LE SCIENZE SENSORIALI
PER IL MIGLIORAMENTO
DELL’AMBIENTE
Un ambiente più accogliente e intrigante sarà il grande obiettivo da
raggiungere per garantire all’Italia un futuro tinto di rosa. E lo sviluppo, se
sarà fatto su basi scientifiche, passerà attraverso l’analisi sensoriale, l’unica
tecnica che può garantire la misurazione oggettiva della percezione
Mille metri di una strada che corre stretta tra due mura con marciapiede stretto e mille metri di strada che corre costeggiata da negozi e giardini sono la stessa distanza? Fisicamente sì, ma
psicologicamente la prima strada è enormemente più lunga.
Quanto più lunga? Possiamo scoprirlo con le scienze sensoriali.
Sì, perché quando si pensa alla sensorialità il pensiero corre alla degustazione e all’assaggio e quindi ai cibi e alle bevande, ma in realtà da anni i sensorialisti si occupano anche di ambiente distinguendolo in due grandi categorie: il macro e il micro. Nel primo si annoverano i grandi
spazi, nel secondo quelli ristretti, dal bar al punto vendita della distribuzione moderna. Le prime
necessità di eseguire analisi sensoriale ambientale riguardarono le emissioni odorose, non esistendo
strumento diverso dal naso umano per dare un valore al disagio che potevano produrre certe attività,
dalle concerie agli allevamenti di animali.
Oggi al riguardo solo stati messi a punto metodi molto rigorosi che però non prescindono dal naso umano. Parallelamente l’analisi sensoriale può essere applicata per fornire indicazioni agli architetti per la realizzazione di una grande opera, per ricavare informazioni sulla percezione a fini turistici e persino per valutare la coerenza del carattere di un territorio con il carattere dei prodotti che esprime.
Alla pari le scienze sensoriali soccorrono le necessità delle attività
commerciali rivolte al largo pubblico. È noto a tutti che il valore dello scontrino di un bar è decisamente influenzato dal tempo di sosta dei clienti, che una signora sarà più o meno contenta dell’opera del suo
parrucchiere a seconda delle condizioni ambientali in cui è stata trattenuta e che il livello di riempimento
di carrello di un cliente di un supermercato sarà in funzione della disposizione di scaffali e prodotti, ma
anche della musica diffusa e della percezione olfattiva. Le scienze sensoriali si occupano infatti della
descrizione e della misurazione della percezione e quindi non possono fare a meno di utilizzare i
consumatori quali strumenti per eseguire i test. Nella stragrande maggioranza dei casi gli utenti sono
umani, ma può anche capitare di lavorare con cani e gatti se si tratta di cibi per animali domestici. Qui le cose si complicano un po’, ma ci porterebbero anche fuori dal nostro discorso e quindi
abbandoniamo l’argomento per concentrarci sull’analisi sensoriale ambientale. Come si fa? Lo
strumento è il panel, vale a dire il gruppo di valutazione.
L’analisi sensoriale scientifica nega, salvo rarissimi casi, il giudice monocratico, non solo perché di condizioni psicofisiologiche mutevoli e quindi poco stabile in una valutazione, ma anche perché diventerebbe difficile validare un test in base a quanto richiede la metrologia.
Per prima cosa un test deve essere affidabile, vale a dire che deve fornire una risposta rappresentativa della realtà.
Facciamo un esempio: un critico gastronomico, per quanto esperto (o forse proprio per questo) non potrà essere ritenuto rappresentativo del giudizio dei consumatori. Poi di un test si deve valutare l’attendibilità, quindi la probabilità che si hanno ripentendolo molte volte di ottenere il medesimo risultato o un risultato simile. Infine, deve essere esaustivo, vale a dire considerare la realtà in esame in ogni suo aspetto. Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può parlare di analisi sensoriale se i dati ricavati da un panel non sono assoggettati a un trattamento statistico adeguato. Ecco allora manifestarsi la necessità una figura essenziale: il panel leader, in
pratica il tecnico dell’analisi sensoriale. Egli sa dare forma a una richiesta di analisi sensoriale
scegliendo il test più opportuno e redigendo il piano sperimentale, poi sa guidare il panel, elaborare i
dati e interpretarli per giungere alla risposta attesa. Sotto il profilo sistematico i test di analisi sensoriale ambientale si dividono in due grandi categorie: quelli che utilizzano gli utenti finali e quelli che impiegano giudici addestrati. I primi sono generalmente molto affidabili, ma richiedono una notevole quantità di interviste (da cento a qualche migliaio, in funzione delle complessità e della dimensione dell’oggetto di valutazione) e danno poca informazione. In pratica l’utente finale può solo manifestare il suo gradimento o il senso di disagio. Diverso è il caso di giudici sensoriali addestrati. Chi sono?
In genere persone comuni, normodotate, che hanno però, attraverso un congruo percorso formativo,
acquisito la capacità di scansire la realtà per rilevarne ogni particolare e di valutarlo mediante congrue scale di misura. Quindi il gruppo di valutazione costituito da giudici addestrati ha la capacità di descrivere compiutamente e di rappresentare in termini semantici e numerici una determinata realtà.
Nella maggioranza dei casi operano con schede strutturate che in ambito ambientale possono giungere a contenere 150 descrittori suddivisi nelle fasi di valutazione: visiva, uditiva e cinestesica. Ovviamente ogni ambiente ha la sua scheda di valutazione: gli odori presenti in un bar sono molto diversi da quelli rilevabili da un parrucchiere, quelli percepibili in una tartufaia alle quattro del mattino non hanno parentela con i miasmi di un allevamento.
I test di analisi sensoriali non sono fine a sé stessi, bensì strategici per il miglioramento dell’ambiente o delle condizioni di un territorio. Qualche anno fa una grande azienda con migliaia di clienti dotati di esercizio commerciale basò sull’analisi sensoriale una azione di consulenza distinguendo tra cosa potevano migliorare senza spendere nulla, ma solo facendo attenzione a determinati elementi (per esempio l’odore dei prodotti che utilizzavano); spendendo cifre modeste e spendendo cifre importanti. L’iniziativa ebbe un notevole successo, come pure quella realizzata da Altroconsumo sui bar del centro storico di Milano e di Roma finalizzata a orientare i propri associati, per non parlare della Valle di Cembra in Trentino che valutò il percepito del territorio e quello dei vini del medesimo per migliorare la comunicazione di entrambi.
L'ASSAGGIO
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