Viaggio nelle terre
del Nero di Troia
Vino pugliese
dalle radici
antichissime
Saranno stati i tralci di vite che Diomede portò da Troia e che dettero buoni frutti sulle rive dell’Ofanto, o quelli dei popoli dell’Asia Minore, a fare del Nero di Troia un grande vino dalla forte identità territoriale.
Storie vere, forse, ma certamente verosimili come chiave di lettura delle origini di questo vitigno che con il Negroamaro e il Primitivo ha fatto la storia ampelografia pugliese. Una panoramica attraverso le interpretazioni del vitigno principe delle Murge, organizzata dal Movimento Turismo del Vino Puglia nell'ambito della sua consolidata attività di valorizzazione e promozione delle aree a particolare vocazione vinicola, ha permesso a un gruppo di rappresentanti della stampa internazionale di sentirsi parte di una realtà complessa quanto affascinante.Non solo degustazioni di Nero di Troia nelle sue varie interpretazioni e incontri con i produttori, ma approfondimenti sulla sua evoluzione enologica, culturale e paesaggistica, e il suo rapporto col cibo secondo il legame antico agricoltura-territorio. Certo è che Federico II, l’imperatore svevo che visse nel XIII secolo, amasse quest'uva nera detta "di Troia" e che ne degustasse il “corposo vino” con piacere dall'alto del suo maniero, l'ottagonale Castel del Monte, Patrimonio Unesco. Tutta la sua area circostante è ad alta vocazione enologica, con caratteristiche pedoclimatiche particolarmente favorevoli. Anche nei secoli passati, dalla moltiplicazione delle vigne ad opera dei marchesi D’Avalos fino ai primi ottocenteschi tentativi di classificazione ampelografica, questo vino seppe esprimere la sua forte identità nelle aree del Barese.
Due le sottovarietà del vitigno, ancora oggi interpretate dai vignaioli nella loro specificità: Troia di Canosa o di Corato e Troia di Barletta o Trenese, ad acini più piccoli e con un risultato meno tannico. Entrambe robuste, resistenti alla siccità e generosamente produttive, hanno nelle varie località nomi diversi come Barlettana, Sumarello, Tranese, Troiano, Vitigno o Uva di Barletta o della Marina. Il viaggio nell’identità e nello stesso tempo della diversità del Nero di Troia ha avuto il suo focus nel wine tasting organizzato dal Movimento del Turismo del Vino Puglia ad Andria nel Chiostro San Francesco che ha riunito 17 cantine, alcune storiche e altre più giovani che hanno investito su questo vitigno che ha tutto l'orgoglio di essere considerato autoctono: oltre la leggenda non si può andare.
In maggioranza nell'Alta Murgia o intorno a Castel del Monte le aziende presenti erano Conte Spagnoletti Zeuli, La Cantina di Andria, Rivera e Giancarlo Ceci, tutte di Andria, poi Tor De Falchi di Minervino Murge, Botromagno di Gravina in Puglia, due di Ruvo di Puglia: Mazzone Francesco e La Cantina di Ruvo , Ognissole di Canosa di Puglia, tre di Corato: Torrevento, Masseria Faraona e Santa Lucia e, di Barletta, la Cantina Sociale. Del Foggiano erano la Cantina Le Grotte di Apricena, D`Alfonso del Sordo di San Severo, l'Antica Enotria di Cerignola e La Marchesa di Lucera. Tutte le aziende, che continuano a fare della qualità, il loro obiettivo, hanno mostrato nelle degustazioni le diverse interpretazioni di un’uva capace di stupire per le sue potenzialità e che ben si armonizza all’intensità dei sapori del territorio, con un elegante corredo olfattivo, il gusto asciutto e corposo, una buona trama tannica e vocazione alla longevità. Non a caso, in purezza o in blend con altre varietà, il Nero di Troia può fregiarsi di due Docg e di varie Dop e Igp.
