Bar e Ristoranti,
è ora di ripartire
Con più sicurezza,
più clienti
Troppi ritardi per le deboli regole decise da Governo e Regioni. Non tutti hanno potuto organizzarsi per l'apertura. La concorrenza si gioca sulle garanzie in più da offrire agli ospiti. Tavoli a più di un metro saranno più graditi. Istituzioni senza credibilità, vincono le associazioni di categoria, prima la Fipe.
Ora dobbiamo incrociare le dita e augurarci la grinta necessaria per ripartire alla grande. Sono state le aziende in assoluto più colpite dal lockdown, ma sono anche quelle da cui dipende il futuro di tutta la filiera dell’agroalimentare di qualità, dell’industria delle attrezzature, degli hotel e del turismo. Insomma, attorno a bar e ristoranti gira più di un terzo del Pil italiano, nonché molta parte della nostra immagine del mondo: sono uno dei simboli del nostro stile di vita che più piace agli stranieri. Al di là delle oltre trecentomila insegne del comparto e di qualche milione di addetti, è l’intero sistema economico del Paese che non poteva permettersi ulteriormente un blocco di queste imprese.
Oggi quindi si ricomincia. A parte la Campania, che ripartirà solo giovedì, e a parte la crisi (che è già costata 34 miliardi solo ai pubblici esercizi) non tutti però riapriranno. Pesa l’incertezza che fino all’ultimo ha accompagnato le decisioni di Governo e Regioni che si sono scontrati solo per lasciare il cerino in mano “all’altro”. Già, perchè tutto questo riconcorrersi in vertici notturni per decidere nelle ultime ore regolette un po’ da burla, non può che lasciare perplessi. In oltre due mesi non si potevano dare indicazioni per tempo? Le abbiamo proposte da subito e le abbiamo sollecitate insieme alle più rappresentative associazioni dell’accoglienza. E invece siamo sprofondati nella più assurda farsa. Il passaggio in poche ore dalla follia dei 4 metri quadrati per cliente alla distanza di un metro (quasi lo standard pre coronavirus). C’è da restare sbalorditi, se non sgomenti, per l’inutilità di centinaia di pseudo esperti delle task force e di un ente di garanzia come l’Inail.
In queste condizioni i gestori sono stati assaliti da venditori di barriere di plexiglas (di fatto quasi inutili con la distanza di un metro, salvo voler realizzare box dove in pochi entrerebbero) e da pseudo esperti di chissà quali sanificazioni. Come se l’igienizzazione non la si dovesse fare regolarmente in un locale che somministra cibo. E visto che di cibo si tratta, sarebbe interessante capire quanti apriranno oggi con prodotti freschi: ancora tre giorni fa si pensava che le saracinesche si sarebbero alzate solo il 1° giugno. Non è che sia così automatico pulire tutto e rifornirsi.
Tutte le istituzioni hanno dato il peggio di sé, varando alla fine degli obblighi da operetta dove le uniche cose che contano sono quelle che valgono per tutti: mascherine e un “minimo” distanziamento anche al bar, al ristorante o in spiaggia, come in qualunque altro posto! Da questo sputtanamento istituzionale le uniche ad uscirne rafforzate sono state invece alcune, poche , associazioni di categoria. È il caso della Fipe che, oltre ai benefici economici del decreto Rilancio, con un lavoro costante e concreto, rinunciando a piazzate e proteste sterili, è riuscita a portare a casa un duplice risultato: la riapertura del 18 maggio (su cui pochi avrebbero scommesso ancora 4 o 5 giorni fa) e le regole che, per essere obiettivi, sono abbastanza blande e facilmente attuabili da tutti con pochi dnani. Ad eccezione forse dei bar che dovranno rinunciare per un po’ a movida ed happy hours. Ma c’è chi sta peggio, come le discoteche che resteranno chiuse non si sa fino a quando. E non ci si lamenti perche i clienti devono sedere ad un metro di distanza: basta che qualcuno dichiari che è con congiunti (anche di nazionalità diversa) e salta pure il metro. E se poi si vuole davvero ospitare qualcuno in spazi più ristretti va detto in tutta onestà che on era giusto farlo prima, e a maggior ragione adesso.
Qualcuno potrebbe pensare che sarà tutto come prima. Magari. La realtà con cui fare i conti è quella di un Paese che è ancora in pandemia e molti italiani sono giustamente preoccupati. Ecco perché è centrale che la riapertura avvenga con responsabilità e rassicurando i clienti. Il ritorno alla normalità è un obiettivo ancora lontano. Servono scelte lucide e coerenti per una ”nuova” normalità. Turni, delivery e asporto sono possibilità per aumentare il fatturato e consolidare i clienti. E siamo pronti a scommettere che se qualche locale comunicherà che invece che a un metro distanzierà i clienti a due metri, almeno nei primi tempi riempirà più facilmente i suoi tavoli. A essere “più responsabili” di Governo e Regioni non c’è che da guadagnarci in rispetto e attenzione. Mai come oggi ora è importante non abbassare la guardia. Purtroppo bar e ristoranti sono stati dipinti da alcuni come un pericolo per la sicurezza. Facciamoli diventare un esempio di sicurezza per tutti. Cambiamo schemi e offerta e si risorgerà alla grande. Da due mesi lo ripetiamo tutti i giorni: si deve garantire qualità e benessere. Il piatto è importante, ma l'accoglienza e la sicurezza da oggi in poi valgono di più.
