lunedì 26 maggio 2025

Al ristorante: quando la maleducazione diventa un danno

 

No show al ristorante: quando 

la maleducazione diventa un danno economico

Ogni tavolo lasciato vuoto senza avviso è più di un gesto scortese: è una falla nella gestione, uno spreco di risorse, un danno che si ripercuote sull'intera filiera del servizio. Tra appelli, proposte concrete e richieste di tutela, i ristoratori alzano la voce contro un'abitudine sempre più diffusa e tollerata

di Nicholas Reitano
Redattore


Prenotare un tavolo e poi non presentarsi. Nessuna chiamata, nessun messaggio, nessuna disdetta: il noto, purtroppo, "no show". È un gesto che può sembrare insignificante, magari dettato da un cambio di programma improvviso o da una semplice dimenticanza. Ma per chi lavora nella ristorazionesi traduce in un danno reale, quotidiano, spesso taciuto ma profondamente avvertito. A sollevare il tema (per l'ennesima volta) è Francesco Rizzo, titolare del ristorante Cascina Ovi di Segrate (Mi), che ha deciso di scrivere una lettera aperta per dare voce a un disagio che accomuna tanti colleghi. A raccogliere poi il suo appello - e a dire la loro, con lucidità e franchezza - Aldo Maria Cursano (Fipe), lo chef Igles Corelli Sandro Caputo, proprietario di NerinoDieci a Milano.

No show al ristorante, la lettera di Francesco Rizzo

Ecco le sue parole Italia a Tavolapubblicate integralmente:

«Gentile Direttore, gentile Redazione,
scrivo per sollevare un tema che tocca tutti noi ristoratori e che continua troppo spesso a essere sottovalutato: le prenotazioni non rispettate, senza alcuna comunicazione da parte del cliente.

Prenotare un tavolo e poi non presentarsi, senza nemmeno fare una telefonata, non è solo mancanza di educazione: è causa di un danno economico concreto. Un danno che colpisce i titolari, le brigate di cucina, la sala, l'intera organizzazione che ruota intorno all'accoglienza e alla qualità del servizio.

Questo atteggiamento è ancora più grave nei giorni di maggiore affluenza (weekend, festività, eventi) o quando riguarda tavoli numerosi. Quei coperti che restano vuoti non sono solo un'opportunità mancata: sono spese sostenute invano, turni pianificati inutilmente, scorte gestite sulla fiducia.

Certo, si potrebbe pensare di tutelarsi chiedendo una carta di credito o un acconto, ma non tutti i ristoranti possono farlo, almeno non con facilità. Le attuali normative pongono limiti, specialmente per chi non ha anche una licenza ricettiva. Alcune piattaforme offrono soluzioni interessanti e forse la strada si sta aprendo, ma io rifiuto l'idea di trattare ogni mio ospite come un potenziale inadempiente. Mi piacerebbe che bastasse il buonsenso. Che annullare o avvisare in caso di imprevisto diventasse un gesto spontaneo, come dire “grazie” o “buongiorno”. Che rispondere a una chiamata di conferma non fosse vissuta come una seccatura.

Serve un cambio di mentalità. Un cambio culturale vero, che cominci anche da noi ristoratori, che ogni giorno raccontiamo il valore dell'ospitalità. Anche in un ristorante come Cascina Ovi, dove la clientela è nella quasi totalità rispettosa e consapevole, questo problema si fa sentire: gente che (non) viene una volta e poi non si fa vedere mai più...

Approfitto dunque di queste righe ospitate sulla sua testata per lanciare un appello ai colleghi: se condividete queste parole, facciamoci sentire insieme. Non si tratta di lamentarsi, ma di stimolare una riflessione pubblica su un comportamento che mina, silenziosamente, la sostenibilità del nostro lavoro.

Con stima,
Francesco Rizzo»

No show al ristorante: quando la maleducazione diventa un danno economico

Francesco Rizzo

Una lettera che va dritta al puntosenza retorica. E che in poche righe tocca tutte le conseguenze di una pratica tanto diffusa quanto trascurata: il danno economico, la gestione delle scorte, il personale lasciato “in attesa”, l'organizzazione che va in tilt. Ma anche la questione culturale: il buonsenso che sembra svanito, il rispetto per il lavoro altrui che viene meno con leggerezza.

No show, Cursano (Fipe): «Atteggiamento irresponsabile da penalizzare»

A dare ulteriore peso alla denuncia di Rizzo è anche l'intervento di Aldo Maria Cursano, presidente Confcommercio Toscana e vicario nazionale Fipe (la Federazione italiana pubblici esercizi), che sottolinea come il problema sia ben noto alla categoria e oggetto di riflessioni da tempo: «Abbiamo dedicato molto spazio a questo tema e oggi, grazie a specifiche piattaforme, esistono sistemi di tutela simili a quelli del comparto alberghiero. Se prenoti, ti viene richiesta la carta di credito e, a seconda di quando annulli o se non ti presenti, ti può essere addebitata una penale. È un sistema che responsabilizza il cliente e aiuta il ristoratore a non restare completamente esposto» spiega Cursano.

Ma si tratta di un equilibrio delicatoche non può essere lasciato alla discrezione del singolo: «Trattenere dei soldi è una questione giuridicamente sensibile e deve avvenire nel rispetto delle normative: il cliente deve accettare in anticipo le condizioni della prenotazione, sapere cosa comporta e cosa rischia in caso di mancato arrivo. Ecco perché non tutti i ristoranti possono adottare questi strumenti con facilità: serve chiarezza, serve trasparenza, ma soprattutto servono piattaforme affidabili che rendano tutto questo automatico e legittimo. Non può essere il ristoratore, da solo, a stabilire penali arbitrarie». 

