Vino arricchito
con mosto concentrato
Fivi: Rivedere i criteri
di autorizzazione
La
Federazione italiana vignaioli indipendenti indirizza una lettera alle
Regioni
per chiedere di non ricorrere alla “manipolazione” del vino aggiungendo il Mosto concentrato rettificato se non in condizioni sfavorevoli. Matilde Poggi (Fivi): «Una pratica che favorisce i furbetti che manipolano vini di bassa qualità»
per chiedere di non ricorrere alla “manipolazione” del vino aggiungendo il Mosto concentrato rettificato se non in condizioni sfavorevoli. Matilde Poggi (Fivi): «Una pratica che favorisce i furbetti che manipolano vini di bassa qualità»
La Fivi,
Federazione italiana vignaioli indipendenti, si oppone con fermezza
alla decisione di varie regioni italiane di autorizzare per l'annata
2015 l'arricchimento del vino. L'associazione presieduta da Matilde Poggi (nella foto),
a nome delle oltre 900 aziende associate, ha messo nero su bianco la
propria contrarietà e scritto agli assessori all'agricoltura delle
regioni e province autonome. L'arricchimento consiste nell'aggiunta al
mosto d'uva o al vino in fermentazione di Mosto concentrato rettificato
(Mcr) portando ad un aumento del tenore alcolico finale. Un intervento
pensato per limitare gli svantaggi di annate piovose e poco assolate,
come è stata la 2014.
La normativa europea prevede che l'arricchimento sia consentito dagli stati «qualora le condizioni climatiche lo richiedano» e lo Stato italiano ha delegato le regioni a decidere in materia, «previo accertamento della sussistenza delle condizioni climatiche».
Accade ora che molte regioni, su richiesta dei Consorzi di tutela, abbiano già consentito o stiano consentendo l'arricchimento per l'annata 2015, che tutto può dirsi tranne che poco soleggiata.
La Fivi richiede pertanto alle regioni di rivedere la propria posizione. Nella missiva inviata oggi chiede «una radicale revisione dei criteri di autorizzazione dell’arricchimento che porti la stessa pratica ad essere correttamente intesa come una extrema ratio, cui ricorrere solo nelle annate effettivamente estremamente sfavorevoli oppure in aree eccezionalmente colpite da avversità atmosferiche». Sottolinea che l'arricchimento non può essere considerato “un diritto” e che non è comprensibile come annate così diverse come la 2014 e la 2015 lo possano prevedere entrambe.
«L'arricchimento - spiega Matilde Poggi - favorisce i furbetti che manipolano vini di bassa qualità a discapito di chi lavora seriamente. Ci chiediamo: che immagine diamo dell'Italia se la accreditiamo come una terra che necessita ogni anno di arricchire i propri mosti? Questa normativa avvantaggia i produttori poco seri e non tiene conto di una domanda che nel mondo è composta sempre più di consumatori che cercano un rapporto franco e leale con i produttori e privilegiano vini di qualità, che siano tali grazie alle uve da cui nascono».
Riportiamo di seguito la versione integrale della lettera che la Fivi ha inviato agli assessori all'agricoltura delle regioni e province autonome.
La normativa europea prevede che l'arricchimento sia consentito dagli stati «qualora le condizioni climatiche lo richiedano» e lo Stato italiano ha delegato le regioni a decidere in materia, «previo accertamento della sussistenza delle condizioni climatiche».
Accade ora che molte regioni, su richiesta dei Consorzi di tutela, abbiano già consentito o stiano consentendo l'arricchimento per l'annata 2015, che tutto può dirsi tranne che poco soleggiata.
La Fivi richiede pertanto alle regioni di rivedere la propria posizione. Nella missiva inviata oggi chiede «una radicale revisione dei criteri di autorizzazione dell’arricchimento che porti la stessa pratica ad essere correttamente intesa come una extrema ratio, cui ricorrere solo nelle annate effettivamente estremamente sfavorevoli oppure in aree eccezionalmente colpite da avversità atmosferiche». Sottolinea che l'arricchimento non può essere considerato “un diritto” e che non è comprensibile come annate così diverse come la 2014 e la 2015 lo possano prevedere entrambe.
