Open source
Nell’inverno del 1998 Netscape annunciava l’apertura del codice sorgente
del proprio browser:
nasceva così il concetto che faceva da ponte tra le posizioni più puriste di chi sosteneva già da decenni il software libero e il mercato più mainstream.
nasceva così il concetto che faceva da ponte tra le posizioni più puriste di chi sosteneva già da decenni il software libero e il mercato più mainstream.
L'open source ha compiuto vent’anni: tanti ne sono passati infatti dal
rilascio del codice di Netscape Communicator e dalla coniazione
dell’espressione. Il concetto è naturalmente più vecchio. Anzi, si potrebbe
dire che sia nato con la nascita dell’informatica stessa, come Richard Stallman
non si stanca di ripetere: all’alba dell’era dei computer scambiarsi il codice
sorgente era pratica normale. Solo in seguito nacque l’usanza di custodire
gelosamente i sorgenti e distribuire soltanto i binari, così da mantenere un
controllo pressoché esclusivo sui software (con l’obiettivo neanche troppo
nascosto di vendere a caro prezzo detti software). Tutto ciò diede origine, per
reazione, al movimento del free software, capeggiato proprio da Stallman che
tentò di opporsi al nuovo corso sottolineando senza posa la libertà (di
eseguire, di studiare, di ridistribuire, di migliorare il programa) che
dovrebbe stare alla base dello sviluppo del software.
Free Software, che in italiano traduciamo
generalmente come Software libero, è però un’espressione problematica in
inglese dato che free significa sia libero che gratuito e le aziende hanno
sempre visto il free software con sospetto, ritenendo che implicasse
l’impossibilità di guadagnare da esso. In realtà Stallman e soci hanno sempre
posto l’accento sulla libertà, e non sulla gratuità del software, ma è stato
difficile farlo capire a quanti vedevano lo sviluppo dei programmi
principalmente come una sorta di gallina dalle uova d’oro, proprio a causa
della confusione linguistica.
È in questo scenario che, il 3 febbraio 1998, Eric
Raymond e Christine Peterson decidono di usare un’espressione diversa per
indicare la possibilità di utilizzare liberamente il codice di Netscape: open
source. Con essa è immediatamente chiaro che l’accento va sull’accesso
indiscriminato al codice sorgente (open source significa proprio sorgente aperta),
anche se, rispetto a free software, passa un po’ in secondo piano il concetto
di libertà. Questa dicitura nasce dalla mente di Christine Peterson; poi, in un
incontro del 5 febbraio 1998, viene avallata anche da Todd Anderson, iniziando
a farsi conoscere e a raccogliere consensi. “Queste persone che appoggiavano
l’idea del sorgente aperto” - ricorda Christine Peterson - “erano alcuni dei
leader più importanti della comunità, e a loro il nuovo nome piaceva, o per lo
meno non erano contrari ad esso”. Nei giorni successivi nacque la Open
Source Initiative, cui parteciparono nomi noti come Tim O’Reilly e Bruce
Perens, infine venne stesa la Open Source Definition e il termine iniziò
a prendere piede.
Oggi è impossibile negare l’importanza del software open source e anche, a
voler essere onesti, di tutto ciò che è nato dagli sforzi dei paladini del free
software, tanto che spesso le due diciture vengono usate come se fossero
interscambiabili. Di solito, per rinforzare questa affermazione, si citano i
server sparsi per il mondo che in buona parte eseguono Linux (forse uno degli
esempi più famosi di successo dell’open source), ma non dobbiamo dimenticare
che anche tutti gli smartphone Android in circolazione si basano proprio sul
kernel Linux e quindi, in definitiva, sono frutto della politica delle
“sorgenti aperte”.
Tornando a dare un’occhiata al passato, non possiamo poi non ricordare come
dal codice di Netscape siano nate la suite Mozilla prima e poi Firefox e
Thunderbird, prodotti grazie ai quali riprese vigore alla guerra dei browser ed
ebbe fine il triste monopolio di Internet Explorer. Questi sono solo alcuni
esempi, e i più famosi. Ma ciò ci dice che, sebbene il software closed source
non sia certo prossimo all’estinzione, l’open source è qui per restare e
crescere ancora.
ITALIAATAVOLA
ITALIAATAVOLA
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