mercoledì 4 dicembre 2019

Turismo tra shopping e cibo Ma c’è ancora tanta strada da fare

Turismo 

tra shopping 

e cibo
Ma c’è ancora 

tanta strada 

da fare


Oggi a Milano nel Forum Shopping Tourism, confronto tra alcuni esponenti del settore. Per rilanciare il turismo servirebbe anche un aiuto della politica.

Se parli di shopping tourism puoi fare a meno di fare un collegamento con l’enogastronomia? No, perché è un binomio perfetto. Però, il parere di alcuni protagonisti del “terziario” (si dice ancora così quando si parla di commercio, di turismo, di ristorazione?) può essere interessante per avere innanzitutto la certezza che shopping ed enogastronomia vadano davvero a braccetto, e poi anche per esaminare alcune problematiche che, in alcuni casi, non rispondono alle aspettative di chi propone e di chi riceve un servizio.

Alberto Lupini, Lino Stoppani, Tiziana Primori, Francesco Palumbo, Stefano Mosca, Max Coppo (Turismo tra shopping e cibo Ma c’è ancora tanta strada da fare)
Alberto Lupini, Lino Stoppani, Tiziana Primori, Francesco Palumbo, Stefano Mosca, Max Coppo

Partendo da questo concetto, nel corso del forum Shopping Tourism, il direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, ha interrogato cinque esponenti del settore e cioè Max Coppo, presidente di The Grand Wine Tour; Stefano Mosca, presidente dell’Ente Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba; Francesco Palumbo, direttore di Toscana Promozione Turistica; Tiziana Primori, amministratore delegato di Fico Eataly World e Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe. E, dopo due giri di domande e risposte, il direttore del nostro giornale ha lanciato un sondaggio istantaneo: “Nella promozione del sistema enogastronomico italiano, si sta spingendo più per incentivare l’export, le vendite online o per attrarre turisti e dunque clienti?”. Ha vinto attirare turisti, seguito da export e vendite online.

Ma come hanno risposto i protagonisti alle domande di Lupini? Coppo, all’esempio della California dove le cantine accolgono in modo davvero professionale i visitatori, ha risposto che in Italia manca intanto la professionalità, e poi c’è molta improvvisazione, perché, probabilmente, si è guardato più a migliorare il prodotto che a valutare l’importanza della comunicazione. Tutto ciò, sottolineando che quello della Napa Valley è un esempio da seguire.

Diverso il caso del tartufo, tant’è vero che il 70% del fatturato avviene in loco, cioè in occasione della Fiera di Alba, mentre il prodotto va prevalentemente all’estero - in primis Germania e Svizzera - perché acquistato da turisti che arrivano in Piemonte proprio in quel periodo per visitare le terre dal tartufo e magari fare un’esperienza di ricerca, dice il direttore della Fiera Mosca.

A Bologna, invece, è stato rilevato che molti stranieri si fermano una sera in più per visitare Fico, che ha aperto i battenti esattamente due mesi fa, ha evidenziato Tiziana Primori. Si tratta quasi prevalentemente di visitatori singoli, perché si fa ancora un po' di fatica ad intercettare il turismo organizzato. E, aggiunge la signora Primori, dovremmo sforzarci proprio per intercettare questo tipo di turismo.

Più soddisfatto è apparso Palumbo, che vede nel food & beverage una grande potenzialità di sviluppo dei flussi turistici in tutto il Paese, dopo l’esperienza positiva che si registra in Toscana. Dove, a quanto pare, arrivano turisti che si informano su tutto prima di arrivare da noi, ha aggiunto Palumbo, per approfondire quello che hanno “studiato”. Con Stoppani arrivano le note dolenti della concorrenza sleale, della sovrapposizione dei ruoli magari tra chef e commercianti, produttori e chi dovrebbe vendere; insomma, una confusione di ruoli che la pubblica amministrazione non riesce a disciplinare bene. In più, dobbiamo dirlo (o gridarlo?), il turismo è maltrattato dalla politica e anche dalle amministrazioni locali che spesso non rispondono con celerità alle esigenze degli operatori.

Insomma, un dibattito che ha offerto un quadro preciso dello stato delle cose, confermando che shopping ed enogastronomia è un binomio perfetto me che bisogna incentivare le competenze (dalla conoscenza dei prodotti e dei luoghi, in particolare) perché non si può solo affidarsi alla buona volontà degli operatori e di chi lavora nel settore.

E, come chiusa finale, affrontare il problema dei falsi prodotti italiani venduti all’estero che raggiunge fatturati di qualche miliardo di euro.
Italiaatavola
© Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento