Donne in cucina, chef Carlotta Delicato:
«Ci sottovalutano? Critiche maschiliste»
«Ho cercato sempre di dimostrare come quello che si dice su noi donne non fosse vero, ma tante ex colleghe hanno abbandonato di fronte alle criticità. Io ho combattuto per fare al meglio questo lavoro». A tu per tu con la giovane imprenditrice e chef del Ristorante Delicato nel suo locale in un borgo reatino
Anche se piccolina di costituzione, dall’aspetto quasi di una bambina, Carlotta Delicato ha un modo tutto suo di esprimere la sua grande forza, una dirompente energia. Più che con le parole, comunque decise e consapevoli come i concetti che esprime, con i fatti. Fatti che, non senza difficoltà, l’hanno portata oggi, a 29 anni, a gestire un ristorante tutto suo.
E siccome a Carlotta, già vincitrice di Hell’s Kitchen poco più che ventenne, le cose facili non piacciono proprio, anzi le sfide ne alimentano il carattere, il ristorante lo ha aperto in un borgo di poche centinaia di anime sulle colline sabine, a non molta distanza da Rieti. Non proprio uno snodo turistico in cui intercettare la richiesta dei gastroturisti. Ma, a distanza di poco più di un’anno dall’apertura, il nome di Contigliano (questo il nome del paesino) inizia a fare capolino nelle chiacchiere a tema ristorazione di addetti ai lavori e semplici appassionati.
Tutto per merito di Carlotta, una giovane donna chef dalle idee molto chiare tanto sulla sua vita quanto sulla professione. E su come intrecciare queste due sue parti di sé, coniugando vita familiare (Gabriele, suo marito, è responsabile di sala, mentre il figlio Federico l’aspetta nella casa non distante) e lavorativa.
La sala del ristorante DelicatoSembra una fanciulla Carlotta, in verità una ragazza di una concretezza unica. Aspetto che emerge non solo dai suoi discorsi ma anche dagli atti pratici. E, inevitabilmente, dai piatti che prepara (qui una ricetta che ci ha gentilmente concesso). Rubo una frase sentita da una cliente al tavolo accanto al mio quando sono andato a trovare Carlotta: «I tuoi piatti rispecchiano il volto che hai». E penso sia la sintesi massima, la più attinente, di ciò che Carlotta è, fa ma soprattutto esprime. Non solo a parole.
Ristorante Delicato: Contigliano nuova meta gastronomica
Carlotta è una ragazza, oggi imprenditrice, che ha trovato energia nelle difficoltà, negli ostacoli tipici della cucina professionale, purtroppo ancor più consueti per le donne che tentano questa strada. Carlotta ha tirato fuori di sé tutta la forza necessaria per non arrendersi di fronte alle criticità, di fronte alle incertezze, agli sguardi di dubbio, spesso dissenso, di colleghi uomini. In tutto ciò Carlotta ha trovato la sua linfa, la personale reason why per dimostrare il suo valore e non fermarsi mai.
Carlotta Delicato e suo Marito Gabriele, responsabile di salaIl segreto? Oltre alla forza d’animo, un’altrettanto grande passione per ciò che fa. Il punto in comune, la volontà di dimostrare come anche una donna, una ragazza dall’aspetto fanciullesco come lei, in una cucina professionale può starci benissimo. E può anche guidarla. Siamo stati da Carlotta nel suo ristorantino di Contigliano e abbiamo fatto due chiacchiere con lei.
L'intervista a Carlotta Delicato: «Le difficoltà? Non devono farci mollare»
Il tuo passato professionale recita importanti e affermate realtà tra Venezia, Barcellona, Costa Rica: cosa ti sei portata a Contigliano dalle tue esperienze?
Tutti i piatti sono in qualche modo contaminati dalle mie esperienze passate, per quanto le ricette rispettino ovviamente l’impronta e lo stile italiano. Ciò che è stato sicuramente me le porto dietro, sarebbe da persone poco intelligenti andare all’estero e non raccogliere il meglio che può offrire. Per questo ho sviluppato il mio ristorante cercando di raccontare il mio trascorso attraverso i piatti. E gli ingredienti a cui sono particolarmente legata ho voluto riportarli in Italia con me.
Hai lavorato in grandi mete anche dal punto di vista turistico. Ora che sei in un piccolo borgo, quali sono e quali sono state le difficoltà nel farsi notare?
Siamo stati fortunati: la pubblicità ce l’ha fatta il cliente, con il passaparola. Al contrario di ciò che pensavamo è stato relativamente semplice perché le persone che venivano poi raccontavano l’esperienza vissuta. Noi per timore nemmeno l’inaugurazione abbiamo fatto, non sapevamo come sarebbe andata ed eravamo piuttosto titubanti. Ci siamo andati con i piedi di piombo ma in poco tempo tutta la pubblicità ce l’hanno fatta gli ospiti. Sembrava un’impresa titanica ma poi si è dimostrato tutto possibile.
Porro affumicato e romesco
A giugno intanto il ristorante ha compiuto un anno. Bilanci?
