giovedì 3 maggio 2018

PINOCCHIO ORA SI LEGGE ANCHE IN EMOJI


PINOCCHIO 
ORA SI LEGGE
ANCHE IN EMOJI
La favola di Collodi tradotta per la prima volta nel linguaggio delle icone per smartphone. Esperimento nato online, con tanto di grammatica e glossario

Avreste potuto leggere questo articolo in emojitaliano. Sì, proprio le piccole icone colorate con cui ogni giorno esprimiamo (sinteticamente) emozioni e stati d’animo dagli smartphone o dai computer. Avreste potuto farlo e non è detto che in un futuro, più o meno prossimo, non lo facciate. Perché nel febbraio 2016 è partito un ambizioso progetto di scrittura collettiva via Twitter che, nel giro di nove mesi, non solo ha tradotto in emojitaliano il “Pinocchio” di Collodi in versione originale, ma ha anche messo nero su bianco, per la prima volta, una grammatica e un glossario di questa lingua artificiale.
Tutto il lavoro è stato pubblicato in un libro uscito lo scorso novembre per la casa editrice fiorentina Apice Libri. “È il primo esperimento al mondo che è riuscito nell’obiettivo di costruire un codice condiviso – spiega Francesca Chiusaroli, docente di Linguistica dei media all’Università di Macerata, promotrice del progetto e tra gli autori del volume con Johanna Monti e Federico Sangati –. In questo libro c’è una grammatica introduttiva, creata sul modello delle lingue artificiali che viene messa a disposizione insieme al glossario, rendendo così leggibile la favola di Collodi. Chiunque si voglia cimentare con la lettura può farlo, guidato anche dal testo originale a fronte”.

 I precedenti
Pochi i tentavi simili portati a termine finora: Fred Benenson ha tradotto, sempre con una community sul web, “Moby Dick” di Herman Melville (“Emoji Dick”); c’è poi il designer Joe Hale che ha realizzato un poster con 25mila emoji per rappresentare “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll. “Ma – continua Chiusaroli – sono esperimenti non interessati a costruire un codice come abbiamo fatto noi: non forniscono chiavi di lettura, non forniscono un glossario, ogni frase è tradotta da persone diverse. Sono cose per collezionisti, con il nostro ‘Pinocchio’ invece vogliamo raggiungere tutti. Non ci fermiamo al pubblico degli studiosi, ci piacerebbe che arrivasse nelle scuole, nei corsi universitari”.
Dodici-tredici i traduttori italiano-emoji (tutti legati alla community on line “Scritture brevi”) che giornalmente e gratuitamente hanno lavorato alla costruzione di un palazzo di segni e parole: “Ognuno proponeva su Twitter quello che voleva. Poi man mano che andavamo avanti facevamo una selezione e trasferivamo le voci scelte nel dizionario digitale. Ogni giorno bisognava andare a guardare se una parola c’era già e quindi utilizzavamo quella. La cosa più bella è che verso la fine, visto che la ricorsività del lessico di un autore è abbastanza normale, i tweet dei nostri traduttori erano tutti uguali. Quindi si è realizzato il sogno per cui c’erano pochissime difformità”.
Digitale su Telegram
Certo, fa uno strano effetto vedere stampato su carta un lavoro nato e sviluppato sul web: “Farci un libro – spiega la linguista – è stata una mia idea. Questo è un unicum che ha avuto una sua collocazione storica di 9 mesi. Se ci dovessi mettere le mani adesso come prodotto digitale sarebbe scaduto, anche perché nuove emoji arrivano in continuazione e cambiano in qualche modo la rappresentazione delle frasi. Dunque, ho voluto che rimanesse per sempre la nostra versione”.
Il Pinocchio disegnato con il naso lungo è arrivato nel repertorio delle emoji (tutto il lavoro si è svolto su un dizionario digitale creato su Telegram) a progetto già iniziato: “Ma abbiamo preferito mantenere la scelta iniziale, quella del ‘ragazzo che corre’ perché è l’espressione più tipica di Pinocchio, mentre quando è burattino diventa ‘robot’. L’icona con il naso lungo invece è stata utilizzata per rendere il termine ‘bugia’”.
I simboli
Per la traduzione spesso sono stati utilizzati riferimenti letterari. Per esempio la parola “colpa” è rappresentata con la sequenza “uomo-donna-mela”, su ispirazione dell’immagine biblica; “Geppetto” è il “buon padre” (uomo-cuore), mentre in assenza dell’emoji per il “Grillo parlante” gli autori si sono affidati alla critica letteraria che descrive il personaggio come un essere dalla voce gracchiante, simbolo della morale tradizionale (cappello da laureato-tromba). “A volte si pensa che sia difficile rendere i concetti astratti, ma non è vero, perché in tutte le lingue si utilizzano le metafore. In realtà la difficoltà maggiore l’abbiamo trovata nel tradurre un elemento come farfalla che non esisteva. E l’abbiamo fatto mettendo insieme il bruco e un aereo”.
Il rimando al linguaggio preistorico, ai pittogrammi viene spontaneo. Tant’è che anche le pagine stampate trasmettono, nel loro insieme, un certo senso artistico. “La disponibilità di un comune repertorio standardizzato –si legge nell’introduzione del libro – fornisce un’interessante occasione per l’indagine linguistica, in particolare nella possibilità di verificare l’effettiva portata universale degli emoji, ovvero la capacità di rappresentazione di concetti e idee in misura indipendente dalle lingue”. Ma intanto continuano gli esperimenti. “Oggi – conclude Francesca Chiusaroli – il ‘Pinocchio’ in emojitaliano, una volta spiegata la grammatica e il glossario, può essere letto senza problemi anche da un inglese”.

