Olio extravergine campano,
70 cultivar autoctone
e tanta storia
Ravece, Ortice, Pisciottana, Rotondella: sono tante le cultivar campane autoctone, 70 in totale. Un'abbondanza che testimonia il legame dell'ulivo con questa regione, che conta 5 Dop.
Nella regione della canzone più famosa al mondo, dove ci sono le coste più belle e dove il sole sta sempre in fronte, quel tesoro verde che è l’olio extravergine d'oliva è presente da millenni. Costiera amalfitana, lungomare di Napoli con il Vesuvio come sfondo, Pompei, Ercolano, il Cilento sono solo alcuni dei luoghi famosi nel mondo, di questa regione. Qui si canta cercando di esorcizzare qualsiasi tipo di crisi. La Campania, dove l’arte è anche necessità, dove la creatività permette di arrivare a fine mese, dove testi che recitano “Che bella cosa na jurnata ‘e sole, n’aria serena dopo la tempesta! Pe’ ll’aria fresca pare già una festa, che bella cosa na jurnata ‘e sole” li si sente cantare da Tokyo a San Francisco. In questa regione non può non essere considerato tra i tesori del luogo anche l’olio extravergine d’oliva.
La produzione risale a millenni fa tanto che, recentemente, una scoperta è balzata agli onori delle cronache quando Alberto Angela insieme ad una troupe del Mann, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, girando una puntata di SuperQuark, ha rinvenuto una bottiglia di epoca pompeiana, che si trovava nei depositi del museo dal 1820, e che conteneva qualcosa di solidificato. Dopo averla portata in laboratori dove, con sofisticate analisi chimiche ne hanno esaminato il contenuto, si è arrivati a rendere ufficiale che contenesse olio extravergine d’oliva. A loro il primato di aver trovato l’olio evo più antico del mondo (in quel particolare stato di conservazione).
La produzione olivicola campana oggi può contare su circa 73mila ettari di coltivazione, su circa 86mila aziende e oltre 350 frantoi. Pur avendo una produzione che incide per circa il 6% sul totale nazionale, può contare su circa 8,5 milioni di piante comprese nelle 5 zone Dop che sono quelle del Cilento, delle Colline dell’Ufita, delle Colline Salernitane, della Penisola Sorrentina e delle Terre Aurunche.
L’olio evo in Campania rispecchia la tradizione culinaria e di pari passo accompagna il turista, oltre che sui luoghi dell’arte, anche sulle tavole più o meno rinomate per fargli vivere quelle sensazioni del palato che contribuiscono a rendere il viaggio ancor più indimenticabile.di Fulvio Raimondi
La produzione risale a millenni fa tanto che, recentemente, una scoperta è balzata agli onori delle cronache quando Alberto Angela insieme ad una troupe del Mann, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, girando una puntata di SuperQuark, ha rinvenuto una bottiglia di epoca pompeiana, che si trovava nei depositi del museo dal 1820, e che conteneva qualcosa di solidificato. Dopo averla portata in laboratori dove, con sofisticate analisi chimiche ne hanno esaminato il contenuto, si è arrivati a rendere ufficiale che contenesse olio extravergine d’oliva. A loro il primato di aver trovato l’olio evo più antico del mondo (in quel particolare stato di conservazione).
La produzione olivicola campana oggi può contare su circa 73mila ettari di coltivazione, su circa 86mila aziende e oltre 350 frantoi. Pur avendo una produzione che incide per circa il 6% sul totale nazionale, può contare su circa 8,5 milioni di piante comprese nelle 5 zone Dop che sono quelle del Cilento, delle Colline dell’Ufita, delle Colline Salernitane, della Penisola Sorrentina e delle Terre Aurunche.
73mila gli ettari coltivati con ulivi
La regione come patrimonio di cultivar può vantare oltre 60 tipi autoctoni e tra queste si possono nominare la Ravece, la Ortice, la Pisciottana, la Rotondella. Le prime due sono diffuse su tutto il territorio campano; sono classificabili tra le cultivar a fruttato medio-intenso e possono essere messe entrambe su cibi strutturati come ad esempio una buona pasta al ragù o al pomodoro. Anche sulla pizza riescono a regalare emozioni sempre nuove. La Pisciottana e la Rotondella invece sono molto diffuse nel salernitano e sono un gradino sotto in quanto intensità di fruttato, ma il loro apporto di polifenoli, quindi di sentori di amaro e piccante, le rendono comunque molto particolari ed esclusive.L’olio evo in Campania rispecchia la tradizione culinaria e di pari passo accompagna il turista, oltre che sui luoghi dell’arte, anche sulle tavole più o meno rinomate per fargli vivere quelle sensazioni del palato che contribuiscono a rendere il viaggio ancor più indimenticabile.di Fulvio Raimondi
sommelier dell'olio
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