Nel 2022 gli italiani
taglieranno le spese
in bar e ristoranti.
Sulle tavole di casa,
boom di prodotti locali
Secondo il report dell’Ufficio Studi Coop, l'inflazione al 3,9% e la pandemia influenzeranno il fuori casa con un 13% in meno di presenze stimate. Ne approfitta la Gdo, dove si acquista per mangiare a casa
Speranza, ripresa, cambiamento, e timore. Sono i sentimenti - in rigoroso ordine decrescente - più diffusi tra gli italiani che si affacciano al nuovo anno stando alla fotografia scattata dalle due survey dell’Ufficio Studi Coop condotte a dicembre 2021; la prima, svolta in collaborazione con Nomisma, “2022, Coming Soon - Consumer” su un campione rappresentativo della popolazione italiana in collaborazione con Nomisma e la seconda “2022, Coming Soon - Manager” sulla community di esperti del sito italiani.coop. Un clima non certo sereno che colpisce sia la Generazione Z (i nati fra il 1997 e il 2012) sia circa la metà dei manager intervistati. A preoccupare è soprattutto l’instabilità politica e la crescita dei prezzi, stimata al 2,9%. Ma è anche l'inflazione al 3,9% (record da agosto 2008) a creare allarmi. In base alle stime preliminari l'inflazione acquisita per il 2022 (cioè la crescita media che si avrebbe nell'anno se i prezzi rimanessero stabili fino a dicembre) è pari a +1,8%, diversamente da quanto accaduto per il 2021, quando fu pari a -0,1%.
Bar e ristoranti messi da parte
Tutti aspetti che influiscono sull’organizzazione del tempo libero. Diffidenti sulla reale disponibilità economica futura e sulle restrizioni che saranno imposte, gli italiani nel 2022 tagliano su ristoranti e bar (il saldo tra chi ci andrà di più e chi lo farà di meno è -13%), concerti e spettacoli (-12%), cinema (-10%), teatri e musei (-9%). Preferite le soluzioni fruibili da casa (film, ecommerce, smart working). La digital life sembra essere già realtà.
Lo spettro di prezzi sempre più alti regna sovrano. Per 6 manager su 10 i consumi seguiranno il Pil ma a distanza, ostaggio di una inflazione stimata dagli esperti al +2,9%. Una crescita che si protrarrà per tutto il 2022 secondo il 63% degli esperti, da contrastare con una riduzione del cuneo fiscale (secondo il 71% dei manager) o una indicizzazione dei salari al costo della vita (47%), ma anche con una riduzione selettiva dell’Iva (47%) magari sui beni sostenibili. In previsione dell’aumento dei prezzi, 1 famiglia su 2 pensa di non cambiare il livello di spesa nel prossimo anno rispetto al prepandemia (49%). Ma se il 22% del campione spera di superarlo quasi un italiano su 3 (29%) purtroppo sa che non riuscirà a raggiungerlo. Peraltro, proprio l’inflazione relega il budget delle famiglie nei confini delle spese obbligate (utenze e salute, soprattutto) e costringe tanti italiani a lasciare nel cassetto dei sogni i prodotti tecnologici, le serate con gli amici, i viaggi e le vacanze.
Carrello della spesa più caro
L’epicentro della prossima crescita dei prezzi riguarda non solo le utenze domestiche (che saranno però alleviate dagli interventi del Governo) ma soprattutto il ben più importante capitolo della spesa alimentare. Infatti, i manager della filiera stimano un incremento medio dei prezzi alimentari superiore ai 3,5 punti percentuali con una ondata inflattiva che per il 63% del campione riguarderà sicuramente tutto il 2022. Tra caccia alle promozioni, ricerca di punti vendita e canali più convenienti e riduzione degli sprechi molti italiani fronteggeranno il carovita con un diffuso downgrading del carrello, soprattutto al Sud e nella lower class, segnando peraltro una nuova ancora più consistente divaricazione dei consumi rispetto ai ceti più abbienti. Ad essere ancora una volta premiato in tavola il cibo del territorio (100% italiano e locale), mentre si consolida il trend verso una alimentazione biologica e salutista. Ma per i manager della filiera (il 61% degli intervistati) il 2022 sarà soprattutto l’anno della marca del distributore, considerata la soluzione per permettere acquisti con il migliore rapporto tra qualità e prezzo.
A questo proposito è intervenuta anche Federdistribuzione, che con il direttore relazioni con la Filiera e Ufficio Studi, Carlo Alberto Buttarelli, ha spiegato: «Con i dati di dicembre si chiude il consuntivo di un anno dove l’inflazione ha ripreso a farsi sentire, con effetti già considerevoli sull’economia reale e sulle famiglie italiane. Negli ultimi mesi le aziende della distribuzione hanno messo in campo tutti gli strumenti a disposizione per mitigare la spinta inflattiva ottenendo, come importante risultato, il contenimento del livello del “carrello della spesa” che si conferma al di sotto del dato complessivo».
«Occorre tuttavia sottolineare - ha proseguito - che l’inflazione che stiamo registrando è generata da aumenti diffusi dei costi delle materie prime a livello internazionale, che saranno difficilmente gestibili a lungo senza una strategia condivisa a livello di filiera e di concerto con le istituzioni. L’impegno del nostro settore resterà alto, prestando un’attenzione vigile sulla portata degli aumenti che, nel corso di quest’anno, auspichiamo possano invertire la tendenza, assestandosi su livelli più accettabili. Ribadiamo quindi la necessità di ragionare in ottica di sistema: il Paese vive un momento di congiuntura favorevole ma ancora fragile; serve uno sforzo collettivo per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie e dunque di tutta l’economia».
Sempre sulla spesa alimentare, se nel 2020 l’irrompere della pandemia aveva fatto impennare le vendite nella Gdo (+4,8% sul 2019), il 2021 si chiude pareggiando i livelli di vendita dello scorso anno (con invece un decremento di circa mezzo punto percentuale se si esclude l’egrocery e si considera la sola rete fisica). Un risultato conseguito anche grazie al buon andamento della stagione natalizia; la recrudescenza della pandemia e il timore della variabile Omicron hanno infatti tenuto molti italiani tra le mura domestiche e fatto segnare un incremento delle vendite della Gdo di circa 3 punti percentuali nelle ultime due settimane dell’anno. IAT
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