L'autunno 2020 nero dei ristoranti. Persi 11 miliardi tra ottobre e dicembre
In tre mesi persi oltre 11 miliardi |
La crisi dei ristoranti si fa sempre più profonda. Nel 4° trimestre del 2020 il settore ha perso 11,1 miliardi di euro, chiudendo così con un -44,3% di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019. A certificarlo è l’Ufficio studi di Fipe-Confcommercio che ha elaborato i dati Istat diffusi proprio stamani.
Perdita annuale da 34,6 miliardi
Un risultato determinato da quello che è stato, a tutti gli effetti, un secondo lockdown autunnale per il comparto della ristorazione che, complessivamente, lo scorso anno ha perso 34,6 miliardi di euro, il 36,2% rispetto al periodo pre Covid. «Siamo davanti a un abisso apparentemente senza fine - commenta la Federazione italiana pubblici esercizi - con la fine di marzo si chiuderà, con ogni probabilità il quinto trimestre consecutivo con segno negativo per un settore che rappresenta, più di ogni altro, l’italianità. Un settore che, oltre a dare lavoro direttamente a 1,3 milioni di persone, rappresenta il terminale essenziale della filiera agroalimentare. Numeri che richiedono almeno una graduale riapertura per evitare che l’intero settore vada in default».
I conti in rosso sono destinati a diventare sempre più neri perché davanti si prospetta un altro mese di chiusure con il nuovo Dpcm che non dovrebbe allentare alcuna misura almeno fino a dopo Pasqua. Un’altra occasione di riprendere ossigeno persa dopo che in questi primi due mesi la speranza era di ripartire, piano e con cautela, ma in continuo progresso.
Il miraggio delle riaperture a cena
Ed invece la situazione sanitaria sta evidenziando il probabile arrivo di una terza ondata, le regioni vanno sempre di più verso una retrocessione dei colori e la linea del Governo continua ad essere estremamente (e per certi versi ingiustamente) severa. Senza considerare la questione ristori e bonus che resta ancora in sospeso, in ritardo, in difetto. Delle riaperture a cena almeno in zona gialla e a pranzo in quella arancione si è fatto un gran parlare, ma al di là delle chiacchiere non se ne è mai fatto nulla. La proposta è stata presentata dalla Fipe anche al neo ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti il quale si è dimostrato possibilista; peccato che a poche ore di distanza dalla fine del colloquio, il ministro alla Salute Roberto Speranza abbia subito posto l’altolà all’ammorbidimento delle misure.
Un dibattito sempre più politico
Resta però inspiegabile la scelta del pranzo sì e cena no, tanto che la questione è salita sempre di più d’interesse fino a diventare uno degli snodi cruciali di ogni dibattito politico. L’alleanza per spingere verso le aperture si è creata tra il leader della Lega Matteo Salvini, il ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e al presidente delle Regioni, Stefano Bonaccini. Ma a poco è servita questa cordata visto che, appunto, al Governo proprio non ci vogliono sentire.
Gli addetti ai lavori ribadiscono a gran voce che non esiste un solo studio che certifichi lapericolosità dei pubblici esercizi in termine di diffusione del virus; le proteste montano in piazza, qualcuno ha anche provato ad andare contro la legge aprendo illecitamente, ma a nulla è servito fino a qui.
Un'ondata negativa che coinvolge tutta la filiera dell'agroalimentare: «La situazione è paradossale - afferma Dino Di Marino, direttore generale Italgrob (Federazione italiana distributori Horeca) - adesso è a rischio anche la Pasqua e l’indotto che genera. Chiediamo al Governo di valutare attentamente le nuove misure restrittive da mettere in atto: è necessario, almeno nelle aree di colore giallo, permettere ai locali di riaprire la sera, in sicurezza per i consumatori e per i lavoratori del fuori casa». Una dichiarazione che fa seguito alla riflessione principale: come è possibile che, nonostante le chiusure serrate dei ristoranti, il Covid continui a mietere vittime e ad infettare a ondate migliaia di persone? Forse che l’Horeca non sia proprio il mostro da tenere a bada? italiaatavola
Perdita annuale da 34,6 miliardi
Un risultato determinato da quello che è stato, a tutti gli effetti, un secondo lockdown autunnale per il comparto della ristorazione che, complessivamente, lo scorso anno ha perso 34,6 miliardi di euro, il 36,2% rispetto al periodo pre Covid. «Siamo davanti a un abisso apparentemente senza fine - commenta la Federazione italiana pubblici esercizi - con la fine di marzo si chiuderà, con ogni probabilità il quinto trimestre consecutivo con segno negativo per un settore che rappresenta, più di ogni altro, l’italianità. Un settore che, oltre a dare lavoro direttamente a 1,3 milioni di persone, rappresenta il terminale essenziale della filiera agroalimentare. Numeri che richiedono almeno una graduale riapertura per evitare che l’intero settore vada in default».
I conti in rosso sono destinati a diventare sempre più neri perché davanti si prospetta un altro mese di chiusure con il nuovo Dpcm che non dovrebbe allentare alcuna misura almeno fino a dopo Pasqua. Un’altra occasione di riprendere ossigeno persa dopo che in questi primi due mesi la speranza era di ripartire, piano e con cautela, ma in continuo progresso.
Il miraggio delle riaperture a cena
Ed invece la situazione sanitaria sta evidenziando il probabile arrivo di una terza ondata, le regioni vanno sempre di più verso una retrocessione dei colori e la linea del Governo continua ad essere estremamente (e per certi versi ingiustamente) severa. Senza considerare la questione ristori e bonus che resta ancora in sospeso, in ritardo, in difetto. Delle riaperture a cena almeno in zona gialla e a pranzo in quella arancione si è fatto un gran parlare, ma al di là delle chiacchiere non se ne è mai fatto nulla. La proposta è stata presentata dalla Fipe anche al neo ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti il quale si è dimostrato possibilista; peccato che a poche ore di distanza dalla fine del colloquio, il ministro alla Salute Roberto Speranza abbia subito posto l’altolà all’ammorbidimento delle misure.
Un dibattito sempre più politico
Resta però inspiegabile la scelta del pranzo sì e cena no, tanto che la questione è salita sempre di più d’interesse fino a diventare uno degli snodi cruciali di ogni dibattito politico. L’alleanza per spingere verso le aperture si è creata tra il leader della Lega Matteo Salvini, il ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e al presidente delle Regioni, Stefano Bonaccini. Ma a poco è servita questa cordata visto che, appunto, al Governo proprio non ci vogliono sentire.
Gli addetti ai lavori ribadiscono a gran voce che non esiste un solo studio che certifichi lapericolosità dei pubblici esercizi in termine di diffusione del virus; le proteste montano in piazza, qualcuno ha anche provato ad andare contro la legge aprendo illecitamente, ma a nulla è servito fino a qui.
Un'ondata negativa che coinvolge tutta la filiera dell'agroalimentare: «La situazione è paradossale - afferma Dino Di Marino, direttore generale Italgrob (Federazione italiana distributori Horeca) - adesso è a rischio anche la Pasqua e l’indotto che genera. Chiediamo al Governo di valutare attentamente le nuove misure restrittive da mettere in atto: è necessario, almeno nelle aree di colore giallo, permettere ai locali di riaprire la sera, in sicurezza per i consumatori e per i lavoratori del fuori casa». Una dichiarazione che fa seguito alla riflessione principale: come è possibile che, nonostante le chiusure serrate dei ristoranti, il Covid continui a mietere vittime e ad infettare a ondate migliaia di persone? Forse che l’Horeca non sia proprio il mostro da tenere a bada? italiaatavola
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