lunedì 23 giugno 2014

VINO: L'EXPORT VA... MA GLI ITALIANI?

Export su di giri, ma...
è l’italia che non beve
Anche il vino può essere un oggetto d’arte. Questo concetto oggi normale era assolutamente rivoluzionario quando Giuliana Cesari creò, nel 1992, la bottiglia in onore di Giorgio Morandi che è stata protagonista della mostra Around Morandi tenutasi al MAMBO di Bologna.
Il legame tra la famiglia Cesari e Giorgio Morandi risale alla fine degli anni ’50, quando Ilario Cesari, padre di Umberto, ebbe l’occasione di conoscere e di stringere amicizia con il Maestro bolognese. Proprio per onorare questo legame, nel 1992, in occasione dell’inaugurazione del Museo Morandi, Giuliana Cesari decise di creare una bottiglia celebrativa. Con la collaborazione di Carlo Zucchini e il beneplacito di Maria Teresa Morandi, sorella del pittore, venne ideato un packaging per l’epoca molto innovativo: le bottiglie
di Sangiovese Umberto Cesari furono vestite con il dipinto che raffigura la casa natale di Grizzana.
La bottiglia morandiana è stata nuovamente ammirata e celebrata, 22 anni dopo la sua creazione, nelle bacheche di Aroud Morandi, mostra che ha fatto incontrare design, arte culinaria e cultura dell’innovazione con l’universo di Giorgio Morandi. L’esposizione curata da Carlo Zucchini ha unito oggetti della vita quotidiana della famiglia Morandi e prodotti di design ispirati all’opera del pittore bolognese, tra cui appunto la bottiglia firmata Umberto Cesari.
La vecchia bottiglia
di Sangiovese
Giorgio Morandi e l’arte in bottiglia È un momento magico per il vino italiano, il comparto più glamour del nostro variegato universo agroalimentare. La straordinaria novità (suggellata da un incredibile bagno di folla) di un presidente del Consiglio che torna al Vinitaly dopo vent’anni. L’annuncio
che possiamo portare il nostro export ‘verde’ da 33 a 50 miliardi col contributo determinante del vino. L’annuncio è stato dato a Vinitaly, cioè una fiera, a gestire e organizzare il padiglione (unitario) del vino all’Expo 2015. I segnali
ci sono tutti, quelli di un governo che sull’agroalimentare ci vuole mettere la
faccia e non solo fare ‘ammuina’, cioè tagliare nastri e fare annunci. E quelli di un comparto che vuole fare davvero sistema, al di là delle naturali rivalità,
gelosie, particolarismi, mali endemici del nostro mondo agricolo.
Certo che per raddoppiare l’export ci vuole davvero una rivoluzione: bisognapartire dal basso, dai problemi delle imprese, stando vicino a chi esporta, a chi tutti i giorni si sbatte e combatte contro una burocrazia ottusa, contro regole senza senso, contro le dogane inefficienti, facendo lo slalom fra i 130 provvedimenti sulla filiera vitivinicola. “La burocrazia è un tema di competitività”, ha detto il ministro Martina a Verona, promettendo di “ascoltare e accompagnare” lo sforzo dei produttori. Speriamo sia proprio così, nella consapevolezza che la burocrazia non scende dal cielo ma ce la creiamo noi con le nostre mani, frutto amaro e perverso di un sistema pubblico centrale e territoriale che duplica livelli e funzioni, alimentando sprechi, clientele, enti inutili, botteghe dove gira solo della carta, doppioni di uffici e patronati. Il tutto non al servizio delle imprese, ma di una casta agro-burocratica sui cui costi nessuno ha mai voluto accendere sul serio i riflettori.
Dall’estero al mercato interno la musica cambia. Se le percentuali di export delle cantine italiane sono incredibili (minimo dal 50% in su, con picchi del 90%) questo significa che i consumi interni sono in ritirata. Infatti siamo scesi attorno ai 40 litri/anno a testa, minimo storico.
Tutti parlano di New York, Londra o Pechino poi è qui a casa nostra che il sistema batte in testa. Il problema ormai è da allarme rosso. Domanda e consumi stanno cambiando, un po’ per la crisi, un po’ perché cambiano gli stili di vita. Le tre parole d’ordine sono: meno alcol, meno legno, meno chimica.
Le cantine si stanno adeguando.
Umberto Cesari ha presentato a Vinitaly la nuova linea “iove”, vini giovani, di territorio, innovativi e dall’ottimo rapporto qualità-prezzo. Ma l’impressione è che il problema vada affrontato su larga scala, coinvolgendo anche la ristorazione, dove le carte dei vini sono spesso inadeguate, lacunose, senza senso e senza storia. E lavorando sui comportamenti collettivi, sui social, sui giovani. Bisogna rieducare gli italiani al consumo del vino, come parte integrante della loro storia, della loro cultura.
Uno stile mediterraneo, come la Dieta.
Lorenzo Frassoldati

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