lunedì 28 maggio 2018

L’evoluzione della cucina Dal Paleolitico al “foraging”

L’evoluzione 

della cucina
Dal Paleolitico 

al “foraging”

Da un po’ di tempo a questa parte, la domanda che si stanno ponendo tutti i curiosi del settore food è: “Come siamo arrivati nel 2018 a far diventare trend alimentare un’abitudine tipica dell’era Paleolitica?”. Stiamo parlando del foraging, la raccolta di alimenti selvatici e piante al fine di adoperarli in cucina. 

Non solo erbe spontanee, ma bacche, frutta secca e non, radici, cortecce, muschi e licheni, fiori, alghe e insetti. Come siamo arrivati a rispolverare questa pratica primitiva, trasportandola fino ai nuovi ricettari stellati della cucina moderna? Tanto per cominciare, occorre precisare che in realtà l’uomo non ha mai abbandonato l’antico metodo del “foraging”. Infatti, escluse alcune parti del globo dove l’ambiente selvaggio e incontaminato costringe la popolazione locale a perseguire tale abitudine per sopravvivere, esistono ancora figure professionali, come i raccoglitori di funghi e tartufi, che tuttora continuano ad applicare il concetto di foraging per svolgere il loro mestiere. 

(L’evoluzione della cucina Dal Paleolitico al foraging)

L’uomo che ha dato inizio a questa nuova “frontiera culinaria” (per così dire) è lo chef pluristellato René Redzepi, proprietario del celebre ristorante Noma di Copenaghen, entrato più volte negli ultimi anni nella classifica dei migliori 50 ristoranti al mondo per la sua cucina innovativa composta semplicemente da materie prime frutto della sola raccolta. Grazie alla sua visione “essenziale” della ristorazione, è riuscito a far assaggiare a tutto il mondo il grande potenziale di quest’arte arcaica, riportando in auge una prassi che si stava ormai estinguendo dalle moderne tecniche di cucina e che, al contrario, dovrebbe essere la base fondamentale di ogni cuoco. 

Il foraging non è solo una semplice passeggiata nei campi, ma una vera e propria scienza che richiede uno studio e una conoscenza profonda delle piante, del clima e dei diversi habitat naturali. Stiamo parlando della cosiddetta “alimurgia”, la scienza che riconosce l'utilità di cibarsi di determinate piante selvatiche edibili. 

L’attuale tendenza a trovare strade salutistiche e a impatto zero da adottare e mettere a tavola ha spianato la strada alla nuova visione del capocuoco danese, che è riuscito ad esportare la sua filosofia di cucina a livello globale. La cicoria, il tarassaco, la rughetta e gli asparagi selvatici sono solo alcuni dei prodotti spontanei che compongono «una nuova gamma di sensazioni organolettiche e nuovi ingredienti da scoprire, è il parco giochi degli chef, una nuova frontiera di sperimentazione». Sono le parole utilizzate dalla fondatrice di Wood*ing - wild food lab, Valeria Mosca, per descrivere il foraging, oggi tema portante del suo laboratorio di ricerca e formazione sulla raccolta, conservazione e impiego del cibo selvatico in cucina.

Ad oggi, il foraging è riuscito a farsi largo all’interno del mercato alimentare in qualità di metodo sano ed economico, arrivando persino ad influenzare l’universo dei cocktail attraverso l’inedita proposta della mixology. Se stavate, quindi, cercando un approccio diverso alla cucina tradizionale fatta di vita all’aria aperta, scoperta di gusti naturali e nuove sfide creative, il tutto in maniera davvero sostenibile, allora non vi resta che scoprire di più sulla nuova realtà del foraging.
ITALIAATAVOLA
Per informazioni: www.jacleroi.com

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