Onofrio Spagnoletti Zeuli
L’importanza della comunicazione in cui è impegnato da sempre il Movimento del Turismo del Vino Puglia è fondamentale per mettere in risalto l'unicità del Nero di Troia. Ma lo fa nell’ambito delle caratteristiche territoriali, dalla geografia e dalla storia fino alla tradizione e alla cucina, con le sue risorse agricole: olio, ortaggi e prodotti della transumanza come carni e formaggi. È da notare come molte cantine, anche quelle più moderne, rispettino la continuità con il passato con l'esposizione di vecchi attrezzi per la potatura, torchi e botti di una volta. Sono piccoli musei familiari mostrati con orgoglio accanto alle attrezzature d'avanguardia. Rivera è tra le cantine storiche, tra le colline della Murgia e il mare Adriatico.
Le radici della famiglia De Corato risalgono all'800 e - col passaggio da padre in figlio - le vengono riconosciute coraggiose iniziative e sperimentazioni d’avanguardia che l'hanno fatta diventare emblema dell’enologia pugliese e motore di una rinascita che ad oggi non conosce soste. Sebastiano e Marco, alla quarta generazione, proseguono una storia di successi. Caratteristica dei loro vini di Troia, come delle altre tipologie, lo stile enologico che sa interpretare territorio e tradizione con attenzione alle evoluzioni della tecnica e alle tendenze del mercato. C'è l'antico accanto al modernissimo - dalle bottaie interrate con grandi botti di rovere francese e di Slavonia alle barrique fino al cemento vetrificato e ai lucenti serbatoi in acciao inox- e le tecniche di vinificazione e di affinamento sono tra le più innovative . Tra le etichette identificative della varietà, frutto di un progetto di valorizzazione del vitigno avviato negli anni '90, ci sono il Castel del Monte Nero di Troia Dop. e il Puer Apuliae Castel del Monte riserva Docg (Puer Apulia, o figlio di Puglia, è l’appellativo con cui veniva chiamato Federico II).
Sempre all'imperatore sono dedicati anche Il Falcone Docg, prodotto fin dagli anni '50 e il Violante Dop, dal delicato sentore di viola. Passione e competenza, mirate al mantenimento di una forte identità territoriale, sono proprie anche di Ognissole, azienda tra Canosa di Puglia e Castel del Monte, che trae il logo da un mosaico greco che rappresenta il Sole, quel Sole che dona alle uve pugliesi ricchezza, carattere ed eleganza. Forti i valori alla base della filosofia imprenditoriale di Antonio Capaldo di Feudi di San Gregorio a cui appartiene questa azienda, gestita in regime biodinamico a Cefalicchio -una delle due tenute in cui è strutturata la proprietà- con un buon risultato per il clima caldo e arido murgese. Se il Romanico Castel del Monte Dop esprime tutta l’intensità aromatica del vitigno, la sua potenzialità è stata ben espressa anche nella vinificazione in rosa nel Pontelama Dop. Tra le cantine più antiche quella del conte Onofrio Spagnoletti Zeuli, famiglia di viticoltori e olivicoltori dal '600 come attesta la documentazione custodita nell' archivio del Casato che ci dice anche che un suo avo, Sebastiano, fu l'ultimo inquilino di Castel del Monte.
Generazione dopo generazione i terreni incolti vennero bonificati e oggi l'azienda viene citata come esempio di imprenditorialità e di rispetto per il territorio, con un'agricoltura integrata e rispettosa dell'intera tradizione agroalimentare locale. Il suo Nero di Troia ben si esprime in grandi etichette come le due riserve Docg Rinzacco e Terranera e il Dop Vignagrande. Nei rosati è presente nel Mezzana, nel Chiacchiericcio e nello Szo. Altra cantina storica è la Torrevento di Corato, moderna struttura costruita accanto a quella originaria, un antico monastero benedettino della contrada Torre del Vento che nelle grotte scavate nella roccia ospita la bottaia. Ma è nel 1989 ,con Francesco Liantonio, attuale presidente, che avviene la vera svolta con ristrutturazioni, ampliamenti della superficie vitata e innovazione tecnologica. Tra le etichette che esaltano le caratteristiche della varietà le Docg Castel del Monte e Ottagono ma anche le Igt Bolonero,Torre del Falco ed E'Arte. La sala degustazioni dal soffitto a volta in pietra è stata ricavata dalla ristrutturazione dell'antica stalla. Vengono anche organizzate visite guidate alla chiesetta, alla casa padronale e lungo la strada dei vini Dop Castel del Monte.
