E' in libreria e in internet
l'ultimo libro
di Sostene SchenaE' di questi giorni l'uscita dell'ultimo libro del nostro direttore Sostene Schena "Non è un romanzo" (320 pagine) edito da Kimerik. Si tratta della seconda edizione arricchita di una cinquantina di fotografie; Ecco la recensione del giornalista de "il Gazzettino" Dino Bridda.
Non è un romanzo. Allora è un’autobiografia? Certamente sì, se stiamo a quanto asserisce l’Enciclopedia Treccani: «Narrazione della propria vita o di parte di essa, soprattutto come opera letteraria». Ma anche in parte autobiografia spirituale, intellettuale se «più che gli avvenimenti esterni ripercorre le vicende dello spirito, del pensiero, l’attività di studio e di ricerca».
Detto ciò, appare evidente che Sòstene Schena, all’approssimarsi delle sue 84 invidiabili primavere, ha fatto come fanno molti quando “arrivano ad una certa età”: si raccontano dando la stura ai ricordi. Senza falsi pudori, senza reticenze, magari anche con un pizzico di orgoglio. Sì, perché è importante essere titolari di un’esistenza da raccontare. Vuol dire che si possiedono ricordi da condividere con altre persone. Vuol dire che non si è vissuti nell’aridità del binomio casa-bottega e non si è escluso qualsiasi altro ambito sociale entro il quale essere riusciti a sviluppare rapporti interpersonali, amicizie, amori. Ma anche avere perseguito, e in parte raggiunto, obiettivi comuni e avere praticato interessi comuni, quelli che ti danno soddisfazione, che ti arricchiscono e ti aprono sempre nuovi orizzonti.
Siamo abituati, però, a considerare l’autobiografia come un terreno esclusivo di chi “conta” o è destinato a passare la storia per azioni e circostanze che lo hanno visto protagonista. Ma perché? Chiunque di noi, se ha davvero qualcosa di interessante da raccontare, ha tutto il diritto di cimentarvisi senza temere accuse di presunzione o di vanagloria. Poi sarà il lettore a giudicare se abbiamo fatto centro oppure no.
Sòstene aveva da raccontare soprattutto una vita professionale assai lunga e non ancora arrivata al capolinea, ovvero quella di colui che pratica il cosiddetto “mestiere più bello del mondo”. E le pagine di questo libro, al lettore che giornalista non è, danno la spiegazione di che cosa significhi il “mestiere più bello del mondo”. Nel contempo smentiscono la retorica definizione di giornalismo secondo la quale è “sempre meglio che lavorare”.
Qui il nostro autore dimostra che, come tutte le professioni, se svolto con senso di responsabilità, è lavoro a tutti gli effetti, talvolta faticoso, altre volte piacevole, in qualche frangente anche frustrante, altre volte ancora gratificante. E diventa il “più bello del mondo” quando ti dà la possibilità di conoscere molte persone, di accostarti alle più disparate realtà, di capire ciò che ti circonda e di implementare il tuo bagaglio culturale ogni giorno di più. In questo libro tutto ciò è sapientemente narrato e compreso in una sorta di film la cui sceneggiatura si sviluppa nello stesso modo di un’esistenza umana. E l’autore, nel medesimo tempo, firma il soggetto, ne è protagonista, dà il proprio nome alla regìa, in qualche passaggio ne è addirittura spettatore e con il fluire delle parole ne compone pure la colonna sonora.
Esperto di enogastronomia e turismo, blogger, sommelier, con qualche digressione nell’esoterismo, Sòstene si è raccontato con coraggio ed autoironia. Se questo suo libro è un film non si può non augurargli che i titoli di coda siano ancora lontani. Se, invece, è un lungo articolo di giornale, diciamo che vi sono ancora indefinite colonne bianche da riempire. Mettiamola così, giacché si tratta di un collega giornalista!
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