L'attesa di una data logora
le discoteche alle prese
con mancanza
di personale
e di tempo
per la programmazione
L'annuncio del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, non convince i gestori dei locali da ballo che chiedono date certe per ripartire e salvare la stagione dopo oltre un anno di chiusura. E i problemi da affrontare non mancano: personale, gestione del green pass, programmazione degli eventi
L’annuncio del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa ha dato nuova speranza al mondo delle discoteche che potrebbero tornare a riaprire «entro i primi dieci giorni di luglio». Peccato, però, che una data ufficiale ancora non ci sia. Prospettiva che costringe i gestori dei locali da ballo a scommettere sulla ripresa del settore in base alle informazioni che finora sono trapelata dagli incontri istituzionali dello stesso sottosegretario con i rappresentati del Silb e di Asso Intrattenimento. Momenti di confronto in cui è stato posto sul tavolo il protocollo che permetterà di tornare a ballare in pista con il green pass e senza mascherina (almeno per i locali all’aperto). Ma che lascia irrisolta la precarietà di un comparto chiuso da febbraio 2020 e che vuole a tutti i modi evitare le defaiance della scorsa estate che metterebbero a rischio la ripartenza della stagione invernale.
Incassi che, in tutto questo, si stanno spostando nelle casse di chi organizza feste abusive. E non parliamo di rave illegali. «In diverse località sulla costa, qui nelle Marche, lo scorso anno per ballare le discoteche e i locali da ballo hanno fatto i salti mortali per mettersi a norma. Per poi scoprire che negli chalet tutto intorno si ballava e si consumava senza nessun controllo. Anzi, a volte pure con la complicità di alcuni sindaci che giravano la testa dall’altra parte. Dov’erano i controlli? Non possiamo prendere il divertimento e farlo diventare un reato solo perché si pratica in un locale al chiuso», ribadisce Casorla.
Come ripartire allora? «Grazie alla programmazione. Ma per metterla in atto ci vuole tempo. Non bastano 24-48 ore per rimettersi in linea. È un lavoro di mesi. Per questo speriamo che una data certa arrivi il prima possibile», conclude Casorla.
Per contrasto, va detto, la stessa considerazione dà lo slancio ai gestori per rimettersi in moto: «Noi abbiamo azzardato con la programmazione e la nostra scaletta di eventi è pronta da mesi. Uno sforzo anche economico in un momento in cui di soldi non ne girano. Per fortuna, però, abbiamo un capitale di credibilità da spendere per coinvolgere artisti, assicurarsi spazi pubblicitari, convincere il personale a tornare a lavorare per noi. E anche per convincere i clienti a tornare nei nostri locali», conclude Pinton.
Nonostante il cambio di destinazione, però, i problemi rimangono gli stessi. Soprattutto a livello di personale. Ma da cosa dipende? «Confrontandomi con alcuni colleghi siamo arrivati alla conclusione che i giovani che lavoravano solitamente con noi per arrotondare o avere un qualche tipo di entrata per pagarsi la rata della macchina, sostenersi all’università o simili abbiano le tasche piene a causa delle chiusure forzate e delle mancate spese. Quindi, di fatto, non abbiano bisogno di lavorare nel weekend», conclude Nicoli.
Dopo il fallimento del 2019, Galli aveva rilevato il locale e a inizio 2020 aveva dato avvio ai lavori in vista della ripartenza estiva. Tutto bloccato dallo scoppio della pandemia. «Abbiamo costituito una nuova società ma finché il locale non è agibile non possiamo ottenere la licenza di locale per spettacoli e quindi non possiamo né riaprire né ottenere alcun tipo di sostegno o andare in banca a chiedere un finanziamento garantito dallo Stato. Una vera e propria anomalia in cui, immagino, siano incappati molti colleghi che avevano attivato investimento di un certo peso prima dell’emergenza e poi si son ritrovati bloccati in un limbo burocratico», racconta Galli. Il tutto mentre le spese fisse continuano a galoppare.
Maurizio Casorla (Melaluna Center Dance): «Attenzione alle riaperture estive per non bruciarci quelle invernali»
Eventualità ben presente nella mente di Maurizio Casorla, titolare del Melaluna Center Dance di Ancona: «Il 70-75% dei locali in Italia è al chiuso. Quindi la riapertura della minoranza all’aperto avrà un impatto sul destino di molti colleghi. Bisogna stare attenti a non fare gli errori del 2020». Il riferimento è, innanzitutto, a quanto successo in Sardegna dove tre locali della Costa Smeralda sono finiti nel mirino della procura per epidemia e lesioni colpose non osservando le regole di comportamento anti-Covid allora in vigore. Errori che, quest’anno, dovrebbero essere evitati grazie ai vaccini: «Quando raggiungeremo l’immunità di gregge mi aspetto che sarà possibile riaprire in piena sicurezza anche al chiuso. Ma sono ancora perplesso sulle modalità con cui tutto ciò darà possibile. Se la ripresa dell’attività coinciderà con il mantenimento di limitazioni come la mascherina, il distanziamento, capienza ridotta, ecc. allora sarà estremamente difficile ricominciare. Anche perché, nel frattempo, i costi fissi corrono e si aggiungono tutte le spese per la formazione del personale e la sanificazione dei locali. Un peso non indifferente dopo un anno e mezzo di mancati incassi», precisa Casorla.Incassi che, in tutto questo, si stanno spostando nelle casse di chi organizza feste abusive. E non parliamo di rave illegali. «In diverse località sulla costa, qui nelle Marche, lo scorso anno per ballare le discoteche e i locali da ballo hanno fatto i salti mortali per mettersi a norma. Per poi scoprire che negli chalet tutto intorno si ballava e si consumava senza nessun controllo. Anzi, a volte pure con la complicità di alcuni sindaci che giravano la testa dall’altra parte. Dov’erano i controlli? Non possiamo prendere il divertimento e farlo diventare un reato solo perché si pratica in un locale al chiuso», ribadisce Casorla.
