Felicetti, una storia
fatta di passione
Pasta e qualità
da 4 generazioni
Primo Piano del 16 Giugno 2017 | 15:31sull'innovazione senza perdere passione. Riccardo Felicetti:
«È difficile far capire che la qualità aumenta con lo sforzo comune e non con la guerra fra produttori».
«È difficile far capire che la qualità aumenta con lo sforzo comune e non con la guerra fra produttori».
Dal bisnonno Valentino a Riccardo, quarta generazione con il fratello Enrico e i cugini Paolo, Stefano e Nadia, i Felicetti da Predazzo, cuore della Val di Fiemme, si dedicano a produrre un bene primario, consumato dal 99% degli italiani: la pasta. In questo mestiere, fatto di arte, passione, innovazione, hanno investito molto e continuano a farlo, ma soprattutto ne traggono valori per la propria famiglia, per i 65 dipendenti e le loro famiglie e per la comunità locale.
«Abbiamo firmato da pochi giorni un accordo con le autorità locali - spiega Riccardo Felicetti - per la realizzazione di un nuovo, secondo stabilimento e lo faremo qui, nella nostra valle. La nostra è la pasta delle Dolomiti, e vogliamo continuare a scriverlo sulle confezioni. La nostra imprenditorialità è espressione del territorio, qui vogliamo continuare a crescere e investire qui, da dove partì mio bisnonno Valentino che faceva il muratore e girava l'impero astroungarico costruendo ponti. A Predazzo, fino al 1918, eravamo una minoranza etnica dell'impero, ma rispettata. Nel 1908 mio bisnonno acquistò il pastificio firmando un contratto in lingua italiana e tradotto in tedesco solo successivamente. Il pastificio ha superato due guerre, durante la prima queste montagne furono uno dei teatri più cruenti, ma producevamo i "Tubets", una sorta di maccherone che i soldati cuocevano nella neve sciolta».
Nel 1956 il Pastificio Felicetti rinasce con grandi innovazioni ma nel rispetto della tradizione e delle materie prime. Arriva la prima esportazione in Austria e poi lo sviluppo verso nord. Nel '74 nel pieno della crisi economica e della guerra del Kippur, a causa del blocco delle materie prime, chiusero quasi 3mila pastifici, dei sedici che attivi in Trentino, l'ultimo lo comprano sempre i Felicetti, «per amore del territorio», sottolineano.
E si arriva agli anni 2000 e ai giorni nostri con ricerca dei migliori fornitori dalla Sicilia alla Daunia, la migliore monovarietale da Manfredonia, il farro dallUmbria, «e il khorasan dal Canada e Stati Uniti e non ci vergogniamo, perché conosciamo la passione di coloro che lo coltivano. Nel 2002 - sottolienea Riccardo Felicetti - ero in Nord Dakota a scegliere i migliori grani, una mattina a -32°C parlavo con un agricoltore molto emozionato perché ero il primo cliente che lui incontrava di persona e mi racconta cosa fa con il suo grano. Lì ho capito che parlare e guardare negli occhi gli agricoltori era la cosa da fare e da allora sosteniamo l'agricoltura di qualità, quella buona e onesta. È difficile far capire che la qualità aumenta con lo sforzo comune e non con la guerra fra produttori».
Oggi il pastificio Felicetti occupa 65 persone ed è il secondo datore di lavoro del territorio e negli ultimi dieci anni è cresciuto del 9% all'anno. Entrare e vedere le quattro linee di produzione in attività consente di capire cosa significa "fare impresa". Si incontrano professionalità, tradizione, innovazione, ma sopratutto si percepisce il lavoro di squadra, la coesione.
Riccardo Felicetti si muove all'interno del pastificio con grande naturalezza e ricorda: «Qui giocavo da bambino facendo ammattire sia nonno che papà, mi sdraiavo sotto l'essicatoio e guardavo un cielo di spaghetti appesi...». Quegli stessi spaghetti oggi hanno conquistato i mercati dal Giappone agli Stati Uniti e sono usati da chef stellati e consumatori esigenti in tutto il mondo.
Riccardo, il segreto della pasta?
Sono due: la trafilatura in bronzo, è in quel momento che nasce un fusillo o un maccherone. Il secondo in cucina: mentre cuoce, la pasta soffre di solitudine, non lasciamola sola, mai, altrimenti risponde in malo modo».
