Liccu,
storie di pizzo
e di rinascita...
ai fornelli
Un nuovo scorcio di cucina siciliana, in accezione catanese, alle spalle del popolare Mercato delle Erbe, nel cuore del capoluogo emiliano.
Una specifica territoriale necessaria quando si parla di Sicilia, isola gastronomica capace di infinite ricette, stili e varianti, frutto della storia millenaria di ombelico culturale del Mediterraneo.Ma soprattutto una bella storia di rinascita e integrazione perché Maurizio Di Stefano, il patron di “Liccu” (termine che in catanese si traduce con “goloso”) a Catania faceva il libraio, ma dolorose vicende di pizzo e incendi dolosi, contrastate con “schiena dritta” e denunce alle autorità, l’hanno portato a trasferirsi a Bologna e ricominciare in un settore solo amato ma mai praticato, da coraggioso cinquantenne.
Ad affiancarlo fra la cucina e il bancone di questo raccolto locale da una ventina di posti a sedere (quasi sempre occupati), una bella squadra multietnica, con atmosfera da famiglia allargata.
Sulla carta le tipicità della sontuosa pasticceria isolana come cannoli, cassate e granite o le proposte salate dove gli arancini dettano legge (e la declinazione al maschile chiarisce che si tratta di quelli a cono, alla catanese), fino a primi piatti, specialità da forno e secondi di pesce.
Aperto da colazione a cena (quest’ultima per ora solo dal giovedì al sabato), con menu che cambia a seconda della disponibilità delle materie prime, ma che può contare su classici come la Pasta alla Norma (9 euro) o le Sarde a beccaficu (11 euro) quanto su variazioni tematiche come la Tagliata di tonno con cipolla caramellata (13 euro) o il Filetto di maialino in crosta di pistacchio (13 euro).
Buono il rapporto qualità-prezzo, con prodotti quasi tutti isolani e felice sincretismo felsineo con pasta tirata a mano da una esperta sfoglina. Per finire, ad accrescere il senso di casa, la “golosità virtuale” di postazioni di ricarica smartphone e wi-fi libero, benefit molto apprezzati, soprattutto dal pubblico giovanile.
di Giuseppe De Biasi
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