venerdì 4 maggio 2018

Open source compie 20 anni


Open source 
compie 20 anni

Nell’inverno del 1998 Netscape annunciava l’apertura del codice sorgente del proprio browser:
nasceva così il concetto che faceva da ponte tra le posizioni più puriste di chi sosteneva già da decenni il software libero e il mercato più mainstream.

L'open source ha compiuto vent’anni: tanti ne sono passati infatti dal rilascio del codice di Netscape Communicator e dalla coniazione dell’espressione. Il concetto è naturalmente più vecchio. Anzi, si potrebbe dire che sia nato con la nascita dell’informatica stessa, come Richard Stallman non si stanca di ripetere: all’alba dell’era dei computer scambiarsi il codice sorgente era pratica normale. Solo in seguito nacque l’usanza di custodire gelosamente i sorgenti e distribuire soltanto i binari, così da mantenere un controllo pressoché esclusivo sui software (con l’obiettivo neanche troppo nascosto di vendere a caro prezzo detti software). Tutto ciò diede origine, per reazione, al movimento del free software, capeggiato proprio da Stallman che tentò di opporsi al nuovo corso sottolineando senza posa la libertà (di eseguire, di studiare, di ridistribuire, di migliorare il programa) che dovrebbe stare alla base dello sviluppo del software.



Free Software, che in italiano traduciamo generalmente come Software libero, è però un’espressione problematica in inglese dato che free significa sia libero che gratuito e le aziende hanno sempre visto il free software con sospetto, ritenendo che implicasse l’impossibilità di guadagnare da esso. In realtà Stallman e soci hanno sempre posto l’accento sulla libertà, e non sulla gratuità del software, ma è stato difficile farlo capire a quanti vedevano lo sviluppo dei programmi principalmente come una sorta di gallina dalle uova d’oro, proprio a causa della confusione linguistica.
È in questo scenario che, il 3 febbraio 1998, Eric Raymond e Christine Peterson decidono di usare un’espressione diversa per indicare la possibilità di utilizzare liberamente il codice di Netscape: open source. Con essa è immediatamente chiaro che l’accento va sull’accesso indiscriminato al codice sorgente (open source significa proprio sorgente aperta), anche se, rispetto a free software, passa un po’ in secondo piano il concetto di libertà. Questa dicitura nasce dalla mente di Christine Peterson; poi, in un incontro del 5 febbraio 1998, viene avallata anche da Todd Anderson, iniziando a farsi conoscere e a raccogliere consensi. “Queste persone che appoggiavano l’idea del sorgente aperto” - ricorda Christine Peterson - “erano alcuni dei leader più importanti della comunità, e a loro il nuovo nome piaceva, o per lo meno non erano contrari ad esso”. Nei giorni successivi nacque la Open Source Initiative, cui parteciparono nomi noti come Tim O’Reilly e Bruce Perens, infine venne stesa la Open Source Definition e il termine iniziò a prendere piede.
Oggi è impossibile negare l’importanza del software open source e anche, a voler essere onesti, di tutto ciò che è nato dagli sforzi dei paladini del free software, tanto che spesso le due diciture vengono usate come se fossero interscambiabili. Di solito, per rinforzare questa affermazione, si citano i server sparsi per il mondo che in buona parte eseguono Linux (forse uno degli esempi più famosi di successo dell’open source), ma non dobbiamo dimenticare che anche tutti gli smartphone Android in circolazione si basano proprio sul kernel Linux e quindi, in definitiva, sono frutto della politica delle “sorgenti aperte”.
Tornando a dare un’occhiata al passato, non possiamo poi non ricordare come dal codice di Netscape siano nate la suite Mozilla prima e poi Firefox e Thunderbird, prodotti grazie ai quali riprese vigore alla guerra dei browser ed ebbe fine il triste monopolio di Internet Explorer. Questi sono solo alcuni esempi, e i più famosi. Ma ciò ci dice che, sebbene il software closed source non sia certo prossimo all’estinzione, l’open source è qui per restare e crescere ancora.

ITALIAATAVOLA

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