EmojiWorldBot
tutto il mondo 
diventa un Paese
Un dizionario linguistico internazionale: i moderni pittogrammi come codice intermediario tra idiomi diversi. In futuro useremo le faccine al posto dell’inglese?

Il team di ricercatori dopo “EmojiPinocchio” portano a casa un nuovo successo: EmojiWorldBot, il primo dizionario al mondo per la traduzione multilingue degli emoji. Con loro due new entry: Martin Benjamin e Sina Mansour dell’Istituto Federale di Tecnologia di Losanna. Questa volta, l’obiettivo è di respiro internazionale: trasformare i moderni pittogrammi in una lingua intermediaria, un ponte tra parlanti di idiomi diversi. In poche parole, faccine al posto dell’inglese.
Ben 70 le lingue disponibili, neppure una pagina. 
Questo perché il vocabolario di EmojiWorld è in realtà un bot sviluppato per Telegram, la nota applicazione di messaggistica istantanea, in cui basta digitare una parola in italiano per trovare il corrispondente emoji nella propria lingua e in quelle estere. Almeno per ora, perché presto i significati di ogni faccina si omologheranno per tutti i linguaggi. E ciò avverrà grazie al contributo degli stessi utilizzatori, invitati ad arricchire il progetto attraverso dei giochi interattivi.
Man mano che gli abbinamenti saranno verificati dagli utenti-giocatori, il bot diventerà sempre più intelligente, consentendo di tradurre con accuratezza in ogni lingua scelta. “Più si giocherà, più saremo in grado di fornire traduzioni accurate tra le lingue – spiega Martin Benjamin, autore del complesso database –, finora le traduzioni da lingua a lingua usano l’inglese come codice intermediario. Ma da ora potremo usare gli emoji”.
E presto sarà disponibile anche un secondo gioco che permetterà di tradurre automaticamente gli emoji da una lingua all’altra. “Sin dai tempi antichi le persone hanno usato le immagini per raccontare e comunicare. La società di oggi in questo non è da meno – aggiunge Francesca Chiusaroli –. Gli emoji consentono di superare confini geografici e linguistici. E l’EmojiWorldBot sarà il primo strumento tecnologico per la comunicazione tra parlanti di oltre 120 lingue”. “Anche perché al momento – precisa Johanna Monti – non esistono strumenti efficaci per la traduzione tra la maggior parte delle coppie di lingue usate, specialmente tra quelle meno comuni”.
Quello portato avanti è un lavoro di ricerca nel campo della linguistica che non ha precedenti o eguali in Italia e nel mondo. Il progetto punta a creare una lingua delle immagini con una grammatica realizzata ad hoc. Un sistema di codici, fruibile da tutti, da utilizzare anche in contesti sensibili come l’accoglienza dei migranti. “Sembra un sogno, è una rivoluzione della scrittura e noi ci siamo dentro in pieno”.
PANORAMA EDIT

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