venerdì 2 aprile 2021

L'agnello a Pasqua piace italiano, ma l'eccellenza resta in ombr

 

L'agnello a Pasqua 

piace italiano, 

ma l'eccellenza 

resta in ombra


Nel solo giorno di Pasqua saranno 4,5 milioni i chili di carne ovina consumata dagli italiani. La produzione nostrana sarà la più presente, ma il mercato deve fare i conti con la concorrenza estera che copre il 55% del mercato annuale. La sfida per i marchi certificati è quella di farsi conoscere dal grande pubblico. A partire dai clienti delle macellerie.



Dici Pasqua e subito pensi a grigliate all’aperto, in compagnia, con la carne che sfrigola. Ecco, di tutto ciò, anche quest’anno rimane solo una cosa: la materia prima. Meglio se agnello, come vuole la tradizione. Perché se la Quaresima ha le sfumature di una quarantena, meglio prendersi qualche soddisfazione ai fornelli di casa, almeno. Una sensazione condivisa dall’80% degli italiani che, secondo Cia-Agricolturi Italiani, si affideranno ai piatti tipici che, in molti casi, prevedono il consumo di carne ovina per un totale stimato di circa 4,5 milioni di chili consumati nel solo giorno di Pasqua.
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A Pasqua (e Natale) si concentra l'80% della produzione

Il mercato della carne di agnello da sempre ruota attorno ai due periodi dell’anno legati alle festività cristiane più importanti, Natale e Pasqua, dove si concentra quasi l’80% dell’intera produzione nazionale. Ultimamente, poi, si registra «un altro aumento della domanda in estate quando di vive di più all’aria aperta e si fanno le grigliate con gli arrosticini: un prodotto molto apprezzato dagli italiani e per cui c’è bisogno di far riferimento al mercato estero perché l’offerta di prodotto nazionale in quella stagione è bassa», spiega Daniele Brandizzi, responsabile della comunicazione di Uniceb, l’unione italiana delle aziende che lavorano nella filiera della carne.

Detto diversamente, se l’agnello a Pasqua è quasi sicuramente italiano, bisogna comunque prestare attenzione e verificarne la provenienza. «L’Italia ha una capacità di auto approvvigionamento non all’altezza della richiesta, per cui dobbiamo necessariamente importare una quota dall’estero sia di animali vivi che di carne macellata. La produzione nazionale, però, è di assoluta qualità. Mi piace ricordare che in Italia abbiamo ben tre prodotti di eccellenza quali l’Abbacchio romano Igp, l’Agnello del Centro Italia Igp e l’Agnello di Sardegna Igp a cui si aggiunge una produzione non certificata di assoluta qualità. La difficoltà è farsi riconoscere dal mercato questa qualità superiore. Troppo spesso si trovano nella grande distribuzione promozioni di carne di agnello nazionale a prezzi davvero stracciati», continua Brandizzi.

Intanto, secondo le rilevazioni di Bmti (Borsa merci telematica italiana), nonostante le chiusure del canale Horeca, si registrano prezzi in rialzo per l’agnello, grazie al buon andamento della domanda in questo periodo. I prezzi attuali, rilevati dalle Camere di commercio, tornano in crescita sia rispetto al 2020 che al 2019. In particolare, in Toscana, il prezzo sulla piazza di Siena si attesta sui 4,30-4,70 euro al chilo, in aumento del 30% rispetto allo scorso anno e del 6% rispetto a due anni fa. Rialzi anche in Abruzzo, con il prezzo sulla piazza di Pescara che ha raggiunto i 3,40-4,10 euro al chilo, registrando un +3% rispetto al 2019.