Oggi quindi si ricomincia. A parte la Campania, che ripartirà solo giovedì, e a parte la crisi (che è già costata 34 miliardi solo ai pubblici esercizi) non tutti però riapriranno. Pesa l’incertezza che fino all’ultimo ha accompagnato le decisioni di Governo e Regioni che si sono scontrati solo per lasciare il cerino in mano “all’altro”. Già, perchè tutto questo riconcorrersi in vertici notturni per decidere nelle ultime ore regolette un po’ da burla, non può che lasciare perplessi. In oltre due mesi non si potevano dare indicazioni per tempo? Le abbiamo proposte da subito e le abbiamo sollecitate insieme alle più rappresentative associazioni dell’accoglienza. E invece siamo sprofondati nella più assurda farsa. Il passaggio in poche ore dalla follia dei 4 metri quadrati per cliente alla distanza di un metro (quasi lo standard pre coronavirus). C’è da restare sbalorditi, se non sgomenti, per l’inutilità di centinaia di pseudo esperti delle task force e di un ente di garanzia come l’Inail.
In queste condizioni i gestori sono stati assaliti da venditori di barriere di plexiglas (di fatto quasi inutili con la distanza di un metro, salvo voler realizzare box dove in pochi entrerebbero) e da pseudo esperti di chissà quali sanificazioni. Come se l’igienizzazione non la si dovesse fare regolarmente in un locale che somministra cibo. E visto che di cibo si tratta, sarebbe interessante capire quanti apriranno oggi con prodotti freschi: ancora tre giorni fa si pensava che le saracinesche si sarebbero alzate solo il 1° giugno. Non è che sia così automatico pulire tutto e rifornirsi.
Tutte le istituzioni hanno dato il peggio di sé, varando alla fine degli obblighi da operetta dove le uniche cose che contano sono quelle che valgono per tutti: mascherine e un “minimo” distanziamento anche al bar, al ristorante o in spiaggia, come in qualunque altro posto! Da questo sputtanamento istituzionale le uniche ad uscirne rafforzate sono state invece alcune, poche , associazioni di categoria. È il caso della Fipe che, oltre ai benefici economici del decreto Rilancio, con un lavoro costante e concreto, rinunciando a piazzate e proteste sterili, è riuscita a portare a casa un duplice risultato: la riapertura del 18 maggio (su cui pochi avrebbero scommesso ancora 4 o 5 giorni fa) e le regole che, per essere obiettivi, sono abbastanza blande e facilmente attuabili da tutti con pochi dnani. Ad eccezione forse dei bar che dovranno rinunciare per un po’ a movida ed happy hours. Ma c’è chi sta peggio, come le discoteche che resteranno chiuse non si sa fino a quando. E non ci si lamenti perche i clienti devono sedere ad un metro di distanza: basta che qualcuno dichiari che è con congiunti (anche di nazionalità diversa) e salta pure il metro. E se poi si vuole davvero ospitare qualcuno in spazi più ristretti va detto in tutta onestà che on era giusto farlo prima, e a maggior ragione adesso.
Qualcuno potrebbe pensare che sarà tutto come prima. Magari. La realtà con cui fare i conti è quella di un Paese che è ancora in pandemia e molti italiani sono giustamente preoccupati. Ecco perché è centrale che la riapertura avvenga con responsabilità e rassicurando i clienti. Il ritorno alla normalità è un obiettivo ancora lontano. Servono scelte lucide e coerenti per una ”nuova” normalità. Turni, delivery e asporto sono possibilità per aumentare il fatturato e consolidare i clienti. E siamo pronti a scommettere che se qualche locale comunicherà che invece che a un metro distanzierà i clienti a due metri, almeno nei primi tempi riempirà più facilmente i suoi tavoli. A essere “più responsabili” di Governo e Regioni non c’è che da guadagnarci in rispetto e attenzione. Mai come oggi ora è importante non abbassare la guardia. Purtroppo bar e ristoranti sono stati dipinti da alcuni come un pericolo per la sicurezza. Facciamoli diventare un esempio di sicurezza per tutti. Cambiamo schemi e offerta e si risorgerà alla grande. Da due mesi lo ripetiamo tutti i giorni: si deve garantire qualità e benessere. Il piatto è importante, ma l'accoglienza e la sicurezza da oggi in poi valgono di più.
© Riproduzione riservatai Alberto Lupini Italiaatavola
direttore
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