L’Italia non è ancora in un’economia di guerra, ha specificato Mario Draghi, avvertendo, però, che «dobbiamo preparaci». Un avvertimento che in molti italiani sembrano aver preso da subito alla lettera tanto che i razionamenti, in particolare di zucchero, farina, lievito e olio di semi, nei supermercati sono già cominciati. Tutto è partito da Unicoop Firenze, ma si è allargato a macchia d’olio in tutta la penisola. Ma non sono solo i consumatori a prendere d’assalto gli scaffali, anche gestori di ristoranti, panifici o oltre attività, per i quali è diventato più conveniente comprare al supermercato invece che dai fornitori.
Psicosi nei supermercati: gli italiani svuotano gli scaffali
Scioperi dei trasporti: psicosi in Sardegna, scaffali vuoti e secco di benzina
Ma è in Sardegna che è scattata una vera e propria piscosi. Ad accendere la miccia non tanto il discorso di Draghi ma l’annuncio del blocco dei trasporti. Il risultato? In solo due supermercati di Alghero sono stati venduti oltre 3mila kg di pasta. Spariti dagli scaffali anche zucchero, caffè, cereali di ogni tipo, passate e acqua. E anche per latte, carne, formaggi, pane, prodotti da forno i punti vendita sono agli sgoccioli.
Olio di semi di girasole, scorte per 20 giorni. A rischio anche il 2023
Il motivo, lo sappiamo tutti, non abbiamo materie prime. Basti pensare, ad esempio, all’olio di semi di girasole (che si utilizza per produrre di tutto: dal tonno, alla maionese ai grissini) che arriva al 70% dall’Ucraina (l’Italia ne importa 770mila tonnellate, mentre la produzione interna arriva a 250mila). E ora quell’olio è bloccato nei porti di Odessa e di Mariupol. Per Assitol-Associazione aziende olearie abbiamo scorte per una ventina di giorni. E visto che a causa della guerra in Ucraina non si semina, l’olio di semi di girasole non ci sarà nemmeno il prossimo anno.
Stessa preoccupazione per la farina: ci manca il grano russo e ucraino, ma anche quello ungherese, dopo che l’Ungheria ne ha bloccato l’export.
Pesce merce sempre più rara
Situazione nera anche per il pesce: a causa del caro gasolio, le barche non vanno a pesca e non c’è pescato locale. Quello importato ha subito già un rincaro del 50%. E siamo solo all’inizio.
Allevamenti, verso l’abbattimento degli animali
La situazione negli allevanti non è certo migliore: sono già cominciati i razionamenti con gli animali (8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini, 6 milioni di ovini e centinaia di milioni tra polli e conigli) che hanno razioni di cibo ridotte del 20%. In molte stalle, a partire da quelle toscane, è iniziata l’alimentazione a base di solo fieno. Ma questo non basterà e, tra una ventina di giorni, gli allevatori saranno costretti ad abbattere diversi animali per evitare che muoiano di fame.
A rischio le produzioni casearie Dop
Le conseguenze sono facili da intuire. Primo fra tutti, mancherà il latte, con i caseifici che stanno già diminuendo la produzione. La Cia-Confederazione italiana agricoltori avverte che ci saranno amenti del 20% e oltre sui prezzi della carne.
Importare mangimi dall’America non è una soluzione possibile: richiede troppo tempo e in Usa si utilizzano gli Ogm che in Italia sono vietati in particolare per le bovine che producono latte per i formaggi Dop.
La minaccia del blocco dei tir
Come se non bastasse lunedì si fermeranno, appunto, i tir. Il 19 marzo ci dovrebbe essere una manifestazione dei camion che trasportano in Italia l’80% delle merci, soprattutto agroalimentari.
«Le agitazioni previste per i prossimi giorni del settore trasporto su gomma, oltre ai disagi più generali connessi alla movimentazione delle merci, determinerà difficoltà ancora più incisive in ordine allo spostamento e alla consegna dei prodotti agricoli deperibili alla distribuzione, alla consegna dei mangimi agli allevamenti e all’attività quotidiana di raccolta del latte», ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in una lettera al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Il presidente di Confagricoltura chiede al ministro Lamorgese particolare attenzione al tema, con l’auspicio che il Viminale possa assicurare il regolare svolgimento delle attività, evitando un peggioramento della situazione. Nei giorni scorsi Confagricoltura, insieme ad altre nove organizzazioni, aveva già sottoscritto un appello al Governo per manifestare la preoccupazione della filiera zootecnica in seguito all’annuncio delle agitazioni degli autotrasportatori.
Il ministro aveva assicurato che «il ministero continuerà a farsi garante del diritto a manifestare che però deve essere contemperato con la necessità di proteggere la continuità dei servizi pubblici essenziali e l’approvvigionamento di merci».
Non calcolando però che i trasportatori sono imprenditori e non si può obbligarli a lavorare in perdita. A meno che non dichiarare che, sì, siamo in un economia di guerra.
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