo elevate. In altri casi la vendemmia può essere “tardiva” per ottenere un appassimento sulla pianta, con intervento o meno da parte della Botrytis, una muffa che in questo caso viene definita nobile. In genere la vendemmia tardiva si esegue nel per l’elaborazione di vini da dessert. Un esempio estremo è rappresentato dagli ice wine canadesi e dagli eiswine tedeschi in cui le uve si lasciano sulla pianta fino al giungere del gelo. Mentre con l’intervento della muffa (infavatura) è l’agente biologico a sottrarre acqua agli acini, con la ghiacciatura dei grappoli l’acqua è eliminata attraverso i cristalli che si formano, allontanati nel successivo processo di ammostamento. Se la natura vuole l’uva matura, l’enologo la vuole integra, uniforme e alla giusta temperatura.
Si presenta quindi ideale la raccolta manuale svolta con più passate in vigneto, con raccoglitori attenti che scelgono solo grappoli maturi e li depongono delicatamente in ceste piccole in modo che il peso degli strati superiori non abbiano a comprimere gli strati inferiori fino a produrre la fuoriuscita del succo dagli acini. Occorre infatti pensare che non appena il succo esce dall’acino incontra la buccia del medesimo che microbiologicamente è molto attiva e quindi iniziano subito le trasformazioni biologiche. Ma:
• non sappiamo quali tipi di microrganismi prendano il sopravvento e quindi si potrebbero rilevare aumenti di acidità volatile (acido acetico in particolare), ossidazioni della pruina con formazione di odori di rancido e sudore per la formazione di particolari molecole (aldeidi insature, per esempio) o di vegetale (per la generazione di esanale e di sotolone, quest’ultimo responsabile dell’odore di mallo di noce) o, ancora, di mela stramatura/ marcia (etanale); • non si ha la possibilità di controllare la temperatura con la conseguenza che anche eventuali lieviti buoni potrebbero rendersi protagonisti di fermentazioni deviate;
• se trattasi di uva bianche comincia l’estrazione di sostanze coloranti indesiderate perché foriere di successivi fenomeni ossidativi nei vini. Un tempo per ovviare a questi inconvenienti si usava cospargere le uve con prodotti contenenti solfiti, ma il rimedio si rivelava peggiore del male. Oggi, con la tendenza a ridurre sempre più questi coadiuvanti, la pratica si è estinta. Per quanto riguarda l’uniformità si torna al discorso dell’uva al voluto grado di maturazione: grappoli sul filare a diverse altezze e diversa esposizione, chicchi rivolti al sole o verso la zona d’ombra, non possono raggiungere insieme lo stesso livello di maturità.
Con la vendemmia scalare (con più passate sui filari) si elimina la macrodiversità tra un grappolo e l’altro, ma non tra acini. Ecco perché per i grandi vini qualcuno esegue ancora la sgranellatura con la selezione chicco per chicco. Tra un po’ si potrà forse tornare a questa pratica con maggiore frequenza, in modo automatico, mediante ingegnosi strumenti che possono leggere a passaggio la concentrazione di zuccheri e di acidi. Ultima, ma non per importanza, la giusta temperatura. Con le variazioni climatiche e la conseguente anticipazione delle vendemmie nel nostro emisfero rischiamo di avere frutti che arrivano in cantina sempre più caldi. Soprattutto nel caso delle vinificazioni in bianco questo complica non poco le cose, dovendo eliminare le parti solide del grappolo prima dell’inizio della fermentazione.
Ed ecco allora che esistono persino le vendemmie notturne. Oggi anche se non c’è la luna piena: per fortuna è stata inventata la corrente elettrica. Logicamente gli sforzi per ottenere uve perfettamente integre, uniformi e alla giusta temperatura sono tarati in funzione del pregio della materia prima e del prezzo sostenibile dal vino che si va a produrre. Non occorre dunque scandalizzarsi dell’avvento della vendemmia meccanica.
