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Non ci sono solo le banche che chiudono i conti o le griffe dell’alta moda che abbassano le saracinesche. In Russia si spengono anche le insegne delle grandi catene del fast food o i produttori di bevande che cessano la produzione. È tutto il mondo dei consumi tipicamente occidentale (o meglio ancora americano) che lascia il regno dello zar Putin, accrescendo il divario che potrebbe essere incolmabile per anni dopo l’entrata dei carri armati russi in Ucraina.
La Russia, sempre più isolata dall'Occidente, punta all'autarchia
Non si sa quanto sia la spinta del Governo americano per le scelte di colossi commerciali che rischiano di fare arretrare di anni il livello dei consumi dei russi, già da giorni più poveri dopo il crollo del valore del rublo. Sta di fatto che come in un gioco del domino, uno per uno tutti i grandi marchi se ne vanno. È come se si fosse tornati all’autarchia dell’Urss. Certo per ora ci sono state solo le code a Mosca e nelle grandi città per magiare l’ultimo panino di McDonald’s, che ha annunciato la chiusura “temporanea” dei suoi 850 punti vendita in Russia, ma se questa situazione dovesse continuare per molto tempo non è da escludere che si possano vedere code anche per comprare generi alimentari, come ai tempi del comunismo.
Certo si può vivere benissimo senza il panino con l’hamburger, così come senza i polli fritti di Kfc o le simil pizze di Pizza Hut disponibili fino a poche ore in migliaia di ristoranti in Russia, o senza i caffè di Starbucks. E i russi possono fare a meno di bere Coca Cola, Pepsi Cola, 7Up o le birre di Heineken e Carlsberg. Tutti hanno chiuso i locali o le fabbriche, anche se la Pepsi Cola (che in Russia ha uno dei suoi maggiori mercati) ha fatto sapere che continuerà comunque a commerciare alcuni prodotti essenziali come latte e alimenti per l’infanzia.
La globalizzazione si pensava fosse la via maestra per vivere in pace
Certi stili di vita appartengono a un mondo che negli anni avevamo immaginato sempre più “simile”, con meno barriere e più intrecci e scambi. E proprio il cibo e le bevande ne erano un po’ gli emblemi e gli ambasciatori di scambi e integrazioni. Pensiamo solo, alla diffusione della vodka in tutto l’Occidente come base di moltissimi miscelati. Erano i segnali più visibili di quella globalizzazione che soprattutto noi europei avevamo immaginato come una via maestra per vivere in pace.
Purtroppo la realtà è un’altra e proprio la ritirare dalla Russia dei fast food e delle bevande industriali ci dimostra come si trattava di un equilibrio instabile.
L'addio dei grandi marchi dalla Russia non porterà a una sollevazione dei giovani contro Putin
Ma non saranno certo le assenze di questi consumi, come si illudono alcuni osservatori, a spingere i giovani russi a ribellarsi alla dittatura di Putin. Per fortuna la mancanza di un panino di McDonald’s o di una Coke non significa essere alla fame. Questa situazione acuirà semmai la “distanza” verso i giovani europei. Se mai ci dovesse essere uno scossone vero nell’opinione pubblica russa (già condizionata da una retorica da regime), questo potrebbe derivare dall’annunciato distacco di Mosca dalla rete di Internet e dall’assenza di Google o dei prodotti di marca Apple, Samsung, Microsoft ecc. Ma non dimentichiamoci che dietro l’angolo c’è la cinese Huawei contro cui gli Usa di Trump avevano dichiarato guerra. E se invece che usare cellulari o pc occidentali gli adolescenti russi useranno quelli cinesi, non è da escludere che domani mangino nei fast food i ravioli o gli involtini primavera invece del pollo fritto. E l’Europa sarebbe ancora più lontana e nemica. Ma c’è anche un’altra variabile da considerare: Putin ha da poco annunciato che la Russia potrebbe nazionalizzare tutte le attività che hanno chiuso le proprie sedi, facendo sì che possano riaprire con un management russo. Questo costituirebbe una rivoluzione di tutte le regole del commercio internazionale dei marchi diffusi a livello globale.
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