“One health, one earth. Stop food waste”: con questo slogan il 5 febbraio scorso si è celebrata in tutta Italia la 9ª Giornata nazionale della prevenzione dello spreco alimentare. La lotta allo spreco si inserisce negli obiettivi dell’agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui quello di dimezzare lo spreco alimentare pro-capite. I numeri reperiti da un’indagine del Crea raccontano che una famiglia media «spreca 399 kg di cibo a settimana, pari al 4,4% del peso del cibo acquistato, con un valore monetario totale dei prodotti alimentari sprecati di 1.052 euro, pari al 3,8% della spesa alimentare del campione». Nel 2019 solo l’1% degli intervistati ha dichiarato di cestinare il cibo quotidianamente e nel 2021 gli italiani si sono dimostrati il popolo più virtuoso del primo Cross Country Report monitorato su 8 Paesi del mondo (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Canada, Russia, Germania, Spagna e Italia). Seguono lo spreco idrico (52%), gli sprechi nella mobilità (25%), di energia elettrica (24%) e in generale legati al denaro (16%).
A che punto siamo in Italia?
Ma quando è nata l’attenzione allo spreco alimentare? In Italia nel 2014 fu inaugurata la prima giornata della prevenzione dello spreco, grazie al progetto Last Minute Market nato con uno spin off dell’Università di Bologna nel 1998. L’accordo sottoscritto dalle Nazioni Unite nel 2015 ha fatto luce su un tema che non riguarda solo la produzione e la distribuzione ma anche i singoli individui ed ha aperto la strada a una serie di azioni volte alla sensibilizzazione della collettività e all’attuazione di misure che accrescano la consapevolezza di tutte le parti in gioco ovvero dalla produzione al consumatore finale.
Tornando con l’attenzione al nostro Paese, si parte dalla Legge Gadda (Legge n.166 del 2016), che introduce il tema dell’economia circolare, strutturando il sistema di redistribuzione delle eccedenze e dei beni inutilizzati per fini di solidarietà sociale. Ancora oggi, non tutti conoscono l’opportunità fornita da questa legge che ad esempio ha istituito nel campo ristorativo la “doggy bag”. A favore della restituzione di un nuovo valore alle eccedenze, è seguita nel 2018 la legge di bilancio che ha stabilito specifiche agevolazioni fiscali per le donazioni.
Circolo virtuoso di recupero dell’invenduto
L’app “Too Good to Go”, nata in Danimarca e arrivata nel nostro Paese nel 2019, ha ulteriormente sensibilizzato sul tema e fornito uno strumento pratico per la comunicazione tra negozianti e consumatori creando un circolo virtuoso di recupero dell’invenduto, che viene valorizzato come “troppo buono per essere buttato” ed offerto ai consumatori a fine giornata a prezzi agevolati. Una “magic box” di cui non si conosce il contenuto, che può divenire una “magic box sospesa”, come avviene con il caffè napoletano.
Dal produttore al consumatore
A maggio 2020 l’Ue ha pubblicato la strategia “Farm to Fork” (F2F, dal produttore al consumatore), nella quale tra gli obiettivi annovera la riduzione della perdita e dello spreco di cibo (“food loss and waste”) a favore della sostenibilità e dell’impatto economico e sociale. A tale scopo la commissione proporrà obiettivi giuridicamente vincolanti per ridurre lo spreco alimentare in tutta l’Ue.
Shelf life degli alimenti
Nello stesso anno l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha emanato delle linee guida per determinare la shelf life degli alimenti, valorizzando le informazioni che vengono date ai consumatori fornendo in primis uno strumento per gli Osa (Operatori del settore alimentare) che li supporti nella scelta dell’indicazione del Tmc (termine minimo di conservazione) piuttosto che della data di scadenza. «La Commissione europea stima che fino al 10% degli 88 milioni di tonnellate di sprechi alimentari prodotti ogni anno nell’Ue sia connesso all’indicazione della data di scadenza sui prodotti alimentari» (fonte Efsa).
Termine minimo di conservazione e data di scadenza: qual è la differenza?
E sullo stesso argomento l’Europa sta discutendo a proposito di etichettatura, in quanto sembra che la maggioranza dei consumatori e operatori del settore non conosca la differenza tra termine minimo di conservazione e data di scadenza. La prima non è perentoria, nel senso che l’alimento può essere ancora consumato qualche giorno o qualche mese dopo, a seconda del prodotto, ma sarà meno buono da un punto di vista sensoriale. In aiuto le linee guida di Fbao e Caritas, riconosciute dal ministero della Salute.
Più consapevolezza, meno sprechi
L’Osservatorio Waste Watcher International on Food and Sustainability monitora dal 2013 la gestione del cibo a livello domestico in Italia e coi suoi rilevamenti mette in luce le criticità nei comportamenti che generano spreco. Secondo l’osservatorio i prodotti maggiormente sprecati sono frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%), mentre la causa principale (47%) dello spreco viene attribuita alla dimenticanza. L’Italia sembra essere sensibile al tema, ma meno della metà degli italiani usa una strategia per ridurre lo spreco; probabilmente la diffusione della consapevolezza porterebbe a risultati ancora più incoraggianti. Controllo delle scadenze per consumare prima i cibi più prossimi al termine, conservazione e riutilizzo degli avanzi, acquisti ponderati e consapevoli... Le strategie da mettere in campo sono numerose.
Il 29 settembre 2022 sarà la Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari. Tutti siamo chiamati a portare il nostro contributo nel sostegno e nella diffusione della lotta allo spreco che, oltre all’ambiente, coinvolge anche temi sociali ed economici che richiamano l’attenzione di tutti al rispetto della terra e di ciò che ci offre ed alla solidarietà. italiaatavola
Nessun commento:
Posta un commento