Luigi Odello
• un quadro aromatico comunque differente rispetto a quello ottenuto con uva matura in quanto i microrganismi che sono intervenuti nella elaborazione del vino hanno lavorato in un ambiente diverso; • una maggiore presenza del vegetale, più evidente quando il vino deriva da certi vitigni (per esempio Merlot e Cabernet) che contengono molecole particolari come le pirazine e altre;
• una maggiore astringenza nei vini rossi, sia per la più elevata quantità di polifenoli non polimerizzati, sia per la maggiore acidità che accentua, sotto il profilo sinestesico e fisiologico, tale percezione;
• una minore intensità e concentrazione di colore nei vini rossi per la carenza di antociani. Tuttavia, ci sono casi in cui si preferisce avere uve non ancora giunte a completa maturazione, e sono proprio quelli (come nel caso di elaborazione di certi spumanti) in cui si preferisce preservare un certo patrimonio acidico e/o non avere gradazioni troppo elevate. In altri casi la vendemmia può essere “tardiva” per ottenere un appassimento sulla pianta, con intervento o meno da parte della Botrytis, una muffa che in questo caso viene definita nobile. In genere la vendemmia tardiva si esegue nel per l’elaborazione di vini da dessert. Un esempio estremo è rappresentato dagli ice wine canadesi e dagli eiswine tedeschi in cui le uve si lasciano sulla pianta fino al giungere del gelo. Mentre con l’intervento della muffa (infavatura) è l’agente biologico a sottrarre acqua agli acini, con la ghiacciatura dei grappoli l’acqua è eliminata attraverso i cristalli che si formano, allontanati nel successivo processo di ammostamento. Se la natura vuole l’uva matura, l’enologo la vuole integra, uniforme e alla giusta temperatura.
Si presenta quindi ideale la raccolta manuale svolta con più passate in vigneto, con raccoglitori attenti che scelgono solo grappoli maturi e li depongono delicatamente in ceste piccole in modo che il peso degli strati superiori non abbiano a comprimere gli strati inferiori fino a produrre la fuoriuscita del succo dagli acini. Occorre infatti pensare che non appena il succo esce dall’acino incontra la buccia del medesimo che microbiologicamente è molto attiva e quindi iniziano subito le trasformazioni biologiche. Ma:
• non sappiamo quali tipi di microrganismi prendano il sopravvento e quindi si potrebbero rilevare aumenti di acidità volatile (acido acetico in particolare), ossidazioni della pruina con formazione di odori di rancido e sudore per la formazione di particolari molecole (aldeidi insature, per esempio) o di vegetale (per la generazione di esanale e di sotolone, quest’ultimo responsabile dell’odore di mallo di noce) o, ancora, di mela stramatura/ marcia (etanale); • non si ha la possibilità di controllare la temperatura con la conseguenza che anche eventuali lieviti buoni potrebbero rendersi protagonisti di fermentazioni deviate;
• se trattasi di uva bianche comincia l’estrazione di sostanze coloranti indesiderate perché foriere di successivi fenomeni ossidativi nei vini. Un tempo per ovviare a questi inconvenienti si usava cospargere le uve con prodotti contenenti solfiti, ma il rimedio si rivelava peggiore del male. Oggi, con la tendenza a ridurre sempre più questi coadiuvanti, la pratica si è estinta. Per quanto riguarda l’uniformità si torna al discorso dell’uva al voluto grado di maturazione: grappoli sul filare a diverse altezze e diversa esposizione, chicchi rivolti al sole o verso la zona d’ombra, non possono raggiungere insieme lo stesso livello di maturità.
Con la vendemmia scalare (con più passate sui filari) si elimina la macrodiversità tra un grappolo e l’altro, ma non tra acini. Ecco perché per i grandi vini qualcuno esegue ancora la sgranellatura con la selezione chicco per chicco. Tra un po’ si potrà forse tornare a questa pratica con maggiore frequenza, in modo automatico, mediante ingegnosi strumenti che possono leggere a passaggio la concentrazione di zuccheri e di acidi. Ultima, ma non per importanza, la giusta temperatura. Con le variazioni climatiche e la conseguente anticipazione delle vendemmie nel nostro emisfero rischiamo di avere frutti che arrivano in cantina sempre più caldi. Soprattutto nel caso delle vinificazioni in bianco questo complica non poco le cose, dovendo eliminare le parti solide del grappolo prima dell’inizio della fermentazione.
Ed ecco allora che esistono persino le vendemmie notturne. Oggi anche se non c’è la luna piena: per fortuna è stata inventata la corrente elettrica. Logicamente gli sforzi per ottenere uve perfettamente integre, uniformi e alla giusta temperatura sono tarati in funzione del pregio della materia prima e del prezzo sostenibile dal vino che si va a produrre. Non occorre dunque scandalizzarsi dell’avvento della vendemmia meccanica.
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