No show al ristorante: quando la maleducazione diventa un danno economico

Aldo Maria Cursano, presidente Confcommercio Toscana e vicario nazionale Fipe

Il problema, secondo Cursano, si concentra soprattutto sulla media e alta ristorazionedove i coperti sono limitati e ogni tavolo ha un peso rilevante nel bilancio della giornata: «Ci sono clienti che prenotano contemporaneamente in quattro o cinque locali, poi decidono dove andare all'ultimo minuto senza curarsi minimamente di disdire gli altri. È un atteggiamento irresponsabile che dovrebbe essere penalizzato come avviene in altri settoridal trasporto aereo al turismoSe prenoti un volo e non ti presentiil posto lo paghi lo stessoPerché non dovrebbe essere così anche per un tavolo riservato in un ristoranteche è pur sempre un servizio esclusivo?».

A peggiorare il quadro c'è poi il lato più tecnico e meno visibile della questione: la gestione degli acquisti: «Chi lavora nella ristorazione organizza acquisti e turni in funzione delle prenotazioni. Ci si prepara con materie prime, personale, mise en place. Se un tavolo da dieci persone non si presentanon solo manca l'incassoma restano prodotti deperibili che rischiano di andare persi. E questo, nel giro di pochi giorni, si trasforma in un danno economico doppio» osserva ancora Cursano.

Corelli: «Con il no show si crea una catena 

di costi e disagi per il ristorante»

lo stesso concetto è ribadito, con amarezza e pragmatismo, anche da Igles Corelli, uno dei volti più noti della cucina italiana: «Personalmente non ho mai usato il sistema della carta di creditoma capisco perfettamente chi decide di farlo. Se capita più di una volta, è giusto correre ai ripari». Secondo Corelli, non si tratta solo di buonsensoma anche di difendersi da una certa malizia: «Ci sono persone poi che prenotano con l'intento di creare disagio, magari per invidia o per sport. Gente che non è mai entrata nel locale ma scrive recensioni negative o fa prenotazioni fittizie. È un comportamento scorretto che mette in difficoltà chi lavora seriamente».

No show al ristorante: quando la maleducazione diventa un danno economico

Lo chef Igles Corelli

Anche per lui, la soluzione ideale sarebbe quella di non dover mai ricorrere a penaliMa se l'abitudine del no show si ripeteallora diventa doveroso trovare un deterrente: «Se domani riaprissi un ristorante e vedessi che due o tre volte al mese qualcuno prenota e non si presenta, partirei subito con un sistema di garanzia. È questione di protezionenon di diffidenza». E qui torna il punto di partenzaquello evidenziato da Francesco Rizzola necessità di un cambiamento culturale. Perché, in fondo, il tema non è solo economicoRiguarda il rispetto: «Se un cliente prenotail locale si organizza: fa la spesa, pianifica i turni, magari lascia a casa un cameriere che poteva essere utile un altro giorno. E poi tiene la cucina aperta più a lungo, sperando che il cliente arrivi. È una catena di costi e disagi, anche se si tratta di un solo tavolo» conclude Corelli.

La proposta di Sandro Caputo per prevenire il no show al ristorante

A chiudere il cerchio è il racconto di Sandro Caputo, proprietario del ristorante NerinoDieci a Milano. «Il problema dei no-show lo conosciamo tuttici facciamo i conti ogni giorno. Noi abbiamo solo 18 tavoli, quindi ogni tavolata mancata pesa. Soprattutto se si tratta di gruppi numerosi». Per questo, per evitare sorprese, Caputo ha adottato una serie di accorgimenti molto pratici: «Chiediamo sempre un numero di telefono e il giorno stesso della prenotazione richiamiamo per avere confermaSe non rispondono dopo due o tre tentativiprepariamo comunque il tavoloma con un punto interrogativoPassati 5-10 minutie dopo un’ultima telefonatalo riassegniamo».


Secondo lui, la soluzione sta nella gestione intelligente e flessibile delle prenotazioni: «Utilizziamo app come Dish (di Metro Italia), che ci permettono di regolare la disponibilità, impostare limiti sugli orari e sul numero di persone. Questo aiuta a tenere sotto controllo il flusso e a ridurre i rischi». Nessuna formula magica, solo buone pratiche quotidiane e un po’ di organizzazione. Il punto, per Caputo, è non illudersi che il problema sparisca: «I no-show ci sono sempre stati e ci saranno sempre. L’importante è avere un sistema che permetta di rimpiazzare il tavolo rapidamente». E poi, lancia una proposta concreta: «L’ideale sarebbe avere un sistema condiviso tra i ristoratoriuna piattaforma dove - con il consenso del cliente - si possano registrare i comportamenti scorretti. Se un cliente prenota e non si presenta, che almeno risulti. Non per punirlo, ma per essere consapevoli e prevenire».

Perché, alla fine, il no-show non è solo una mancanza di educazioneÈ un ostacolo che rallenta il lavorospreca risorse e mette in difficoltà chi ogni giorno si prepara a dare il meglio. Se il buonsenso da solo non basta, serve allora costruire strumenti comuni, pensati per tutelare chi accoglie, cucina e lavora con serietà.

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