Per informazioni: www.felicetti.it
«Abbiamo firmato da pochi giorni un accordo con le autorità locali - spiega Riccardo Felicetti - per la realizzazione di un nuovo, secondo stabilimento e lo faremo qui, nella nostra valle. La nostra è la pasta delle Dolomiti, e vogliamo continuare a scriverlo sulle confezioni. La nostra imprenditorialità è espressione del territorio, qui vogliamo continuare a crescere e investire qui, da dove partì mio bisnonno Valentino che faceva il muratore e girava l'impero astroungarico costruendo ponti. A Predazzo, fino al 1918, eravamo una minoranza etnica dell'impero, ma rispettata. Nel 1908 mio bisnonno acquistò il pastificio firmando un contratto in lingua italiana e tradotto in tedesco solo successivamente. Il pastificio ha superato due guerre, durante la prima queste montagne furono uno dei teatri più cruenti, ma producevamo i "Tubets", una sorta di maccherone che i soldati cuocevano nella neve sciolta».
Riccardo Felicetti
Negli anni '20 il pastificio cominciò a utilizzare grano duro, nel 1930 viene elettrificata l'azienda, poi, negli anni '40 viene sequestrato tutto, c'era una caserma delle SS e nel '45 un incendio distrugge il pastificio. «I pompieri erano a far festa a Forno - racconta Felicetti - ma qualcuno è corso a chiamarli, e altri si sono presi cura di chi era in pericolo. Mi racconta zia Maria che qualcuno la mise in salvo in casa sua per diversi giorni. Qui da noi la coesione sociale è una cosa seria da sempre».Nel 1956 il Pastificio Felicetti rinasce con grandi innovazioni ma nel rispetto della tradizione e delle materie prime. Arriva la prima esportazione in Austria e poi lo sviluppo verso nord. Nel '74 nel pieno della crisi economica e della guerra del Kippur, a causa del blocco delle materie prime, chiusero quasi 3mila pastifici, dei sedici che attivi in Trentino, l'ultimo lo comprano sempre i Felicetti, «per amore del territorio», sottolineano.
E si arriva agli anni 2000 e ai giorni nostri con ricerca dei migliori fornitori dalla Sicilia alla Daunia, la migliore monovarietale da Manfredonia, il farro dallUmbria, «e il khorasan dal Canada e Stati Uniti e non ci vergogniamo, perché conosciamo la passione di coloro che lo coltivano. Nel 2002 - sottolienea Riccardo Felicetti - ero in Nord Dakota a scegliere i migliori grani, una mattina a -32°C parlavo con un agricoltore molto emozionato perché ero il primo cliente che lui incontrava di persona e mi racconta cosa fa con il suo grano. Lì ho capito che parlare e guardare negli occhi gli agricoltori era la cosa da fare e da allora sosteniamo l'agricoltura di qualità, quella buona e onesta. È difficile far capire che la qualità aumenta con lo sforzo comune e non con la guerra fra produttori».
Oggi il pastificio Felicetti occupa 65 persone ed è il secondo datore di lavoro del territorio e negli ultimi dieci anni è cresciuto del 9% all'anno. Entrare e vedere le quattro linee di produzione in attività consente di capire cosa significa "fare impresa". Si incontrano professionalità, tradizione, innovazione, ma sopratutto si percepisce il lavoro di squadra, la coesione.
Riccardo Felicetti
Riccardo Felicetti si muove all'interno del pastificio con grande naturalezza e ricorda: «Qui giocavo da bambino facendo ammattire sia nonno che papà, mi sdraiavo sotto l'essicatoio e guardavo un cielo di spaghetti appesi...». Quegli stessi spaghetti oggi hanno conquistato i mercati dal Giappone agli Stati Uniti e sono usati da chef stellati e consumatori esigenti in tutto il mondo.
Riccardo, il segreto della pasta?
Sono due: la trafilatura in bronzo, è in quel momento che nasce un fusillo o un maccherone. Il secondo in cucina: mentre cuoce, la pasta soffre di solitudine, non lasciamola sola, mai, altrimenti risponde in malo modo».
Per informazioni: www.felicetti.it
di Andrea Radic
vicedirettore
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