presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
Con questo articolo iniziamo un percorso alla scoperta delle carni, con una parte introduttiva e, in seguito, con i dettagli per tipologia. La domanda iniziale è: siamo un popolo carnivoro? La risposta unanime è sicuramente affermativa. Ma, soprattutto per noi italiani, la cosa è tutt’altro che semplice. Mi spiego: in apparenza sembrerebbe che nella composizione di un menu, la scelta del piatto di carne non dia alcun problema; ebbene, non è così. Avete mai osservato i commensali al ristorante di fronte alla scelta della carne? Prima si fanno spiegare dal cameriere, per filo e per segno, le caratteristiche dei vari piatti e quindi scelgono, come sempre, un bel filetto di manzo o la solita scaloppina di vitello. Restano inevitabilmente escluse le carni di maiale, coniglio e, soprattutto, la cacciagione, riservata a pochi “maniaci” come mi è capitato di sentire.
A qualcuno queste mie osservazioni parranno eccessive ma, vi prego di credermi, nella mia lunga e variegata esperienza più volte mi sono imbattuto in situazioni talvolta divertenti e, devo ammettere, nella maggioranza dei casi appannaggio degli uomini. In definitiva penso che tutto possa essere sintetizzato nel timore del nuovo e, in questa materia, le signore sono sicuramente più coraggiose degli uomini. È più facile sentire questa frase pronunciata da una donna: “non l’ho mai mangiato ma sono curiosa e questa volta l’assaggio”. L’uomo è, in genere, più legato ai piatti a lui più familiari e non se la sente - salvo eccezioni - di cimentarsi in sperimentazioni fuori dalle quattro mura domestiche. I Cordons Bleus sono da considerare un’eccezione perché veri gourmet. Da qui la necessità di operare con bisturi nel repertorio e suggerire ai nostri attenti lettori una svolta nelle abitudini e, soprattutto un atto di coraggio nelle scelte.
L’importanza dell’equilibrio del menu
Cosa posso dunque consigliare per un menu importante? Prima di tutto, non dobbiamo mai perdere di vista l’equilibrio dell’intero menu che, come si ricorderà viene studiato partendo appunto dai piatti più importanti come quelli di pesce e, principalmente, di carne. Con tutta la mia pessimistica premessa non intendevo certo condannare il cosiddetto “piatto forte” del pranzo ma, per favorire le cosiddette “carni alternative” e ben lungi dal proporre supposti surrogati poveri della carne, possiamo rivolgere la nostra attenzione, a seconda della stagione, ai volatili, tra i quali amo particolarmente le quaglie, le anitre e, perché no, quando ben fatto, anche il pollo.
Anzi, facendo una piccola parentesi, voglio suggerire ai lettori un piatto semplicissimo, adatto all’apertura di un pranzo: «Far cuocere un petto di pollo in ottimo brodo e fare attenzione a non far mai raggiungere l’ebollizione; a cottura ultimata, tagliarlo a sottili listerelle e, con queste, impreziosire un’insalata mista condita con olio extravergine d’oliva, aceto aromatico, pinoli ed uvette». Vi assicuro, è un modo eccellente di iniziare un pasto e questa insalata può addirittura costituire un piatto unico per chi deve tenersi piuttosto leggero oppure per il pasto di mezzogiorno e, pensate, la ricetta è del periodo rinascimentale.
Elemento essenziale affinché i piatti di carne siano digeribili, è ancora una volta la loro cottura. Come sempre consiglio di usare il forno: consente di limitare i condimenti e i grassi valorizzando nel contempo il sapore delle carni stesse. Il discorso della cacciagione è riservato ai suoi fan per cui mi riservo di tornare sull’argomento con un articolo dedicato interamente a queste specialità.
Vitello, una carne che merita più apprezzamento
Tornando al nostro menu, vediamo insieme alcune possibilità di scelta nel manzo: dopo il tanto celebrato filetto cotto in più modi (consiglierei di evitare il diffusissimo filetto ai ferri a favore di quello al forno o addirittura al vapore con erbe aromatiche), la costata, vanto della cucina fiorentina, costituisce da sola il motivo di un pranzo. Per evitare imbarazzi nei pranzi importanti è bene servirla sempre disossata.
Filetto di manzo agli ortaggiNel vitello, un tempo considerato indispensabile per l’alimentazione dei bambini, abbiamo assistito ad un suo progressivo appannamento nelle preferenze del pubblico perché considerato troppo insipido e acquoso. Ebbene, su questo argomento desidero dare un’interessante comunicazione ai lettori: da qualche anno nel Cremonese esistono allevamenti di vitelli “doc” trattati senza estrogeni e quindi più saporiti e consistenti. Ne ho sperimentato personalmente la bontà e mi sento quindi di consigliarne l’uso nelle diverse specialità della cucina italiana. Nel caso del vitello, dimenticando la solita “fettina” si può con successo cimentarsi in vari piatti con intingoli degni di ben figurare in qualsiasi pranzo.
Olivette di vitello ripieneMaiale, anatra, tacchino
La carne di maiale, troppo spesso esclusa perché ritenuta “troppo grassa” merita una sicura riabilitazione. Le nostre leggi oggi impongono allevamenti di maiali con carne magra valida antagonista di quelle più celebrate. Esistono nella nostra cucina regionale piatti con carne di maiale che molti Paesi ci invidiano ed è un vero peccato che ce ne siamo dimenticati.
Un’ultima annotazione sull’anatra, mia favorita. Un piatto particolarmente sfizioso e raffinato è il “Petto d’anatra con salsa all’arancia”, una trasposizione del rinascimentale e toscano “paparo all’arancia”, più comodo per il servizio e, indubbiamente, di grande effetto scenografico del quale abbiamo pubblicato la ricetta in un precedente articolo.
Rotolo di anitra farcitoE il tacchino dove lo mettiamo? Dicono che abbia la carne troppo asciutta. Come sempre si tratta solo di un problema di cottura. Non bisogna mai dimenticare che i tempi prolungati asciugano anche le carni più umide. Nel caso del tacchino si tratta solo di ricorrere ad alcuni accorgimenti in modo che durante la cottura, specie in forno, la carne sia protetta dalla pelle mantenendo quindi tutta l’umidità che la renderà morbida e gradevole. Italiaatavola
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