Come ripartire allora? «Grazie alla programmazione. Ma per metterla in atto ci vuole tempo. Non bastano 24-48 ore per rimettersi in linea. È un lavoro di mesi. Per questo speriamo che una data certa arrivi il prima possibile», conclude Casorla.
Tito Pinton (Il Muretto): «Programmazione già pronta da mesi, ora vogliamo tornare a lavorare»
Chi, invece, ha già assaporato il gusto della riapertura è Tito Pinton, titolare di 4 attività - compresa la discoteca Il Muretto di Jesolo (Ve) e un locale a New York la cui inaugurazione è stata rimandata a causa del Covid che ha rallentato i lavori di allestimento – che ha dovuto “traslocare” per una notte a San Marino per tornare a fare il lavoro di una vita: «Quell’evento ha dimostrato che le discoteche non sono il problema. Possiamo garantire un divertimento in sicurezza grazie a un’attività di monitoraggio del pubblico e controllo degli accessi. Cose che, in verità e per altri motivi, facevamo già prima». Da questa considerazione viene quindi lo sconforto per la mancanza di certezze sulla data di riapertura: «Non capisco che differenza ci sia fra riaprire oggi e il 10 luglio. Tanto a livello economico ci hanno già rovinato lo stesso ma almeno non ci togliessero la dignità del lavoro», commenta Pinton.Per contrasto, va detto, la stessa considerazione dà lo slancio ai gestori per rimettersi in moto: «Noi abbiamo azzardato con la programmazione e la nostra scaletta di eventi è pronta da mesi. Uno sforzo anche economico in un momento in cui di soldi non ne girano. Per fortuna, però, abbiamo un capitale di credibilità da spendere per coinvolgere artisti, assicurarsi spazi pubblicitari, convincere il personale a tornare a lavorare per noi. E anche per convincere i clienti a tornare nei nostri locali», conclude Pinton.
Gabriele Nicoli (Bellavita): «Ci siamo dati alla ristorazione, ma manca il personale»
Locali che, nel frattempo, hanno cercato di reinventarsi. «Io ho un locale all’aperto ma quest’anno non ho potuto ripartire. Avendo una concessione temporanea, infatti, avrei dovuto fare domanda a febbraio ma allora eravamo ancora in una situazione difficile e non me la sono sentita. Diversamente, ho aperto un altro locale di circa tremila metri quadri in cui l’offerta ruota attorno al food&drink. La speranza è che il comune prossimamente ci dia anche la licenza temporanea per ballare così da poter organizzare qualche serata. Al momento, comunque, la musica c’è ma niente ballo», racconta Gabriele Nicoli, titolare del Bellavita presso la Cascina la Rosa Bianca in provincia di Bergamo.Nonostante il cambio di destinazione, però, i problemi rimangono gli stessi. Soprattutto a livello di personale. Ma da cosa dipende? «Confrontandomi con alcuni colleghi siamo arrivati alla conclusione che i giovani che lavoravano solitamente con noi per arrotondare o avere un qualche tipo di entrata per pagarsi la rata della macchina, sostenersi all’università o simili abbiano le tasche piene a causa delle chiusure forzate e delle mancate spese. Quindi, di fatto, non abbiano bisogno di lavorare nel weekend», conclude Nicoli.
Enrico Galli (Cocoricò): «Ancora troppa incertezza. Per ripartire attendo la data ufficiale»
Difficoltà e incertezze che hanno spinto più di qualcuno ad attendere ancora, a non esporsi con il rischio di dover far marcia indietro. Fra questi c’è anche Enrico Galli, titolare di tre locali sulla Riviera romagnola (tra cui l'Altromondo Studios): «Attendo l’ufficialità della data di ripartenza. Di sparate come questa ce ne sono state diverse negli ultimi tempi e non si sono mai tramutate in realtà». Un bel problema per chi si è anche assunto il compito di rilanciare uno dei locali più conosciuti dal popolo della notte: il Cocoricò (che riaprirà ufficialmente a ottobre).Dopo il fallimento del 2019, Galli aveva rilevato il locale e a inizio 2020 aveva dato avvio ai lavori in vista della ripartenza estiva. Tutto bloccato dallo scoppio della pandemia. «Abbiamo costituito una nuova società ma finché il locale non è agibile non possiamo ottenere la licenza di locale per spettacoli e quindi non possiamo né riaprire né ottenere alcun tipo di sostegno o andare in banca a chiedere un finanziamento garantito dallo Stato. Una vera e propria anomalia in cui, immagino, siano incappati molti colleghi che avevano attivato investimento di un certo peso prima dell’emergenza e poi si son ritrovati bloccati in un limbo burocratico», racconta Galli. Il tutto mentre le spese fisse continuano a galoppare.
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