Un anno ma a me sono sembrati cinque (ride, ndr). È stato tutto molto vissuto, non ci aspettavamo tale affluenza e risonanza anche mediatica. Non è stato facile reggere certi numeri e le aspettative dei clienti, che giustamente erano e sono alte. Noi per riuscire a soddisfare tutti praticamente abbiamo lavorato il triplo del previsto. Ma sono decisamente soddisfatta di quanto fatto.
Sei una ragazza chef e imprenditrice molto giovane: per arrivare dove sei ora hai dovuto affrontare particolari difficoltà che, durante il tuo percorso, invece non hai notato per gli uomini?
Sicuramente sì: nell’immaginario collettivo noi ragazze siamo quelle sempre marchiate da opinioni maschiliste del tipo: “non ce la fanno”, “è troppo faticoso” “questa cosa è da uomini”. Dipende però dalla natura di una persona, se fragile caratterialmente o meno, e da come reagisce alle difficoltà. Io le ho dovute e volute superare, ho cercato sempre di dimostrare come spesso quello che si dice su noi donne non fosse vero, ma è altrettanto vero come tante mie ex colleghe hanno abbandonato di fronte alle criticità. Io ho combattuto per riuscire a fare al meglio questo lavoro e non ho dato ascolto al primo ignorante di turno che sosteneva come non fossi in grado a fare questo mestiere. C’è sempre una soluzione alle difficoltà, tutto dipende dal tipo di mentalità e dalla capacità di ragionamento. Donne, colleghe, siate forti: resistete perché l’obiettivo si raggiunge, anche a costo di fare qualche sacrificio in più.
Tornando al ristorante, attualmente proponi solamente la carta. Qualche novità in arrivo?
Sì, posso farvi uno spoiler: a settembre probabilmente inseriremo anche il degustazione. Una proposta fissa che parli del ristorante, che racconti di noi e preveda i nostri piatti simbolo. Abbiamo una buona fetta di clientela che arriva da fuori e giustamente si rivolge alle ricette più identitarie, per questo i piatti cardine della carta li inseriremo in un piccolo percorso. Deve però essere un plus, un’alternativa: noi in primis proporremo sempre la carta, ma aggiungeremo una proposta fissa con le ricette che raccontano il ristorante Delicato. Tra queste il porro affumicato e romesco, i bottoni ripieni di coniglio, mascarpone e lime, la quaglia farcita con maiale, funghi, uvetta e spinacino. Allo stesso tempo però resto fedele alla carta: quella non la toglieremo mai.
Tu ti rifornisci di materie prime da molti produttori locali. Oggi una cucina identitaria e sostenibile può prescindere dal km 0?
Non credo: per una cucina fatta bene bisogna andare prima dai produttori locali e solo se non si trova la materia prima adeguata si può ampliare l’orizzonte. Penso sia controproducente aprire un locale come il mio e non rivolgermi in primo luogo a ciò che il territorio offre. Sicuramente bisogna fare un’attenta scelta del prodotto: se qualcosa non si trova, o se un ingrediente non è di alta qualità, allora posso anche cercare altrove, ma il primo pensiero deve essere sempre orientato al local. Presupponendo, in tutto ciò, una conoscenza anche del produttore e di come lavora i suoi prodotti. Prima di guardare fuori Contigliano quindi vedo cosa ho di bello e buono qua.
La scorsa stagione il pubblico ha imparato a conoscerti anche attraverso la tv. Come è stata l’esperienza televisiva? E oggi uno chef può prescindere, per ragioni di bilancio, da attività esterne e collaterali come quella della cucina?
A È Sempre Mezzogiorno sono stata benissimo e tornerò anche nella prossima stagione. Mi reco comunque negli studi di Milano nei giorni di chiusura del ristorante, è raro che ci vada quando è aperto, o comunque se lo faccio poi la sera sono di nuovo a Contigliano. Non lascio il ristorante senza di me. Il mio primo lavoro rimane la cucina, il resto è tutto un plus che certamente può servire, ma la considero quasi una valvola di sfogo, una sorta di hobby.
Per chiudere, ti sei fatta un’idea sul recente caso legato alle recensioni negative di un locale?
Ne sono contraria personalmente, anche se è difficile esporre qualsiasi tipo di commento. Sicuramente sono contraria a stroncare un ristorante per una singola esperienza negativa, perché può capitare a chiunque di avere una serata storta. Può dipendere da più fattori: un fornitore scarica tardi la merce, c’è stata mancanza di personale, c’è stato qualsiasi imprevisto o problema che poi purtroppo si riflette sul servizio. Non deve passare però l’immagine che per un'esperienza mediocre quel ristorante vada stroncato. Al giorno d’oggi una recensione negativa può distruggere le sorti di uno chef o di un locale, specialmente se parliamo non di un grande nome della ristorazione. Chi ha una piccola impresa alle spalle allora può soffrire un giudizio del genere. Una serata negativa sicuramente può capitare, ma ciò non deve essere una cartina di tornasole del locale stesso. Sarebbe meglio, piuttosto, tornare in quell’indirizzo due o tre volte e farsi un’idea più precisa in tal senso. E solo dopo esprimersi.
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