A Tavola con...
Gianni Fava
«Sono campione
mondiale di risotto»
L'assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia siede a tavola con noi per raccontare passioni, origini, convinzioni e speranze. Con ironia si considera «il miglior esecutore vivente di risotto» della Cucina lombarda.
«La Val Brembana già è una garanzia» esordisce Gianni Fava di fronte alle uova di selva proposte da Daniel Canzian, membro Euro-Toques e chef patron del ristorante Daniel a Milano dove siamo a tavola con l'assessore lombardo. «Altra garanzia la Franciacorta - aggiunge - stiamo in Lombardia».
Gianni Fava
Si può fare cucina con il territorio?Premetto che non ho nulla contro i cibi etnici, anzi si può fare cucina in tutti i modi, sono un appassionato di cibi di altri luoghi. Va però detto le materie prime bisogna sincerarsi del fatto che siano reperite dove è giusto che siano reperite.
Quali cucine la incuriosiscono?
Fondamentalmente sono un appassionato di cucina orientale, mi piace molto la cinese, quella vera; la cantonese è molto diversa da quella pechinese o di Shangai: diverse cucine per esprimere diverse culture. Amo il pesce del nord Europa, la cucina bretone, passioni fatte anche di gusti forti, intensi.
Il suo rapporto con il cibo? Cosa della sua infanzia la lega alla cucina?
La cucina della mia infanzia è stata agevolata dal fatto di aver avuto una mamma casalinga - come molti di noi - che aveva una passione per il cibo che ha coltivato sperimentando; al contrario mio padre non è mai stato un gourmet, cercava piatti più solidi. Il dibattito domestico era tra la sperimentazione che cercava mia madre e il bieco conservatorismo di mio padre che si opponeva strenuamente.
Dove accadeva tutto ciò?
A Pomponesco, un piccolo paese sulle rive del Po in provincia di Mantova, con una tradizione gastronomica impressionante. In quei luoghi la cultura del cibo è cultura popolare. Avevo due nonne, una capace di cucinare è l'altra no.
Ma come? Le nonne sanno sempre cucinare...
Capita, non tutte erano per forza brave. Quella brava, vissuta fino a novantatre anni, finché ha potuto fisicamente, andava ad aiutare l'amica del cuore che aveva una trattoria in Paese, a tirare la sfoglia e a fare la pasta. Ricordo le domeniche mattina in cucina con nonne e mamma che ti davano piccole incombenze.
Gianni Fava e Daniel Canzian
Quali erano le incombenze del piccolo Gianni Fava?
Montare la panna con la frusta o preparare la crema per il tiramisù
Un bambino felice?
Assolutamente sì! Vivevo in campagna, avevo quello che mi serviva, ero irrequieto ma felice. Sono cresciuto in un allevamento.
Quali valori ha portato con sé?
Innanzitutto quello del lavoro, fondamentale. Ho avuto un padre e una madre giovanissimi, avevano vent'anni quando sono nato e non hanno mai conosciuto né il sabato né la domenica, Pasqua o Natale, perché nella stalla ci si va sempre, gli animali vanno accuditi continuamente. Non c'era il livello di meccanizzazione che c'è oggi.
La tavola è anche condivisone familiare?
Per fortuna ho una moglie che condivide questa impostazione e quindi per noi la cena è stare insieme, è un rito imprescindibile. In quel momento si parla, non esiste televisione. È stata l'innovazione degli anni settanta che ha devastato le nostre case, la gente ha cominciato a guardare il telegiornale durante la cena. A casa mia in sala da pranzo non c'è la televisione, perché mia moglie dice giustamente: «Si mangia, stiamo tra noi quindi si sta insieme».
Ma la cucina lombarda?
Sono un appassionato, trovo che tra quelle italiane sia la più variegata e diversa. Una Regione di dieci milioni di abitanti è uno stato, c'è una grande varietà. Altro luogo al quale io sono affezionato è la Costiera amalfitana e l'area partenopea in generale. Una delle zone dove si mangia meglio al mondo, perché lo sanno fare, hanno storia, tradizione, prodotto, materie prime. Una grande materia prima fa fare bella figura anche a un cuoco mediocre, figuriamoci con un grande cuoco... il risultato è una meraviglia.
Daniel Canzian, porge il suo risotto "Exponenziale" alle cinque spezie e conquista Gianni Fava «prima di averlo assaggiato».
Lei si considera?
Uno dei migliori cuochi di risotto del pianeta, vivente ovviamente...
E con sua moglie?
È l'unica cosa che mi concede in cucina, dove di solito faccio lo sguattero, lei dirige.
Il suo cavallo di battaglia?
I risotti lombardi in generale, ma in questo periodo un Risotto con zucca e Bitto, un piatto che ho imparato da solo. Con un Bitto bello nuovo, fresco, un prodotto della nostra Valtellina che si sposa perfettamente con la zucca mantovana, la migliore del mondo.
di Andrea Radic
vicedirettore
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