San Martino
alla Masseria
Trullo di Pezza
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In una elegante pubblicazione di Adda sulle più belle masserie di Puglia, “Trullo di Pezza” è definito “un nome curioso”. Un nome che fa riferimento a una di quelle costruzioni tronco-coniche, tanto tipiche in Puglia.
Questa costruzione probabilmente un tempo se ne stava relegata in un qualche angolo della tenuta, “tra i vigneti, a simboleggiare un legame stretto tra l’uomo e il lavoro contadino”. “Pezza” invece rimanda ai giochi dell’infanzia, quelli di una volta, senza smartphone e tablet, quando le bambole - e, forse, anche i trulli - erano di pezza. Non è così, ovviamente: il termine pezza “deriva senza alcun dubbio dalla parola appezzamento, riferito alle parcelle, ai frazionamenti dei terreni”.Qui, su oltre un centinaio di ettari coltivati a vigna e olivo, sorge un elegante edificio costruito attorno al 1830 e di recente ristrutturato. Avvenne nei primi anni del Terzo Millennio, ad opera di Pietro Lacaita. La cui operazione non travolse pietre e stravolse il senso della piccola masseria. Bensì provò ad assecondare quel che avevano inteso realizzare gli antichi padroni del tenimento e le linee precise, nette, geometriche della costruzione originaria.
E questa esperienza di assecondamento della natura ha proseguito il suo corso con la natura circostante. Le produzioni della famiglia Lacaita, dall’olio al vino, sono infatti rigorosamente biologiche, rigorosamente certificate.
Fave bianche e sivoni
Siamo a Torricella, in provincia di Taranto, quando è già Salento. Siamo a pochi chilometri dal mare, ma nel cuore della campagna. La masseria sorge lungo la provinciale che porta a Lizzano. Siamo, insomma, in una delle patrie del vino buono delle Puglie (mai plurale fu tanto appropriato). Terra salmastra il giusto, quindi, ma rossa e ferrosa.Approfittare di San Martino per parlare di vino può apparire scontato, perfino banale. Ma come sempre dipende dalla qualità dell’offerta. E al Trullo di Pezza l’occasione è stata colta nel migliore dei modi. A cominciare dall’accoglienza riservata all’ospite dalle “gentili” - citiamo sempre il volume di Adda sulle masserie pugliesi - padrone di casa Marika e Simona Lacaita.
San Martino, dunque. Il santo protettore degli amanti del vino. Lui che, stando a quel che si narra, è stato protagonista, come Gesù a Cana, della trasformazione dell’acqua in vino. Nel solco della tradizione cattolica - che come sempre affonda le proprie radici in riti e miti precristiani - quelli del Trullo di Pezza hanno organizzato un convivio di sensi, di gusti, di fuoco e di cuore, tra celebrazione di vini nuovi e degustazione di gastronomia tradizionale.
Sin dal mattino, grazie al Movimento Turismo del Vino, è stato possibile visitare la cantina, incontrare chi il vino lo produce e degustare un calice ascoltando la storia della famiglia Lacaita e del suo impegno verso il territorio. Tra gli anfitrioni, Piero Spinelli, genero del signor Pietro, e del suo impegno verso il territorio. Della sua fatica e dei suoi successi. Fino alle 80mila bottiglie prodotte quest’anno.
Crema di broccoli e pane
Nell’occasione, s’è ripresa ed attualizzata una antica tradizione tutta salentina che ha visto, negli anni, la produzione di vino novello. La novità, per quest’azienda che opera nella terra del Primitivo di Manduria, è che non è stato il vino novello ad essere celebrato, bensì il vino nuovo, quello appena spillato dalle botti. Il tutto, in un contesto di particolari suggestioni, che ha previsto anche un wine-tasting alla cieca, per l’occasione organizzato nel luogo in cui i vini riposano e assumono la loro identità, nel cuore della cantina.
La serata ha avuto come mattatrici, nella sua prima parte, la sommellier Jlenia Gigante, l’enologo Gaia Muci e Chiara D’Adamo, collaboratrici di Slow Wine Puglia. Gli ospiti sono stati accompagnati in un percorso che ha portato dal Trentino alla Francia, per arrivare a scoprire i vini nuovi pugliesi. Storia, terroir, tradizione, culture enoiche a confronto per un viaggio intrigante e curioso, come declinato dalle tre guide. Un cammino che ha portato dallo Scarfoglio (un aglianico del Salento) al Mezza Pezza (un primitivo Salento tra i 16 e i 18 gradi), fino al Licurti (classico primitivo di Manduria) e al Dieci Grana (Fiano del Salento).
Poi, la festa: un trionfo di vino, di cibo, di note musicali popolari e sofisticate al contempo. E qui è entrato in scena un altro protagonista, il cuoco di Casamatta Pietro Penna, da poco insignito di un “cappello” dalla guida de L’Espresso, con il sigillo di garanzia di Alma, la scuola di cucine di Colorno, fondata da Gualtiero Marchesi. E qui è stato un trionfo di salumi e formaggi, di melanzane alla poverella e di orecchiette (immancabili: siamo in Puglia, no?), di fave e “sivoni” (stessa domanda di prima: l’imprinting della terra dello stivale), di crema di broccoli (straordinaria), di coniglio e di minestra di legumi.
Nell’intorno, la campagna pugliese, muretti a secco e fichi d’india, vitigni e uliveti a perdita d’occhio. Che la mano dell’uomo cura con amorevole passione. Così la fatica si sente meno.
Per informazioni: www.trullodipezza.com
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