martedì 30 giugno 2020

Creare eventi e tornare alla terra Ora al ristorante serve inventiva

Creare eventi 

e tornare alla terra
Ora al ristorante 

serve inventiva


Il segretario dei Piatti del Buon Ricordo, Luciano Spigaroli, propone di puntare sui prodotti tipici. Ai locali gestiti col fratello Massimo, durante il lockdown si è aggiunta l’AgriBottega con delivery di prodotti di qualità. L'Antica Corte Pallavicina e Al Cavallino Bianco l'esempi di progetti costruiti negli anni attorno ad un'identità.

Sovviene Siddharta. Ascoltare le sagge parole del fiume che scorre. Mai la stessa acqua, un ascolto sempre interessante perché mai ripetitivo. C’è che il fiume sa ascoltarlo meglio degli altri e c’è chi al fiume sa parlare. C’è chi del fiume, del vivergli accanto e di sentire sempre la sua presenza giorno e notte non può fare a meno. Il fiume in questione è il Po. E sulla riva del Po di prima mattina si conversa con Luciano Spigaroli, che insieme al fratello Massimo (socio Euro-Toques) guida con passione e professionalità il ristorante & relais “Antica Corte Pallavicina”, con l’annessa azienda agricola, e il ristorante “Al Cavallino Bianco” a Polesine Parmense (Pr).

Luciano Spigaroli - Creare eventi e tornare alla terra Luciano Spigaroli: Serve inventiva
Luciano Spigaroli

VINCENZO: Ciao, caro Luciano. Mattiniero anche tu, a quanto vedo! Mi hai detto “aspetta che sistemo gli animali”. Quali animali?
LUCIANO: La cagnolina Lea e la gattina Emilia. Le adoro. Adoro gli animali.

V: Chi è che ha tutti quei bei pavoni nel cortile? Tu o tuo fratello Massimo?
L: Entrambi. I pavoni fanno parte del nostro mondo. Vivono in Antica Corte Pallavicina liberi e felici. Si pavoneggiano! Sono fantastici.

V: Luciano, per piacere, mi spieghi bene quali sono attualmente le Vostre attività, le attività dei fratelli Luciano e Massimo Spigaroli? Io vi conosco come ristorante Al Cavallino Bianco e come Albergo Antica Corte Pallavicina.
L: Partiamo dall’inizio. Da un traghetto dove il nonno intratteneva i viandanti con pane e salame. Si aprì un vero e proprio lido sul fiume Po.

V: Distrutto dai tedeschi durante la guerra e gli Spigaroli ricominciano daccapo. E poi l’alluvione del 1952 e gli Spigaroli ricominciano...
L: Sì, si ricostruisce e si fanno belle feste domenicali. Nel 1961 nasce Al Cavallino Bianco, albergo/ristorante/dancing.

V: L’anno prossimo festeggeremo i primi 60 anni, caro Luciano!
L: Esatto! Proseguo nel racconto e arriviamo al 1984 quando i nostri genitori regalano l’attività a me e a mio fratello Massimo. Rimangono con noi ma ci danno la piena responsabilità della conduzione e da lì inizia la salita. Ci viene offerto il Palazzo Due Torri che era distrutto e dopo 20 anni tornerà agli antichi splendori. Lì nasce il sogno dello chef. Lo chef, sia chiaro, è mio fratello Massimo, con il suo sogno: avere un locale dove portare avanti le sue idee di cucina in piena tranquillità. Arrivano poi i riconoscimenti e i successi.

V: Meritatissimi.
L: Massimo è un vero e proprio artista, non ha limiti; anzi, bisogna ogni tanto tenerlo fermo.

Massimo e Luciano Spigaroli - Creare eventi e tornare alla terra Luciano Spigaroli: Serve inventiva
Massimo e Luciano Spigaroli

V: Frenare i talenti? Mai! Diciamo che tu bilanci, ma non freni! Potremmo dire che fate lavorare armonicamente i due emisferi: Massimo il destro, l’inventiva, e tu il sinistro, la razionalità.
L: Giusto. La fortuna nostra è che siamo completamente diversi.