«L'arricchimento - spiega Matilde Poggi - favorisce i furbetti che manipolano vini di bassa qualità a discapito di chi lavora seriamente. Ci chiediamo: che immagine diamo dell'Italia se la accreditiamo come una terra che necessita ogni anno di arricchire i propri mosti? Questa normativa avvantaggia i produttori poco seri e non tiene conto di una domanda che nel mondo è composta sempre più di consumatori che cercano un rapporto franco e leale con i produttori e privilegiano vini di qualità, che siano tali grazie alle uve da cui nascono».
Riportiamo di seguito la versione integrale della lettera che la Fivi ha inviato agli assessori all'agricoltura delle regioni e province autonome.
Stimato Assessore,
premesso che
A supporto della propria posizione la FIVI osserva che:
A tutela dell’interesse dei propri associati e della viticoltura italiana di qualità, FIVI si riserva, anche attraverso l’attività della Confédération Européenne des Vignerons Indépendants, di cui fa parte, di promuovere la verifica, da parte della Commissione Europea, dell’effettivo rispetto dei requisiti fissati dal quadro normativo comunitario, all’atto dell’autorizzazione all’aumento del titolo alcolometrico naturale, da parte della Regione.
RingraziandoLa anticipatamente per l'attenzione che vorrà riservarci Le porgo i miei più
cordiali saluti e di tutta la Federazione,
premesso che
- il regolamento (UE) 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, all’allegato VIII, Parte I, stabilisce condizioni e limiti per l’arricchimento entro i quali è consentita la pratica degli arricchimenti. La lettera A di tale allegato prevede,qualora le condizioni climatiche lo richiedano, che gli Stati membri possano autorizzare un aumento del titolo alcolometrico volumico naturale (pratica detta di “arricchimento”) delle uve fresche, del mosto di uve, del mosto di uve parzialmente fermentato, del vino nuovo ancora in fermentazione e del vino ottenuti da varietà di uve da vino classificabili in conformità dell’art. 81;
- il punto 2 dell’articolo 9 della Legge 20 febbraio 2006, n. 82 ( Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l’OCM del vino) ha trasferito alla Regione le competenze in materia di autorizzazione all’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale dei prodotti destinati a diventare vino da tavola, vino D.O.C. o D.O.C.G. (vini, vini DOP a partire dal 1 agosto 2009), delle partite per l’elaborazione del vini spumanti, dei vini spumanti di qualità e dei vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate;
- il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali 278 del 9 ottobre 2012 inerente “Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (CE) n.1234/07 del Consiglio per quanto riguarda l’autorizzazione all’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale di taluni prodotti vitivinicoli” prevede, tra l’altro, all’articolo 2, che le Regioni e le Province autonome autorizzino l’arricchimento dei prodotti della vendemmia previo accertamento della sussistenza delle condizioni climatiche che ne giustificano il ricorso e mantengano la relativa documentazione a disposizione dei competenti organismi comunitari e nazionali;
A supporto della propria posizione la FIVI osserva che:
- nessun arricchimento, per nessuna categoria di vino è previsto dalla norma quale “diritto”: la pratica in questione deve sempre essere autorizzata entro la misura fissata dalle norme europee, anno per anno, sulla base di condizioni oggettive;
- non appare comprensibile come annate estremamente diverse tra loro, quali a tacer d’altre la 2014 e la 2015, si dia sempre luogo ad autorizzazione all’arricchimento;
- non appare comprensibile ai consumatori la concessione di una larga, indiscriminata possibilità di manipolare i mosti e i vini, specie in tempi di meritoria ed efficace attività di controllo da parte dell’ICQRF e delle amministrazioni territoriali, come accade nel caso dell’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale;
- non appare lungimirante accreditare l’Italia, già Enotria tellus, come terra che necessita ogni anno di arricchire i propri mosti, indipendentemente dall’oggettivo andamento climatico.
A tutela dell’interesse dei propri associati e della viticoltura italiana di qualità, FIVI si riserva, anche attraverso l’attività della Confédération Européenne des Vignerons Indépendants, di cui fa parte, di promuovere la verifica, da parte della Commissione Europea, dell’effettivo rispetto dei requisiti fissati dal quadro normativo comunitario, all’atto dell’autorizzazione all’aumento del titolo alcolometrico naturale, da parte della Regione.
RingraziandoLa anticipatamente per l'attenzione che vorrà riservarci Le porgo i miei più
cordiali saluti e di tutta la Federazione,
Matilde Poggi
Presidente FIVI
Italiaatavola
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