L'arte, e non solo quella di far vino, è di casa al Mirvita Opificium Arte e Vino Tor de Falchi. nominato dal Ministero delle Politiche Agricole Progetto di eccellenza rurale in Italia. Siamo nelle colline che dal Parco Nazionale dell'Alta Murgia degradano verso l'Ofanto e il Vulture della confinante Lucania e in questa cantina che Donato di Gaetano preferisce chiamare "opificium" tutto parla del pittore russo Kasimir Malevich, pioniere dell’arte moderna e padre del Suprematismo, movimento che voleva liberare l'arte da ogni finalità pratica od estetica. Fin dalla fondazione nel 1990 l'azienda si è concentrata sulla riscoperta dei vitigni autoctoni: oltre al Nero di Troia, l’Aglianico, il Montepulciano,il Fiano, il Moscato Reale di Canelli ed il Bombino Nero. Felice l'interpretazione del Nero di Troiaq della Docg Castel del Monte Aetas Nova e, in blend, nel Boamundus. Un altro esempio del livello espressivo che può raggiungere il vitigno, vendemmia dopo vendemmia, lo dà la famiglia Mazzone di Ruvo di Puglia, alla terza generazione di viticoltori. Domenico e Francesco, che è anche l'enologo, gestiscono i loro 7 ettari vitati con grande rispetto del territorio e fonti di energia alternativa.
«Il nostro lavoro non è solo in vigna e in cantina - dicono - ma continua nella promozione del territorio, nella sostenibilità delle produzioni, nell’interesse verso gli autoctoni e le tecnologie innovative di vinificazione che mirano a limitare al massimo l’impatto umano». Tra le migliori etichette gli Igt Capo Casale, Filo Torto e il rosato Dandy. Nell'area più vocata operano anche due importanti realtà cooperative: La Cantina di Andria, conosciuta come la “Vignuolo”, dal nome poetico con cui il Pascoli definì il viticcio rampicante della vite, e la Cantina di Ruvo di Puglia. La prima, fondata nel lontano 1959, rinnovando l’esperienza della Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria Acli con l’obiettivo di valorizzare i vitigni autoctoni murgesi, conta 40 soci con vigneti che si estendono per circa 200 ettari sulle colline intorno a Castel del Monte.
L’attenzione all'ambiente ha portato la cantina a puntare sul biologico con vini certificati. Con l'uva di Troia nascono la Docg Castel del Monte, il Maniero di Federico e, in blend col Bombino, il Vignuolo Dop. L’impegno per la valorizzazione degli autoctoni, allevati con tecniche innovative ma sempre nel segno della secolare tradizione, è anche della Cantina di Ruvo di Puglia che gestisce 1.500 ettari di vigneti con un migliaio di soci. Su queste pendici collinari, che degradano da 450 a 250 metri sul livello del mare e si caratterizzano per un clima tipicamente mediterraneo e una composizione argillosa del suolo, vengono coltivati i vitigni storici. Le etichette più prestigiose vengono contrassegnate dal Grifo, che dalla facciata della cattedrale protegge la città di Ruvo. È un viaggio da fare, quello nelle terre del Nero di Troia, attraverso i parchi murgesi, lungo le strade del vino che ripercorrono i regi tratturi, tra vigneti, oliveti, pascoli e chiese romaniche di pietra bianca.
Locande e ristoranti propongono il meglio dell'agroalimentare, Andria significa anche burrata - quella della famiglia Olanda viene esportata in tutto il mondo - e da visitare c'è anche il Museo del Confetto. Ma c'è un altro viaggio nel tempo da fare a Bari, ma sotto la città. È quello di Bari Sotterranea, organizzato da "Eventi d’autore". È un percorso articolato, che partendo dal Castello Normanno Svevo, edificato sotto un abitato bizantino, tocca l'area archeologica del Succorpo della Cattedrale romanica e il rinascimentale Palazzo Simi.
di Mariella Morosi
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