Costi alle stelle:
43mila stalle
a richio chiusura
Gli allevatori italiani sono allo stremo. Le oltre 43.000 aziende di bovini da latte rischiano di chiuudere a causa del rialzo incontrollato delle materie prime e dell’energia, a cui si aggiungono ora gli effetti della crisi in Ucraina.
A denunciarlo è la Cia-Agricoltori Italiani, associazione di categoria, che per bocca del suo presidente Dino Scanavino ha deciso di rivolgersi al Governo per chiedere un sostegno immediato contro la crisi.
Mucche al pascolo«Servono interventi immediati per riconoscere ai produttori una più equa quotazione del latte alla stalla, oltre a interventi strutturali per evitare la chiusura delle imprese». Ha dichiarato Scanavino, intervenendo oggi al tavolo di filiera del settore lattiero-caseario con il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli. «L’accordo firmato nei mesi scorsi è stato totalmente disatteso - ha ripreso il presidente - Dimostrando una totale mancanza di rispetto per le difficoltà del sistema produttivo. Oggi un litro di latte fresco viene pagato in media 39 centesimi al litro all’allevatore, con costi di produzione più alti e ormai vicini ai 45 centesimi al litro, mentre il prezzo del latte ‘spot’ è a 49 centesimi, per arrivare sullo scaffale del supermercato a quota 1,50-1,70 euro. Insomma, una situazione insostenibile e ingiustificabile. Ecco perché chiediamo di adeguare il prezzo del latte bovino alle dinamiche di mercato di alcuni prodotti guida, oltre che ai costi di produzione. L’andamento delle vicende internazionali rende evidente l’utilità di avere a disposizione un meccanismo per l’adeguamento del prezzo del latte nel corso dell’anno, sulla base dello sviluppo del mercato».
Allo stesso tempo, per Cia è necessario mettere in campo ulteriori interventi per mitigare gli effetti dei rincari sulle aziende, acuiti dal conflitto russo-ucraino. Basti pensare che, solo nei primi 14 giorni di febbraio, i prezzi dell’elettricità sono cresciuti del 238% sullo stesso periodo del 2021; il gas naturale il 327% in più, il petrolio il 50% in più. I costi dei trasporti sono aumentati del 115% rispetto a febbraio di un anno fa. Una corsa insostenibile per la catena di approvvigionamento, che colpisce tutti gli anelli della filiera.
Le stalle, in aggiunta, devono fronteggiare anche i rialzi legati alla mangimistica. Il prezzo del mais a uso zootecnico costava a gennaio il 32% in più rispetto a gennaio 2021 (e il 67% in più rispetto a dicembre 2019); la soia è passata dai 328 euro/ton di maggio 2019 a 621,5 euro/ton di media nell’ultimo mese (+89%, con una crescita del 23,3% rispetto a febbraio 2021) e l’erba medica disidratata in balloni è proiettata a raggiungere il prezzo record degli ultimi 22 anni (solo nel 2014 raggiunse un valore più elevato, 268 euro alla tonnellata)
.iat
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