Flessibile
e biodegradabile
L’elettronica
diventa... green
Un nuovo semiconduttore sviluppato dai ricercatori di
Stanford potrebbe avere applicazioni in campo medico e ambientale senza
aumentare i rifiuti elettronici
Imita il funzionamento della pelle umana in modo da
sviluppare dispositivi che si possono allungare, auto riparare e che si
decompongono
Ripensare
l’elettronica, per un mondo migliore e meno inquinato. Un rapporto del
Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente stima che quasi 50 milioni di
tonnellate di elettronica diventeranno un rifiuto quest’anno, superando di
oltre il 20% il valore del 2015. Per questo motivo è diventato impellente
creare elettronica “eco friendly”. Ed è proprio questo l’obiettivo di Zhenan
Bao, ricercatrice di Stanford, e del suo team, con un progetto che ha
dell’incredibile: sono riusciti a creare elettronica che imita il funzionamento
della pelle umana, in modo da sviluppare dispositivi che si possono allungare,
auto riparare e che siano, allo stesso tempo, biodegradabili.
“Avevamo
raggiunto i primi due obiettivi, flessibilità e capacità di auto ripararsi,
quindi volevamo occuparci della biodegradabilità”, ha spiegato Zhenan Bao. Il
team è così riuscito a creare un dispositivo elettronico flessibile che può
degradarsi facilmente aggiungendo un acido debole come l’aceto. “Questo è il
primo esempio di un polimero semiconduttivo che può decomporsi”, ha affermato
il principale autore dello studio Ting Lei. Oltre al polimero, il team ha
sviluppato un circuito elettronico degradabile e un nuovo substrato biodegradabile
per il montaggio dei componenti. In questo modo quando il dispositivo
elettronico non è più necessario, tutto l’insieme si può biodegradare in
componenti non tossiche.
Il
nuovo circuito elettronico non è basato sull’oro, bensì su componenti in acciaio.
Zhenan Bao ha spiegato che l’acciaio è un prodotto molto ecologico e non è
tossico per gli esseri umani. Il substrato è invece basato sulla cellulosa, la
stessa sostanza di cui è fatta la carta. Il team ha alterato le fibre di
cellulosa affinché diventasse trasparente e flessibile, conservandone le
capacità di rottura e la possibilità di applicare l’elettronica alla pelle o
impiantarla nel corpo.
Secondo i ricercatori questa nuova
soluzione potrebbe essere usata per creare cerotti per misurare la pressione
sanguigna, il valore del glucosio e il sudore. Una persona potrebbe indossare
il cerotto per un giorno o una settimana, e poi scaricare i dati raccolti.
Per
quanto riguarda gli impianti, per l’applicazione sarebbero necessari più studi
a causa dell’invasività, ma c’è del potenziale. L’elettronica biodegradabile
potrebbe essere usata anche per fare indagini su aree molto vaste in località
remote. Per esempio si potrebbero lanciare da un aereo sensori biodegradabili
per monitorare il paesaggio, come una foresta. Oggi, infatti, è difficile
monitorare delle aree molto ampie con i sensori senza contaminare l’ambiente.
Stampato in 3D, questo nuovo materiale della NASA
si presta a centinaia di utilizzi spaziali e apre la strada a un futuristico
tipo di ingegneria
Tessuto metallico multiuso
Sembra
la cotta di un cavaliere medievale, ma in realtà è l’ultimo super materiale
messo a punto dalla NASA nei laboratori del JPL (Jet Propulsion Laboratory): è
formato da tanti quadratini di metallo lucido uniti tra loro come in una catena
e si presta agli utilizzi più svariati. Punto di forza di questo tessuto
spaziale è che può essere realizzato a costi relativamente contenuti grazie
alla stampa 3D: i singoli elementi che lo compongono non vengono infatti
prodotti separatamente e poi assemblati, ma stampati direttamente nella loro
configurazione definitiva.
Versatilità
Gli
ingegneri della NASA pensano di utilizzare questo nuovo materiale per costruire
antenne flessibili e leggere da dispiegare nel cosmo ma anche per realizzare
schermature di nuova concezione per navicelle e tute spaziali.
Il
super tessuto infatti ha due facce: una lucida in grado di riflettere luce e
calore, e quindi ottima per evitare il surriscaldamento, e una opaca che
trattiene il calore e può essere utilizzata per isolare i veicoli spaziali
inviati su pianeti particolarmente freddi.
La
forma che vuoi tu
Essendo
modulare, questo materiale può essere realizzato in configurazioni diverse, ma
può anche essere piegato in mille modi e assumere così le forme più varie a
seconda dell’utilizzo che se ne vuole fare.
Secondo
Polit Casillas, l’ingegnere del JPL di Pasadena a capo del progetto, in futuro
gli astronauti potranno stampare direttamente nell’universo questo e altri
materiali, o addirittura riciclarli quando non saranno più utilizzabili..
Il
futuro è oggi
Nella
visione dei ricercatori il nuovo tessuto apre la strada a scenari ai confini
della fantascienza: i veicoli spaziali di dopodomani per esempio, invece che
essere assemblati a partire da migliaia di pezzi, ciascuno dei quali soggetto a
guasti e rotture, potrebbero essere realizzati in un unico processo di stampa,
molto più sicuro e meno costoso. Questa tecnica viene chiamato stampa in 4D
perché sono in grado di stampare sia la geometria che la funzione di questi
materiali.
(Panorama Edit)
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