Contas: bisogna farsi riconoscere sul mercato

Un problema che è stato sottolineato anche da Contas, il Consorzio di tutela dell’Agnello di Sardegna Igp per cui, se da un lato l’agnello sardo vola nei prezzi a ridosso della Pasqua (circa 5 euro al chilo pagato al pastore a peso vivo) a fronte di un picco nella domanda, dall’altro il mercato nazionale è invaso da prodotti esteri che rappresentano circa il 55% del totale (circa 550mila agnelli con provenienza romena, ungherese, spagnola, greca, slovacca). Una presenza non per forza nociva o di scarsa qualità, ma che fotografa la sfida che si pone di fronte ai marchi certificati.

«La programmazione messa in campo negli ultimi anni come Consorzio sta cominciando a portare i primi frutti - ha affermato il presidente di Contas, Battista Cualbu durante la presentazione della campagna L’agnello di Pasqua di Campagna Amica - Abbiamo e stiamo lavorando sull’allargamento del mercato e contemporaneamente su un prodotto che conservando le stesse caratteristiche abbia una shelf life più lunga. Stiamo proponendo sul mercato con i trasformatori, anche nuovi e più piccoli tagli che da una parte valorizzino tutta la carcassa e dall’altra rispondano alle nuove esigenze del mercato. E questo ci consente anche, insieme ad altri progetti che abbiamo in cantiere, di destagionalizzare la presenza dell’agnello. Inoltre, grazie anche all’ultimo accordo che abbiamo sottoscritto nelle scorse settimane con la Gdo, adesso il marchio dell’agnello di Sardegna Igp è presente sul 90% delle più importanti insegne nazionali».

Sforzi importanti che puntano a capitalizzare qualità e picchi di domanda. Il mercato pasquale, per esempio, rappresenta il 20% delle vendite annuali per l’Agnello di Sardegna Igp per un totale di 130mila capi macellati in questo periodo che rappresentano il 50% delle carni d’agnello Made in Italy del periodo festivo.

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Di Romantino: la qualità fa la differenza, anche nel prezzo

Grandi numeri e tendenze, ma poi cosa succede dal macellaio di questi tempi? Cosa chiede il cliente finale? «Costolette e lombo di agnello sono i tagli più gettonati durante Pasqua, mentre negli altri periodi dell’anno i clienti ci chiedono anche spalla e coscia per i ragù e i sughi. Ma la vera differenza la fa la qualità della materia prima. Noi siamo aperti da 50 anni e offriamo un prodotto di nicchia, classificato come Agnello del Centro Italia Igp che viene allevato in alta montagna», afferma Antonio Panaccio della Macelleria Di Romantino a Guardiagrele (CH). Prezzo? «Dai 13,90 al 16,90 euro al chilo».

Damini: richieste da tutta Europa

«La richiesta di carne di agnello e capretto rimane in linea con quella dello scorso anno. La gente vuole festeggiare. Non solo in Italia, ma in tutta Europa come dimostra il perimetro delle nostre spedizioni», afferma Gianpietro Damini, dell’omonima macelleria di Arzignano (VI) Damini&Affini. «I prezzi da noi variano dai 29 euro al chilo per l’agnello ai 34 euro al chilo per il capretto. Noi lo vendiamo pulito, senza frattaglie. Anche se ci sono dei veri e propri appassionati che ce lo chiedono con la testa e tutte le interiora. Un esempio? La brigata di Carlo Cracco che penso si preparerà un bel manicaretto da consumare internamente», continua Damini. Insomma, cose da veri e propri buongustai. Così come lo possono essere anche certe produzioni estere: «La provenienza estera non è sinonimo di scarsa qualità. Certo, il nostro agnello, come quello che viene dai vicini monti Lessini, ha un sapore diverso ma nella nostra offerta trovano spazio anche carni di agnello selezionato che vengono da alcuni pastori dei Pirenei, oppure dalla Nuova Zelanda. Pensate che là, dall’altra parte del mondo, questa carne è così preziosa che la producono solo per l’esportazione verso l’Europa e i Paesi arabi. E il gusto è così dolce che è adatto anche ai bambini», conclude Damini. italiaatavola

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