mercoledì 30 gennaio 2019

Nuovi stili alimentari degli italiani La mancanza di tempo ci condiziona

Nuovi stili alimentari 

degli italiani
La mancanza 

Contenitori per il “Rimpiattino”

di tempo 

ci condiziona



Èla mancanza di tempo a condizionare il rapporto degli italiani con il cibo: al suo consumo dedicano sempre meno tempo (in media 37 minuti per prepararlo e solo 29 per consumarlo). Cresce però del 97,1% la consapevolezza dell’alimentazione come fonte di salute. 

Mentre calano i consumi alimentari domestici, cresce sempre più il settore del fuori-casa, con il 36% della spesa alimentare totale e un valore aggiunto di 43,2 miliardi di euro. È quanto emerge dal Rapporto Ristorazione 2018 della Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, presentato a Roma dal suo presidente Lino Stoppani alla presenza del ministro della Salute Giulia Grillo, di Roberto Calugi, direttore generale Fipe, di Luciano Sbraga, responsabile ufficio studi Fipe, il quale ha illustrato i dati salienti del Rapporto, e di Matteo Sarzana di Deliveroo, che ha presentato un focus sul settore in espansione del food delivery, fenomeno uscito ormai dal segmento di nicchia (+30% solo nell’ultimo anno) per diventare consolidata abitudine di consumo.

Matteo Sarzana, Luciano Sbraga, Lino Stoppani, Giulia Grillo, Roberto Calugi (Nuovi stili alimentari degli italiani La mancanza di tempo ci condiziona)
Matteo Sarzana, Luciano Sbraga, Lino Stoppani, Giulia Grillo, Roberto Calugi

Resta però nell’immaginario degli italiani, anche ordinando il cibo sulle piattaforme con un click, che esso sia convivialità, relazione, passione, ma anche cultura e tradizione (ben il 75% conosce piatti e ricette di nonne e mamme, mentre per il 44,6% mettersi a tavola è un momento di relax). Tutti d’accordo quindi sul rapporto cibo/salute (“siamo quel che mangiamo”), tuttavia il 36% della popolazione è in sovrappeso e l’11% obeso. Si sta molto meno a tavola, soprattutto a pranzo (solo pochi anni fa la permanenza media era di 2 ore), mentre per il 53% degli intervistati la cena sta diventando il pasto più importante della giornata, coinvolgendo purtroppo anche i ritmi alimentari dei più piccoli. Gli acquisti per la spesa, per il 50,1% degli italiani sono fatti più giorno per giorno che settimanalmente.

«Il cambiamento dei ritmi e degli stili di vita come emerge dal rapporto Fipe - ha detto Lino Stoppani - impone alle nostre imprese un supplemento di responsabilità per garantire qualità, sicurezza alimentare e salute e i ristoranti sono la sede giusta per promuovere la conoscenza dei corretti stili alimentari. Il protocollo d’intesa che abbiamo sottoscritto con il ministero della Salute ne è la testimonianza».

(Nuovi stili alimentari degli italiani La mancanza di tempo ci condiziona)

Il comune impegno per fornire ai consumatori informazioni sempre più puntuali per promuovere corrette abitudini a tavola e per contrastare patologie come obesità, diabete e abuso di alcol è stato ribadito dal ministro della Salute Giulia Grillo, che ha accolto con soddisfazione i dati del rapporto sull’aumento dei consumi di verdura e ortaggi (il 53,3% li consuma ogni giorno, mentre nel 2005 era il 48,9%). Invece 8 persone su 10 hanno dichiarato di mangiare frutta quotidianamente, ma il trend è in flessione: dal 77,3% del 2005 al 74% del 2018. Meno sale, meno carni rosse, ma crollo di pane e pasta nella dieta dell’8,3% della popolazione.

«Dovremmo lavorare - ha detto il ministro Grillo - per promuovere di più i carboidrati complessi al posto di quelli semplici e sconsigliare le bevande zuccherate, causa di diabete di tipo 2, così come tutti i cibi il cui eccesso produce effetti dannosi o invalidanti. Mai inoltre seguire le diete fai-da-te: solo gli esperti possono dare informazioni per una corretta dieta ipocalorica. I ristoratori dovrebbero offrire a richiesta anche le mezze porzioni e i consumatori potrebbero chiedere di portarsi a casa il cibo non consumato».

Sullo spreco del cibo nel fuori-casa è intervenuto il presidente Stoppani che ha illustrato come sia in corso in 10 città italiane una campagna in tal senso, il “Rimpiattino” (vedi foto), per convincere i clienti a portarsi a casa negli speciali contenitori cibi e bevande non consumate. La congelazione degli avanzi in casa - abitudine di tante famiglie - ha dato motivo a Stoppani di ribadire quanto già sostenuto sul famoso asterisco nei menu dei ristoranti che indica i surgelati. «È un segno che fa sembrare ciò che viene servito di bassa qualità - ha detto - e sarebbe opportuno un cambiamento della normativa».

Dal settore del food delivery nel 2018 sono giunti al comparto della ristorazione 350 milioni (+69% rispetto all’anno precedente). Ne ha parlato Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italia, che ha tracciato la fotografia degli utilizzatori del servizio e le occasioni di consumo. «La possibilità di scegliere e ordinare cibo da una rete sempre più ampia di ristoranti attraverso una piattaforma online - ha detto - è la novità più significativa del mercato della ristorazione degli ultimi anni. Sono i giovani i maggiori utilizzatori grazie all’abitudine dell’uso della tecnologia, senza differenza tra uomini e donne, più di domenica o durante partite di calcio alla tv. Importante la velocità della consegna. A guidarne le scelte (65% al Nord, ma il Sud è in espansione) sono l’attenzione ai cibi sani e salutari e la varietà di scelta è garantita dagli oltre 200 ristoranti tra Roma e Milano, due delle 34 città dove il servizio è presente. Inoltre sono 308 i ristoranti italiani che offrono piatti vegetariani, 206 vegani e 135 senza glutine».

Il piatto più ordinato? Poke Bowl, specialità hawaiana a base di riso e pesce crudo. Già delineate le preferenze emergenti, che segnalano continuità ma anche innovazione: molto richiesti sono il Veg Met, il Beyon Burger e piatti con frutta come ingrediente, soprattutto cocco o dragon fruit. Dal rapporto Fipe emerge un quadro di sostanziale ottimismo per il crescente trend dei consumi fuori-casa, ma Stoppani non ha nascosto le criticità del settore, che riguardano ad oggi 333.640 imprese con 1.252.260 occupati di cui 864.062 dipendenti e 388.202 autonomi. I motivi? Eccesso di offerta, abusivismo e concorrenza sleale, forte tasso di mortalità delle startup problemi economici, rischio di dequalificazione crescente e talvolta infiltrazioni malavitose.
di Mariella Morosi

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