V: Diversi e, stante affetto e stima reciproca, complementari.
L: Questa è la realtà, che dobbiamo gestire con intelligenza. Da qualche mese ancora con più attenzione e intelligenza.

V: Ascolta, Luciano. Dunque i tedeschi vi affondano il traghetto e il Po vi alluviona. Dopo queste due tragedie immani, possiamo dire che il Covid-19 ci può solo spicciare casa ad intendere che è un solletico e nulla più? Insomma, a dirla diversamente: come state affrontando il post pandemia?
L: I tedeschi li hanno sofferti i nostri nonni, così come pure, insieme ai nostri genitori, la grande alluvione del 1951. Noi abbiamo vissuto due grandi alluvioni, caro Vincenzo, nel 1994 e nel 2000, e posso orgogliosamente affermare che anche noi, così come i nostri nonni e i nostri genitori, non abbiamo paura! Sì, il Covid è stato una bella mazzata. Ma, come sempre, abbiamo e stiamo cercando di portarlo in positività. Abbiamo capito tante cose. Abbiamo pensato a lungo e quando pensiamo... sono casini!

V: Appunto, brain storming!
L: I nostri ristoranti: Al Cavallino Bianco, Hosteria del Maiale, Antica Corte Pallavicina, oltre alla nostra linea catering, avrebbero sofferto e allora abbiamo incominciato a potenziare l’azienda agricola che già era importante. Potenziata per dare le materie prime ai ristoranti ma anche per diventare una vera e propria azienda alternativa. Abbiamo aumentato la superficie e con essa la coltivazione degli orti. Abbiamo aperto un’AgriBottega e impiantato una nuova vigna con barbatelle di Lambrusco Maestri, Malvasia e Moscato Giallo. Inoltre, abbiamo rivisto l’immagine e il modus operandi dei nostri ristoranti. Prima della pandemia i locali viaggiavano in parallelo, ognuno per sé, come fossero indipendenti, invece ora dovranno viaggiare in sinergia.

V: Luciano, giusto per orientarmi con i tuoi ristoranti, “Hosteria del Maiale” è quello dedicato ai vegetariani e ai vegani, vero?
L: Hosteria del Maiale è la classica Hosteria con tutti i prodotti della norcineria, non credo che sia adatto ai vegetariani e ai vegani! È il classico locale di una volta, semplice e gustoso. L’Antica Corte Pallavicina è il vero ristorante per gourmet. Cavallino Bianco amo definirlo un “laboratorio enogastronomico”.

V: Voi fate anche degli ottimi Culatelli di Zibello Dop e li vendete, diciamo de facto, in modalità “future”, ovvero sono già prenotati e venduti ancor prima che giungano al punto giusto di stagionatura.
L: Massimo è il presidente del Consorzio Culatello di Zibello Dop ed è anche il sindaco di Polesine Parmense. Sì, abbiamo tanti clienti che se li fanno appartare ed anche questa attività è in espansione.

V: Ho memoria visiva dei tag messi su ciascun culatello: i migliori nomi della ristorazione, vostri colleghi.
L: Ducasse, Bottura, Santini, il Principe Carlo e di certo, e me ne dolgo, sto facendo torto ai tanti che qui non cito.

V: A fronte di queste vostre passioni e dell’amore immenso per la vostra terra e il Fiume, organizzate eventi a cadenza mensile.
L: Essendo saltati tutti i banchetti e altre cerimonie, abbiamo capito che dobbiamo essere noi a creare le condizioni per far muovere chi vuole godere delle cose buone che possiamo offrire e in quest’ottica il locale che si presta maggiormente è il Cavallino Bianco.

V: Con AgriBottega fai anche delivery ed e-commerce?
L: AgriBottega ha fatto delivery durante il lockdown e stiamo vedendo di capire la fattibilità dell’e-commerce, che esiste già per salumi, vini e formaggi. Potremmo pensare anche alle verdure, vedremo, ci stiamo lavorando.

