Alitalia
e l’accanimento
terapeutico
del Governo
giallo-verde
L’esecutivo targato M5s-Lega sembra voler percorrere nuovamente la strada già battuta da Berlusconi. Resta da capire dove sta scritto che con una compagnia di bandiera potremmo avere più incoming
Vista l’aria che tira sarà decisamente meglio allacciare le cinture di sicurezza. Per chi paga le tasse (esclusi cioè gli evasori condonati o i poveri da reddito di cittadinanza) si avvicina una nuova mazzata. Non ci sono i soldi per pagare la finanziaria che fa innalzare lo spread e allarmare gli investitori internazionali, ma il Governo giallo-verde sembra pronto rifilarci una nuova, e costosa, polpetta avvelenata: l’Alitalia. Non si potrebbe definire in altro modo l’ennesimo programma di sostegno (anzi in questo caso una vera ri-nazionalizzazione) di una società fallimentare su cui da anni tutti i Governi si ostinano a praticare un accanimento terapeutico che ci è già costato almeno 10 miliardi di euro, quanto il reddito di cittadinanza che si vuole introdurre ora. E questo, fatta salva la professionalità di molta parte del personale di volo o di terra che non si meriterebbe una simile gestione.
Per nascondere un disegno chiaramente elettorale (i dipendenti e l’indotto “pesano” per circa 10mila persone), Di Maio e Salvini non disdegnano di seguire strade sbagliate già percorse ad esempio da Berlusconi, rinverdendo la foglia di fico di un intervento dello Stato per sostenere il nostro turismo. Ma chi l’ha detto? A parte il fatto che Alitalia da tempo ha ridotto le sue rotte e non potrebbe quindi essere attrattiva in molti Paesi, sarebbe interessante capire dove sta scritto che con una compagnia di bandiera potremmo avere più incoming... Questa è una delle tante bugie con cui si vuole coprire una politica statalista e assistenzialistica che fa a pugni con un mercato dinamico e concorrenziale come quello dei trasporti aerei.
Tenere in piedi una società che da anni non è più in grado di reggere la concorrenza, e resiste solo grazie ai soldi pubblici (che poi sono quelli di chi paga le tasse) è un insulto agli operatori del turismo e ai professionisti dell’accoglienza che avrebbero invece bisogno di infrastrutture vere. Da una parte il vicepresidente Di Maio mette zeppe ai ristoratori togliendogli i voucher con cui la maggior parte delle aziende riusciva a fare fronte ai picchi stagionali o settimanali, e dall’altra sempre lo stesso Ministro vuole ora creare un nuovo carrozzone pubblico, pagato coi soldi dei risparmiatori, compresi quindi anche i ristoratori.
Non che i Governi precedenti abbiano fatto meglio lasciando incancrenire la situazione, ma fa sbellicare dalle risate l’idea del premier Giuseppe Conte che parlando di Alitalia ha detto che «la competitività dell’impresa turistica è affidata alla possibilità di raggiungere le mete a costi accessibili e orari intelligenti». E questo perché il Governo vorrebbe mettere insieme Alitalia con le Ferrovie, per avere (?) un biglietto unico treno-aereo. A parte il fatto che, prima di pensare alle rotte aeree, le Ferrovie dovrebbero permettere ai pendolari di viaggiare in orario e più dignitosamente, a Palazzo Chigi sanno di cosa si sta parlando? In Europa Swissair, Sabena, Virgin, Malev e molte altre compagnie hanno chiuso i battenti; Iberia, Olympic, Aer Lingus sono passate in mani più forti; British, Lufthansa e parzialmente Air France e Klm si sono salvate privatizzandosi. Noi ci blindiamo coi soldi pubblici, ripetendo l’errore del 2008 quando Alitalia era cavallo di battaglia della campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Come è andata? Un guadagno per i soli “capitani coraggiosi” e un po’ di debito in più per lo Stato.
Ma poi, l’idea Alitalia+Ferrovie fa ridere perché gli aeroporti non sono collegati alle stazioni dei treni e negli unici scali che funzionano la compagnia italiana non ha ruolo. Fiumicino e in particolare Malpensa hanno avuto nel 2017 un vero boom con 42 e 20 milioni di passeggeri, seguiti da Bergamo e Venezia. Ma su questi voli Alitalia ha pesato per il 39% a Fiumicino, per il 2% a Malpensa, per lo 0% a Bergamo, per il 5% a Venezia. Il vero impulso è stato dato da low cost come Ryanair e EasyJet, dalle risanate Lufthansa e British e dalle compagnie asiatiche. Con questi aerei vengono in Italia i turisti!
di Alberto Lupini
direttore
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