Tra scetticismo
e diffidenza,
timidi segnali
di convergenza
tra le Guide
Continuando a parlare di Guide enologiche, proviamo ad andare dentro ed oltre la mera aggregazione dei punteggi, principale alleata del pregiudizio che rende noiose e prevedibili le discussioni in rete.
Disaggregando le stesse evidenze statistiche e scendendo dal piano nazionale a quello regionale non si può non cogliere una direzione prevalente della critica (poi ognuno se ne serva come vuole). Che il Piemonte sia andato meglio della Toscana è opinione massicciamente condivisa comparando le varie pubblicazioni. Certo, un conto è vincere di misura (77 a 76 i Tre Bicchieri del Gambero Rosso), un altro è dominare (135 a 94 i Cinque Grappoli di Bibenda), ma il macro dato trova conferme pressoché generalizzate, complice un giro di annate complessivamente più propizio per i vini piemontesi.Si differenzia nella valutazione la Guida Essenziale di Daniele Cernilli in cui la battaglia dei Faccini si risolve in 62 a 61 per la Toscana. Ma la Toscana trova nel Sassicaia il suo leader indiscusso nel coagulare i consensi delle Guide (premiatissimo il 2014, eccezion fatta per l’Annuario di Luca Maroni; scommetterei su un plebiscito generale per l’attesissimo 2015, di valenza celebrativa visto che uscirà nel 50° anniversario del prototipo targato 1968).
Lo stesso non può dirsi per il Piemonte. Qui ogni pubblicazione ha il suo vino o il suo produttore di punta: Barolo Riserva Monfortino 2010 Giacomo Conterno per Cernilli, primo e unico 100/100 attribuito in quattro anni di Guida Essenziale; Guido Porro ed Ettore Germano per l’Espresso, vincitori rispettivamente nella Top 100 dei vini da comprare e in quella dei vini da conservare con il Barolo Vigna Lazzairasco 2013 e il Barolo Cerretta 2013; il Barolo Falletto Riserva Le Rocche 2011 Bruno Giacosa è rosso dell’anno per la Guida Veronelli; il Carema Etichetta Nera 2013 Ferrando per Vitae ha ricevuto il sigillo del Tastevin; Luca Roagna per ViniBuoni d’Italia è l’unico produttore in guida a spuntare la Corona su tre vini diversi, Barbaresco Asili Vecchie Viti 2012, Barbaresco Crichet Pajè 2008, Barolo Riserva Pira 1996; ancora Ettore Germano per Bibenda, ma con il Barolo Riserva Lazzarito 2011, è uno dei migliori dieci vini dell’anno.
Qualcuno può seriamente pensare che queste distinzioni, inclusa la legittima scelta di orizzontalità fatta da altri annuari, costituiscano un attentato alla credibilità del “Sistema Guide”? Non sarebbe piuttosto il caso di riconoscere, di fronte a tanti vini di altissimo livello, che alla fine ogni pubblicazione possa davvero andare solo dove la portano i propri parametri di valutazione e i propri interpreti? Veneto, Friuli, Alto Adige e Campania rappresentano, in termini di pacchetto, l’alternativa più consistente allo strapotere piemontese e toscano con sfumature variabili fra una bibbia enologica e l’altra.
Il Veneto mette d’accordo come terza regione italiana Gambero Rosso, Bibenda, Veronelli e ViniBuoni d’Italia. I picchi vanno dal massimo distacco della Guida Veronelli (23 Super Tre Stelle contro gli 87 piemontesi e 83 toscani) al minimo distacco di Vinibuoni (42 Corone contro le 65 piemontesi e le 51 toscane). Slow Wine e Vitae vedono terzo il Friuli (per entrambe debitamente staccato da Piemonte e Toscana). Letture diverse per Cernilli (bronzo all’Alto Adige) e l’Espresso (bronzo alla Campania) ma il blocco delle regioni comprese fra il primo e il sesto posto presenta più di un’analogia fra una guida e l’altra (distinguo “maroniano” a parte). Timidi ma non trascurabili segnali di convergenza che si fanno strada tra lo scetticismo e la diffidenza delle tifoserie estreme.
Guido Ricciarelli
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