Ristoratori bloccano l'autostrada.
Una protesta spontanea
che sa di autogol
Una dimostrazione contro il Governo bloccando l'A1 per chiedere sostegni e aperture. Manifestazioni senza organizzazione che rischiano di fare danni e mettere a repentaglio il dialogo del settore con le istituzioni
Iristoratori continuano ad esprimere la loro rabbia e preoccupazione alla luce delle disposizioni del Governo date per arginare la pandemia e ora alcuni di loro, provenienti da tutta Italia, bloccano l’autostrada A1 per far sentire la loro voce.
I locali sono chiusi e, molto probabilmente, resteranno chiusi ancora dopo Pasqua perché nel nuovo decreto sono previste deroghe in stile zona gialla, ma solo se i dati saranno molto positivi. Lo stato d’animo dunque, come ormai sosteniamo da un anno, è più che giustificato anche considerando i pochi sostegni economici che arrivano dallo Stato. Ma queste proteste plateali, hanno senso?
“Gli imprenditori - si legge nella nota stampa - intendono sensibilizzare con un gesto plateale le loro legittime richieste, che risultano tuttora inascoltate, alla vigilia delle vacanze pasquali, che al contrario premieranno ristoratori e albergatori all’estero, con tanto di placet del Ministero. È dunque evidente che il governo non intende sostenere economicamente il settore ristorazione in maniera significativa, che il ministero della Sanità a distanza di più di un anno non ha ancora aggiornato piano pandemico e ad oggi non ha incrementato personale e terapie intensive, che il piano di vaccinazione non è ancora entrato a pieno regime come in altri paesi. Si è a un passo dai reali pericoli che rischiano di interessare l’intero settore e ripercuotersi negativamente sull’economia italiana”.
“Con la manifestazione - si legge ancora - gli imprenditori intendono nuovamente esporsi, in modo ancor più incisivo, per chiedere allo Stato di attivarsi immediatamente per risarcire i costi fissi pagati dai ristoratori e dalle attività commerciali coinvolte nel comparto, come le varie utenze e tutti gli oneri da corrispondere entro un mese. Chiedono di valutare la possibilità di riapertura dei locali in sicurezza così come è concessa agli Autogrill, ai locali situati in zone aeroportuali e alle grandi mense aziendali”.
E non perché, va ribadito una volta di più, non bisogna protestare o chiedere aperture, aiuti, sostegni, ma perché in una fase così delicata dove di mezzo c’è davvero la vita o la morte della ristorazione affidare le trattative, i dialoghi e le richieste agli organi competenti - e quindi le associazioni, come la Fipe - sembra essere la via più sicura, certa, istituzionale.
I locali sono chiusi e, molto probabilmente, resteranno chiusi ancora dopo Pasqua perché nel nuovo decreto sono previste deroghe in stile zona gialla, ma solo se i dati saranno molto positivi. Lo stato d’animo dunque, come ormai sosteniamo da un anno, è più che giustificato anche considerando i pochi sostegni economici che arrivano dallo Stato. Ma queste proteste plateali, hanno senso?
Il perchè della protesta
La protesta autostradale sta andando in scena nella mattinata di giovedì, e prevede un corteo all’Autogrill di Cantagallo (Casalecchio di Reno, Bo), la stazione di servizio che precede il bivio autostradale della A1 che divide l’Autostrada Panoramica dalla Variante di Valico. Ad organizzarla non è nessuna associazione, nessuna parte politica, nessuna figura in particolare; tutto è stato organizzato grazie ad un “tam-tam” come è stato definito in una nota stampa d’annuncio. Il passaparola, i social, le telefonate saranno stati i mezzi con cui questo “tam-tam” si è diffuso, ma l’assenza di associazioni o parti politiche non è del tutto un vanto in questo momento.“Gli imprenditori - si legge nella nota stampa - intendono sensibilizzare con un gesto plateale le loro legittime richieste, che risultano tuttora inascoltate, alla vigilia delle vacanze pasquali, che al contrario premieranno ristoratori e albergatori all’estero, con tanto di placet del Ministero. È dunque evidente che il governo non intende sostenere economicamente il settore ristorazione in maniera significativa, che il ministero della Sanità a distanza di più di un anno non ha ancora aggiornato piano pandemico e ad oggi non ha incrementato personale e terapie intensive, che il piano di vaccinazione non è ancora entrato a pieno regime come in altri paesi. Si è a un passo dai reali pericoli che rischiano di interessare l’intero settore e ripercuotersi negativamente sull’economia italiana”.
“Con la manifestazione - si legge ancora - gli imprenditori intendono nuovamente esporsi, in modo ancor più incisivo, per chiedere allo Stato di attivarsi immediatamente per risarcire i costi fissi pagati dai ristoratori e dalle attività commerciali coinvolte nel comparto, come le varie utenze e tutti gli oneri da corrispondere entro un mese. Chiedono di valutare la possibilità di riapertura dei locali in sicurezza così come è concessa agli Autogrill, ai locali situati in zone aeroportuali e alle grandi mense aziendali”.
Protestare è lecito, ma no ai "cani sciolti"
Che le proteste e l’espressione di malumori - anche forti - sia lecita e comprensibile non v’è dubbio, ma nel raccontare la tragedia del settore, colpito quasi mortalmente dal Covid, abbiamo espresso più volte lo scetticismo nel ritenere queste sporadiche dimostrazioni più dannose che potenzialmente in grado di ottenere qualcosa.E non perché, va ribadito una volta di più, non bisogna protestare o chiedere aperture, aiuti, sostegni, ma perché in una fase così delicata dove di mezzo c’è davvero la vita o la morte della ristorazione affidare le trattative, i dialoghi e le richieste agli organi competenti - e quindi le associazioni, come la Fipe - sembra essere la via più sicura, certa, istituzionale.
Gli altri episodi
Proteste di questo stampo ce ne sono già state in quest’anno: i ristoratori sono scesi in strada, nelle piazze, davanti ai palazzi istituzionali, hanno anche riaperto illecitamente sotto l’hashtag #ioapro, ma a nulla è servito. Anzi, in un momento in cui anche l’immagine ha un forte impatto su chi prende le decisioni e sull’opinione pubblica, mostrarsi così “ribelli” non può essere un punto a favore. Anche perché, focus su cui accendere la luce, ogni tipo di ribellione prevede un assembramento o la creazione di una situazione potenzialmente pericolosa a livello di contagi perché lì di regole ce ne sono poche: e allora, protestare, rischia di rivelarsi il più goffo e svantaggioso degli autogol.di Federico Biffignandi
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