V: Luciano, come ristoratori in questo periodo di lockdown avete patito la vostra frammentazione in tante (troppe) associazioni?
L: Io da due anni mi occupo della segreteria del Buon Ricordo e ho vissuto un po’ tutti i movimenti. Il Covid ha costretto tanti di noi a cercare per la prima volta di fare squadra e qualcosa si è ottenuto. E la cosa più importante è che si sono poste le basi per dare vita ad una vera rappresentanza della ristorazione. Mi sovviene il Coriolano di Shakespeare: “Ogni equipaggio sembrava avere egual maestria nel navigare, fino a quando il mare fu calmo”.

Luciano Spigaroli con Cesare Carbone, presidente dei Ristoranti del Buon Ricordo - Creare eventi e tornare alla terra Luciano Spigaroli: Serve inventiva
Luciano Spigaroli con Cesare Carbone, presidente dei Ristoranti del Buon Ricordo

V: Chi assume la rappresentanza della ristorazione?
L: Bellissima domanda, che mi sono posto più volte. Ti rispondo dicendoti che noi imprenditori della ristorazione siamo sempre stati abituati a piegare la schiena e a lavorare sul campo, ora dovremmo fare un passo ulteriore e trovare le persone giuste che ci possano rappresentare. Non sarà facile, è cimento arduo ma ci corre obbligo di provarci.

V: Individui nella formazione delle persone, sia cucina che sala, un punto debole della ristorazione italiana di qualità?
L: Io penso che la formazione principale nel nostro settore avvenga sul campo. A volte ci sono scuole che danno nozioni fin troppo tecniche. Il nostro lavoro è fatto di emozioni. Noi dobbiamo regalare emozioni e i ragazzi devono provare questo piacere. Arrivo a dirti che un servizio perfetto ma asettico vale meno di un servizio caldo con qualche errore. In cucina, poi, ci sono ragazzi educati a fare piatti stellati e poi non sanno fare uno spaghetto al pomodoro.

V: Per te che sei stato calciatore in gioventù, possiamo dire che vogliono essere tutti attaccanti?
L: Io ero un centrocampista e mi è sempre piaciuto dettare i tempi. Come Tardelli, mi infilavo in area all’improvviso al momento giusto!

V: Luciano, come vedi in questa fase la promozione della cucina italiana all’estero?
L: In questo momento dove l’Italia è vista come la nazione che ha esportato il virus, spingere sulla promozione non la vedo come una cosa molto positiva. La nostra cucina è apprezzata ovunque. Secondo me la promozione dovrebbe partire dall’interno, dovremmo far vedere al mondo che il nostro Paese è vivo. Si tratta di dare vita ad eventi fatti con intelligenza. Con i social e i new media le notizie volano. All’estero impazzirebbero vedendo quello che sappiamo fare e cercherebbero di tornare a godere delle nostre capacità il prima possibile. Dobbiamo dare esempi. Io ho organizzato tre Cene dei Mille a Parma e quanto ne è scaturito è valso tantissimo. Più di mille spot, o di pagine a pagamento sui giornali o di educational per tour operator. Dobbiamo dare esempi di vita e cucina felice.

V: Sì, d’accordo, il raccontare, farsi prestare orecchio per restituire emozioni ed esperienze da vivere in loco.
L: Sempre che sia possibile in un contesto Covid.

V: Luciano, quale consiglio, in questa fase così delicata, ti senti di dare ai tuoi colleghi della ristorazione, in particolare ai giovani?
L: Tenere duro. Guardare alla loro terra in primis. Tornare alla vera cucina del territorio come base. Poi se vogliono giocare lo facciano ma senza esagerare. Dovremo tutti tenere duro per un bell’annetto temo. Quando esce un piatto dalla cucina ognuno di noi deve farsi una semplice domanda: se io fossi al tavolo mi piacerebbe? E così, credimi caro Vincenzo, si risolverebbero un sacco di problemi.
Per Informazioni: www.anticacortepallavicinarelais.it - www.fratellispigaroli.it - www.ristorantealcavallinobianco.it
© Riproduzione riservatadi Vincenzo D’Antonio
Vincenzo D’Antonio

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